Quando il Risorgimento è donna

Antonella Iovino (May 19, 2011)
Sara Levi ed Amelia Pincherle Moravia nel loro supporto al Partito d’Azione di Mazzini si sono distinte entrambe nel panorama intellettuale della tradizione semita, liberale e secolare italiana; il loro attivismo è l’esempio dell’importante contributo della famiglie ebree Rosselli e Nathas all’Unità d’Italia

Continua il calendario di eventi dedicato alla celebrazione dei 150 anni dell’Unità di Italia. A dare voce alle vicende del Risorgimento è stata lo scorso giovedì Marina Calloni, docente dell’Università Bicocca di Milano. Nella cornice della biblioteca della Casa Italiana Zerilli-Marimò la Calloni ha fatto luce su due personaggi femminili immeritatamente dimenticati: Sara Levi ed Amelia Pincherle Moravia.

Entrambe semite, vissero momenti importanti del processo di unificazione rispettivamente del XIX e del XX secolo: infatti, Sara Levi nacque nel 1819 e morì nel 1882, Amelia Pincherle visse tra il 1870 e il 1954. I nomi delle loro famiglie si intrecciano: Sara Levi faceva parte della famiglia Rosselli per via di madre e sposò Moses Nathan, tedesco di origine divenuto poi cittadino britannico. Amelia Pincherle Moravia, sorella di Carlo Moravia, padre dello scrittore Alberto, apparteneva ad una benestante famiglia ebrea che aveva supportato la Repubblica di Venezia contro l’Impero Asburgico; sposò Joe Rosselli, nipote di Sara Levi, e diede alla luce tre figli: Aldo, Nello e Carlo. Carlo Rosselli fu il fondatore del movimento anti-fascista ‘Giustizia e Libertà’ nel 1929.

L’attivismo politico di Sara fu sicuramente da esempio per i dodici figli che, come fa notare la Calloni, sopravvissero tutti, uno strano caso se comparato ai dati di mortalità infantile del secolo. Sara crebbe i suoi figli con i proventi dello Stabilimento Mineralogico del Siele, vicino il monte Amiata in Toscana. Una grande intuizione la sua, investire nella miniera, segno di una capacità imprenditoriale non da tutti. Oltre al sostegno della famiglia gli agi economici servirono a finanziare opere di beneficienza e le campagne politiche del Risorgimento. Fervente patriota, supportò infatti Giuseppe Mazzini durante il suo esilio a Londra, Lugano e Pisa, svolgendo un ruolo chiave nel Partito d’Azione. Proprio nella sua abitazione a Pisa Mazzini morì nel 1872 sotto lo pseudonimo di Mr. Brown. Accusata di cospirazione fu costretta a rifugiarsi a Lugano e fece ritorno in Italia, a Roma, solo alla fine del processo di unificazione, nel 1871. I suoi figli si distinsero per egual impegno politico: il quintogenito Ernesto divenne sindaco di Roma nel 1907; era la prima volta che un repubblicano semita avverso alle politiche del Papa veniva eletto in una città ancora molto fedele all’idea dello Stato Pontificio.

 
Devota alle arti, Amelia Pincherle fu la prima donna a vincere nel 1898 un premio per un’opera teatrale, per la sceneggiatura di ‘Anima’; stanca dei continui tradimenti, nel 1902 divorziò dal marito, un atto che deve aver creato non poco scalpore per l’epoca. Iniziò una nuova vita come madre di tre figli, sola, politicamente attiva. Inizialmente a favore dell’intervento dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, fu costretta a rivedere la sua posizione nei confronti della Monarchia Sabauda quando Vittorio Emanuele III ratificò le leggi antisemite emanate dalla dittatura fascista. Amelia, come Hanna Arendt, si diceva comunque semita ma antisionista: “Sono ebrea certo, ma prima di tutto italiana” , erano queste le sue parole.

La guerra, inoltre, le portò via il figlio Aldo nel 1916 sul fronte del Carnia. Nello e Carlo furono costretti al confino per l’opposizione al fascismo e vennero poi assassinati nel 1937. Distrutta dalla perdita dei figli, Amelia decise di andare in esilio volontario in Svizzera, in Inghilterra ed in America. Era decisa a far ritorno in Italia solo quando si sarebbe trasformata in un paese libero e repubblicano. In un articolo pubblicato durante il suo soggiorno in America scrisse: “Vedo in Italia gli stessi problemi di un tempo; abbiamo bisogno di azioni concrete,diversificate e di una nuova mentalità”. Amelia tornò in Italia solo nel 1946. 

Nella sua presentazione, Marina Calloni ha tenuto a mostrare come entrambe siano appartenute alla tradizione liberale, secolare e semita del pensiero politico italiano e al contempo siano due importanti esempi di emancipazione femminile. Proprio sul ruolo delle donne nel Risorgimento e sul pensiero di Mazzini sull’emancipazione femminile è nato tra gli intervenuti alla conferenza un interessante dibattito, segno che parlare di donne e politica non è sempre facile, di certo non è frequente.

Ha concluso Marina Calloni: “ Approfondire la vita ed il pensiero di Sara ed Amelia permette di approcciare all’analisi delle vicende risorgimentali da una prospettiva diversa, quella delle donne; oltre a questo, però, il loro pensiero si è distinto per essere stato originale e libero, sempre”.

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