La battaglia pericolosa di Letizia
Divorziata e vicina ai quarant'anni, ha iniziato a fotografare, diventando la prima fotografa donna italiana ad essere assunta da un quotidiano.
Prima della fotografia non esistevo. A sedici anni pur di liberarmi di un padre geloso ed autoritario mi sono sposata per poi divorziare in tempi in cui l'Italia era ancora molto bigotta. La fotografia è stata la mia salvezza, il modo per garantirmi l'indipendenza che mi ero conquistata.
Come ha reagito quando le è stato proposto di realizzare un documentario sul suo lavoro?
Si sono presentate queste due donne, una regista inglese e una produttrice irlandese, e mi sono fidata di loro perchè erano donne. E poi forse era il momento per darmi in pasto al pubblico del cinema con un film che racconta la mafia dal punto di vista di chi è sceso in campo per documentarne gli orrori e le conseguenze. ma. Ma quando ho visto filmati della mia giovinezza sul grande schermo, ammetto di aver provato un po' di imbarazzo, perchè è un po' intimo.
Ha visto il documentario in fase di montaggio?
No, perché sapevo che se l’avessi visto prima avrei chiesto alla regista di cambiare alcune cose. Alla fine hanno raccontato qualcosa di privato, i miei amori. E non ho approvato la scelta di non far vedere Leoluca Orlando, che io rispetto molto come sindaco e a cui sono molto grata.
Ha raccontato le stragi di mafia degli anni Settanta e Ottanta. Com'è nato il suo impegno sociale
La passione e il bisogno di libertà e giustiza. Fotografare gli anni di sangue di Palermo, quando i corleonesi o si misero in guerra con la mafia, ha voluto dire rispondere ad un'emergenza prima di tutto morale. In quanto donna, poi, ho avuto difficoltà in un sistema prevalentemente maschile. Solo con il tempo mi sono guadagnata la reputazione di professionista credibile.
Il suo scatto preferito?
Quella di Falcone al funerale del Generale Dalla Chiesa
Ha più volte affermato che non le piace la definizione di fotografa di mafia...
Non ho fotografato solo morti ammazzati e grandi arresti ma anche le bellezze di Palermo. Spesso mi avventurava nei rioni più poveri di Palermo. Quando entravo nelle case, trovavo un mondo più accogliente: le donne e le bambine si facevavo fotografare da me perchè si fidavano.
La sua fotografia di Giulio Andreotti che attraversa la hall dell’hotel Zagarella insieme a Nino Salvo è stata utilizzata come elemento probatorio nel processo che ha chiarito i legami del sette volte Presidente del Consiglio con Cosa Nostra. E' quella la foto che l'ha consacrata al successo?
Il successo è un cosa orribile. Preferisco l'amore.
Nel doc si parla anche della sua attività politica?
Per dieci anni, sono stata nella politica. E' stato un periodo molto bello perchè come deputata e assessore alla Vivibilità urbana nella giunta Orlando. HO avuto così l'occasione di fare qualcosa di utile per la mia città. Per la Sicilia. Ma oggi la politica è corrotta. Non mi piace
Come vede Palermo oggi?
Palermo è una città che mi dà gioia. E' una citta che sta cambiando in meglio anche se la strada da fare è ancora lunga per risollevarsi da un passato che continua a pesare come un macigno. Certo non ci sono più i politici morti ammazzati, ma questo non significa che sia stata debellata. Con la Trattativa Stato-Mafia, si è semplicemnete infiltrata nelle istituzioni.
Qual è la battaglia delle donne oggi?
L'Italia è ancora sessista ma non ho mai prestato il fianco al gioco del femminismo usato per convenienza. Oggi le donne sono più felici, osano di più rispetto agli uomini ma devono ancora lavorare molto per sentirsi libere e avere la piena proprietà di se stesse. Ma il cambiamento deve partire lalle stesse donne. A Palermo le ragazzine indossano minigonne ma ancora sognano il principe azzurro.
E la sua?
Rimarginare ferite ancora aperte. Non sono più un fotografo di cronaca. La mia terapia è soprattutto visiva. Voglio fotografare le donne nude, giovani e vecchie. Il loro corpo bello ed onesto, catturare con l'obiettivo il desiderio di rinascita. Voglio far crescere il Centro internazionale di Fotografia nella mia città, un luogo dove insegnare ai giovani fotografi ad andare dritto nel cuore delle cose, ad usare la fotografia per entrare in empatia con gli altri e se stessi.
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