Il parassitismo vince agli Oscar 2020

Monica Straniero (February 10, 2020)
La notte degli Oscar 2020 ha incoronato il coreano “Parasite” come miglior film della 92esima edizione degli Academy Awards. Una svolta nella storia dell’Academy.

Il film di Bong Joon-ho su una famiglia a basso reddito che si infiltra in una benestante, si è portato a casa anche il premio come Miglior sceneggiatura, Miglior regia e Miglior film straniero. “Pensavo che, dopo aver vinto come miglior film internazionale, la serata fosse finita”, ha detto il regista visibilmente sorpreso ed emozionato. “Mi stavo rilassando, grazie mille. Quando ero giovane si diceva: più si è personali, più si è creativi. Una citazione del grande Martin Scorsese. E quando qui negli Stati Uniti mi dicevano di non conoscere i miei film, Quentin Tarantino li metteva tra i suoi preferiti. Vorrei avere una motosega e condividere questo Oscar con tutti voi".

L’Academy ha voluto così inaugurare un cambio di rotta premiando per la prima volta un film non in lingua inglese e compiendo un ulteriore passo avanti verso l'inclusività. La realtà distopica di Parasite, dove da una parte c’è la città povera e fatiscente, attraversata da vicoli sporchi nei quali, in un seminterrato, vive la povera e sgarrupata famiglia Kim, dall’altra, invece, l’avveniristica casa dei Park, mostra abbondantemente gli effetti della diffusione del capitalismo in termini di disgregazione sociale e forti disuguaglianze. Una storia universale che sembra aver convinto i recalcitranti membri dell’Academy a prendere coscienza dell’attuale situazione globale dove nel disperato tentativo di accaparrarsi una fetta del prodotto sociale la soluzione più immediata è quella del parassitismo, una cultura immorale di tipo trasversale che coinvolge i poveri quanto i ricchi.

Parasite, nel film c'è la canzone di Gianni Morandi, "In ginocchio da te", ha battuto, Ford v Ferrari, The Irishman, Marriage Story, Little Women, 1917, C'era una volta a Hollywood, Jojo Rabbit e il grande favorito Joker. Il film di Todd Phillips è arrivato agli Oscar con ben 11 candidature, frutto di una scelta democratica che i giurati hanno dovuto compiere non potendo ignorare che la discesa di Arthur Fleck nel vortice della follia fino alla trasformazione nel sanguinoso clown rappresenta ad oggi il più alto incasso della storia tout court. 

Perché Joker è un film disturbante, violento. Qualcuno all’Academy l’ha persino definito un incitamento e una celebrazione dell’omicidio. Premiarlo come miglior film avrebbe significato mettere l’America di fronte agli elementi più perversi della sua società. Rimane il fatto che Joker è stato il primo cinecomic DC a ricevere una nomination come Miglior Film. Ad Arthur Fleck, interpretato da Joaquin Phoenix, va il premio ampiamento meritato come miglior attore. Nel suo discorso, Phoenix ha lanciato un appello a lottare a favore dei "diritti" contro «le diseguaglianze di genere, il razzismo, o la discriminazione Lgbt». «Siamo così disconnessi dalla natura, con un punto di vista egocentrico - ha sottolineato - che andiamo nella natura e la distruggiamo. Commettiamo crimini contro gli animali. Abbiamo paura dell'idea di cambiare, ma dovremmo usare l'amore e la compassione come principi di guida».

Gli altri film e il premio a Renée Zellweger per Judy. 1917,  favorito alla vigilia, vince tre Oscar (fotografia, sonoro ed effetti speciali). A due Oscar si fermano Joker (oltre a Phoenix come miglior attore, c’è la colonna sonora dell’islandese Hildur Guðnadóttir); C’era una volta ad Hollywood (Brad Pitt come miglior attore non protagonista e production design). Due Oscar come montaggio e sound editing per Ford vs. Ferrari di James Mangold. Un Oscar per Marriage Story di Noah Baumbach (Laura Dern come attrice non protagonista); Piccole donne (costumi) e Bombshell (trucco).

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