Articles by: Maria rita Latto

  • Fatti e Storie

    Le elezioni presidenziali viste dall'Italia


    Barack Obama ce l'ha fatta, sarà ancora il Presidente degli Stati Uniti. Tutti i media italiani negli ultimi mesi hanno dato ampio risalto all'evento seguendo le varie fasi della campagna elettorale americana dalle convention estive, ai dibattiti tra i contendenti fino all'election day e alla proclamazione del nuovo Presidente.


    E per la notte elettorale i principali canali televisivi hanno organizzato vere e proprie maratone a stelle e strisce a cominciare da RaiUno che durante la diretta di “Porta a Porta” condotta da Bruno Vespa ha dato spazio a esponenti politici italiani, opinionisti e una squadra di inviati negli Stati Uniti per seguire da vicino l'evento storico. Una diretta tv filata via liscia, a volte anche un po' noiosa, soprattutto quando si andavano ad approfondire i meccanismi del voto americano.


    Nulla a che vedere con il TG La7 di Enrico Mentana che ha realizzato una lunga edizione speciale per seguire live l'election day fino alla proclamazione del nuovo Presidente e che, contrariamente alle altre reti televisive, ha dato vita ad un accesissimo dibattito che ha risvegliato gli spettatori italiani dal torpore notturno. In studio con Mentana si sono alternati Corrado Formigli, Alberto Alesina, Carlo Rossella e Walter Veltroni, in collegamento da Roma e Lucia Annunziata da New York. Inevitabile il battibecco continuo tra Ferrara e la Annunziata i quali, essendo su posizioni diametralmente opposte, si sono punzecchiati durante tutta la diretta, cosa che suscitava nel direttore del Foglio un'irrefrenabile ilarità con risate plateali ogni volta che la direttrice dell'Huffington Post Italia prendeva la parola. Fino al momento in cui Lucia Annunziata, non potendone più, è sbottata: “Mi permetto intanto di dire a Giuliano che è un perfetto cretino. Queste tue battute sono insopportabili e non me ne frega niente di un’amicizia fatta come questa, va bene? Il tuo problema è quello di aspettare soltanto che vinca Romney, ma se vuoi sentire cosa sta succedendo effettivamente in America devi fare i compiti a casa, quindi zitto e aspetta”. La serata si è conclusa mestamente per Ferrara, il quale dopo la sfuriata dell'Annunziata, avendo scommesso con Enrico Mentana cento euro sulla vittoria di Romney, ha dovuto anche saldare in diretta il debito.

     
    La lunga kermesse notturna su tutti canali si è conclusa all'alba, col victory speech del Presidente Obama che ha suggellato una notte esaltante e che ha dato la carica a chi era rimasto sveglio in attesa della proclamazione. Guardando i telegiornali, è stato traumatico passare dall'entusiasmo palpabile a Chicago e in tutti gli Stati Uniti alle notizie della politica di casa nostra. Immediato il contrasto tra i cittadini americani che in poche ore hanno saputo chi fosse il loro Presidente, senza dover fare i conti con quorum, premi di maggioranza, governi tecnici, liste bloccate, come accade da noi.


    Durante la kermesse elettorale notturna in pochi hanno evidenziato il fatto che in alcuni Stati americani gli elettori erano chiamati a rispondere anche a quesiti referendari che hanno dato il via libera alla legalizzazione della marjuana per uso generale (Washington, Massachusetts, Colorado) e in altri si è dato l'ok ai matrimoni gay (Washington, Maryland, Maine), mentre in Florida i cittadini hanno respinto il referendum con cui si chiedeva di tagliare i fondi federali per l'aborto. Come non notare la differenza tra i referendum propositivi americani e quelli italiani che sono soltanto abrogativi. E come non notare che per ottenerne uno qui in Italia bisogna fare una fatica incredibile, dal momento che sono necessari adempimenti di legge come numero di firme raccolte, giudizio di cassazione, giudizio costituzionale, quorum dei votanti. Una corsa ad ostacoli che, una volta superata con sforzi sovrumani, rischia di risolversi con un nulla di fatto. Basti pensare al successo del referendum che abrogava il finanziamento pubblico dei partiti vanificato da un escamotage, frutto delle menti sottilissime dei nostri politici, che si sono inventati il “rimborso” ai partiti. Un altro modo per reintrodurre il finanziamento pubblico, cambiando, come per magìa il nome, tutto all'insegna della creatività, tratto distintivo di noi italiani. 

     
    Toni entusiastici per Obama da parte della stampa nostrana che, con l'eccezione di Libero e Il Giornale, per tutta la campagna elettorale aveva fatto un tacito endorsement per il Presidente uscente, pur in maniera più sobria rispetto al 2008. All'indomani della rielezione di Barack Obama i maggiori editorialisti hanno evidenziato le differenze tra le due vittorie e le ripercussioni non proprio incoraggianti sui mercati internazionali con le Borse in calo generalizzato. I titoli in prima pagina sono eloquenti: "Obama vince. E ora i vecchi problemi" sul Corriere della Sera, "La nuova America di Obama" su La Stampa di Torino, "Obama fa festa, gelo delle Borse" su Il Messaggero di Roma. Alcuni opinionisti, tra cui Luigi Zingales del Sole 24 Ore, hanno messo l'accento sulla mancanza di appeal da parte di Mitt Romney, privo della qualità di trascinatore tipica di Obama, e anzi passato alla storia per una serie di gaffes che hanno indispettito gran parte dell'elettorato del ceto medio e delle donne.


    Altri hanno messo in evidenza la sua incapacità di trarre vantaggio dai vari punti deboli dell'avversario, come l'aver aumentato il debito del 50% in quattro anni, il non aver fatto scendere la disoccupazione al di sotto del 7,8%, il non aver presentato un piano serio per ridurre l'esplosione futura delle spese sanitarie per gli anziani, tanto per fare solo qualche esempio.

    Mario Calabresi, su La Stampa, ha visto nella vittoria di Obama il frutto di un'abile strategia elettorale in cui si è saldata una minoranza bianca progressista, intellettuale, interessata soprattutto ai diritti civili (dai matrimoni gay, all’aborto, alle tematiche di genere) con il blocco delle minoranze dell’America multietnica. Per Calabresi queste elezioni mostrano il partito repubblicano in una grave crisi che richiederà una profonda riflessione e gli imporrà di ripensarsi profondamente, mentre consegnano al Presidente in carica un Paese profondamente diviso e polarizzato, un'America da ricucire.


    Tra i vari quotidiani italiani Pubblico è il più entusiasta: il suo direttore, Luca Telese, intitola il suo editoriale sulle elezioni americane “Adottateci”. Un'esortazione che è anche il desiderio di vedere una politica italiana diversa, con quell'idea dell'inclusione che, nonostante tutto, ha fatto la differenza per Barack Obama.
     
     


  • Fatti e Storie

    Carlo Maria Martini, il Cardinale per i non credenti

    Lo scorso 31 agosto è morto all'età di 85 anni il cardinale Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano. Da tempo era malato di Parkinson, ma negli ultimi giorni di agosto le sue condizioni di salute si sono aggravate fino a giungere alla morte.
     

    Nel 2002 il cardinale Martini, dopo ventidue anni alla guida della diocesi di Milano, aveva deciso di dimettersi e di ritirarsi a Gerusalemme per riprendere i suoi prediletti studi biblici, per tornare in Italia nel 2008, quando ormai le sue condizioni si erano notevolmente aggravate a causa del Parkinson.

    Nato a Torino nel 1927 in una famiglia borghese, Carlo Maria Martini è stato una figura di

    spicco nella Chiesa cattolica degli ultimi decenni, grande biblista e uomo dalla cultura profonda, autore di molti libri eppure non intellettuale chiuso nella sua torre d'avorio, anzi, abile nel parlare alle folle e ad attirare giovani e non credenti. Voluto da Papa Wojtyla come arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini si adoperò a creare nella sua diocesi un'armonia tra le varie religioni, sostenendo la causa dell'ecumenismo e la necessità di dialogo con l'ebraismo e il mondo protestante.

    Era considerato da tutti come un uomo di fede aperto al cambiamento e al confronto, senza alcuna remora nel porsi talvolta in contrasto con le posizioni ufficiali della gerarchia vaticana. Un uomo di Chiesa ma soprattutto un grande intellettuale che si poneva continuamente domande, che non esprimeva condanne ma che cercava di capire, di andare a fondo in quelle che sono le grandi tematiche che lacerano il mondo cattolico.

    E proprio a Milano istituì la cattedra per i non credenti, un modo per dialogare con la cultura contemporanea, per gettare un ponte verso quei mondi che egli stesso definiva “solo apparentemente lontani”, mostrando negli anni del suo servizio la sua natura dialogante, coraggiosa ed aperta nei confronti del mondo laico. Erano gli anni di passaggio tra la “Milano da bere” alla Milano di Tangentopoli, ma erano anche gli anni del terrorismo con episodi che a rivederli oggi ricordano per certi versi le pagine scritte dal Manzoni. Come non ricordare la decisione dei militanti di Prima Linea che si congedarono dalla lotta armata consegnando il loro arsenale di armi nelle mani dell'allora arcivescovo Martini, e ancora la decisione del porporato di accettare la richiesta di impartire il battesimo ai due gemelli concepiti in un'aula di tribunale da due di quei militanti, che glielo l'avevano chiesto. Anni difficili per la città ma anche per il Paese, in cui il cardinale non temeva di far sentire la sua voce ferma sui grandi temi della legalità, della giustizia, della politica come bene comune. Una voce che si faceva sentire anche contro il leghismo becero e secessionista, opponendo i valori dell'accoglienza, del rispetto e della solidarietà. Tanti episodi costellano la sua vita di uomo e di sacerdote, una vita all'insegna della Parola, del dialogo. Eppure, proprio a Milano il cardinale Martini istituì un giorno alla settimana in Duomo dedicato al silenzio, per dare modo, soprattutto ai giovani immersi nel caos del chiacchiericcio della vita di ogni giorno, di scoprire il valore della meditazione e della scoperta di sé e di Dio.

    Nonostante la malattia, il cardinale Martini non ha fatto mai mancare i suoi interventi sui media toccando temi attualissimi e spesso scomodi per un uomo di Chiesa ad alto livello come lui. E a compendio di tutto ciò, lo scorso marzo è uscito “Credere e conoscere”, libro frutto di una conversazione avvenuta a più riprese con il senatore del Partito Democratico Ignazio Marino, per l'occasione nella doppia veste di politico e di chirurgo di fama.

    Ancora una volta il cardinale Martini non esita ad esprimere con coraggio e vivacità intellettuale le sue idee, spesso discordanti da quelle ufficiali del Vaticano, su alcuni dei temi più spinosi oggi per la Chiesa: inizio della vita umana, fecondazione artificiale e donazione degli embrioni, sessualità e omosessualità, celibato per i sacerdoti, fine vita ed eutanasia. La Parola del cardinale Martini si fa sentire chiara e ferma anche poche ore dopo la sua morte, con la sua ultima intervista al Corriere della Sera lo scorso 8 agosto, intervista rimbalzata sui media di tutto il mondo per il suo valore di testamento morale, in cui ancora una volta il cardinale mostra la sua appartenenza ad “un'altra Chiesa”, diversa per posizioni a quella tradizionale. “La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?”: con queste parole Carlo Maria Martini fa un ritratto della Chiesa cattolica “stanca”, soprattutto in America e in Europa. Egli vede la cultura stessa della Chiesa, invecchiata, con un apparato burocratico fatto di riti immutabili ed abiti pomposi. Questa stanchezza, tuttavia, per il cardinale Martini potrebbe essere vinta attraverso la “conversione” della Chiesa stessa che dovrebbe riconoscere i propri errori e poi intraprendere un “cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. [...] Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione – spiega -. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio”. Nella stessa intervista il porporato auspica un avvicinamento della Chiesa alle famiglie allargate.

    Tuttavia, oltre che attraverso la sua ultima intervista, Carlo Maria Martini ha mostrato ancora una volta, di essere coerente con i suoi principi, chiedendo, d'accordo col suo neurologo, quando ha avuto certezza che l’avanzata del Parkinson stava rendendo inutile ogni tipo di intervento medico, che fosse evitato l'accanimento terapeutico. Così facendo, ha scelto di idratarsi ma non di sottoporsi all’alimentazione forzata attraverso il sondino naso-gastrico. Una scelta che spinge alla riflessione e al rispetto. Una scelta, comunque, degna di rispetto.

    In tanti lo ricordano come un “mancato Papa”, dal momento che, al Conclave del 2005 che avrebbe eletto Benedetto XVI, era stato inizialmente uno dei papabili, sostenuto dall'ala più progressista del collegio cardinalizio. Il Parkinson, oltre alle sue posizioni troppo “innovative” rispetto a quelle della Chiesa aprirono la via all'elezione di Benedetto XVI.  

  • Fatti e Storie

    E' guerra al voto di scambio mafioso nel nome di Borsellino

    Ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vent'anni dopo. Tante sono le iniziative in questi giorni per farlo nella maniera più adeguata e tra le tante c'è quella della Fondazione Progetto Legalità che vuole sollecitare l'approvazione di una legge intitolata a Paolo Borsellino che preveda una maggiore punibilità del reato di voto di scambio. Una proposta che suona come una scossa ai palazzi del potere politico italiano, eppure a vent'anni dalla morte dei due magistrati siciliani ci si rende conto che bisogna inasprire le pene relative a questo fenomeno che non si riesce a debellare in alcun modo.

    Per questo lo scorso 15 maggio sono partite dalla Fondazione mille email indirizzate a tutti i rappresentanti politici per sollecitarli a fare presto nell'approvare una legge che preveda una maggior punibilità del reato del voto di scambio.

    Questi'iniziativa e' stata presentata al Palazzo di Giustizia di Palermo, dove sono intervenuti tra i tanti il procuratore capo Francesco Messineo, il presidente del tribunale di Palermo Leonardo Guarnotta, il magistrato Antonio Ingroia, e Manfredi Borsellino, figlio del giudice ucciso nel 1992 in via D'Amelio. 
"Questo sarebbe il modo migliore per commemorare nel migliore dei modi i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone nel ventennale della loro morte", ha detto il Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati di Palermo, Antonino Di Matteo, anch'egli presente alla conferenza stampa.

    "Il ventennale delle stragi -ha spiegato il dottor Di Matteo- non può essere solo un'occasione di ricordo ma anche un momento per tracciare prospettive e bilanci nella lotta alla mafia ed è convincimento diffuso che il bilancio sia positivo sul fronte del contrasto dell'ala militare di Cosa nostra, meno invece per quanto riguarda la commistione con la politica e i capitali apparentemente puliti.

    Per questo serve un cambiamento di rotta per recidere il perverso rapporto tra la mafia e la politica. Gli strumenti normativi sono inadeguati e per questo e' necessaria la modifica del 416 ter come delineata dalla Fondazione". Alla presentazione dell'iniziativa della Fondazione Progetto Legalità ha parlato anche il magistrato Giovanbattista Tona, presidente della giunta distrettuale Anm di Caltanissetta, il quale ha ricordato che la proposta di legge, 'economicamente a costo zero' perché inviata via mail, riflette la preoccupazione di Paolo Borsellino manifestata nel 1989 agli studenti di Bassano del Grappa. Qui il giudice aveva parlato della difficoltà per la magistratura di punire il voto di scambio. Il dottor Tona ha spiegato che "la mafia è un arsenale dove oggi si usano molto di meno le armi e molto di più gli accordi".
     

    Un ventesimo anniversario che coincide quest'anno con le bombe di Brindisi. Ed allora si è deciso di coinvolgere in una delle tante iniziative per ricordare Falcone e Borsellino anche i ragazzi della scuola Francesca Morvillo Falcone di Brindisi che su una delle due navi della legalità ribattezzate “Giovanni” e “Paolo” partite da Civitavecchia e da Napoli hanno raggiunto Palermo per celebrare l'anniversario dell’uccisione dei due giudici. Erano undici studenti in rappresentanza di tutta la scuola, portando idealmente con loro la giovane Melissa, vittima innocente di una barbarie ancora da chiarire. Su ogni nave hanno viaggiato migliaia di studenti di diverse scuole d'Italia. Durante la traversata i ragazzi hanno avuto la possibilità di discutere di legalità con personalità come Francesco Profumo, ministro dell'Istruzione, il procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso e il presidente dell'associazione Libera, don Luigi Ciotti.
     

    Il 23 maggio è previsto un incontro che si svolgerà nell'aula bunker del carcere Ucciardone tra un gruppo di studenti e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Piero Grasso, i vertici delle forze dell'ordine e dell'Associazione Nazionale Magistrati. Un altro gruppo, invece, parteciperà all'inaugurazione del Memorial dedicato a tutte le vittime della mafia siciliana al giardino della memoria di Ciaculli, un giardino edificato sui terreni confiscati al boss Michele Greco.
     

    In contemporanea, l'associazione Addio Pizzo Onlus ha organizzato l'iniziativa “Ridipingiamo la scritta 'No mafia'”. Chi volesse si potrà recare sull'autostrada Palermo-Trapani, all'altezza di Capaci, per ridipingere la scritta, ormai scolorita, sulla casina da cui venne azionato l'esplosivo che fece saltare in aria la macchina di Giovanni Falcone.

    Nel pomeriggio partiranno due cortei, uno dall'aula bunker, l'altro da via D'Amelio, che si riuniranno sotto l'albero Falcone in via Notarbartolo per un minuto di silenzio in onore delle vittime di mafia, esattamente alle 17:58, ora dell'esplosione a Capaci.

    Insomma, un ventennale che verrà ricordato con tante iniziative ma che deve segnare un momento di contrasto alla lotta alla mafia. Un passo importante sarebbe quello di creare le condizioni ideali per spezzare quel rapporto tra mafia e politica che finora non si è mai riusciti a separare. Un segnale importante sarebbe quello di approvare la legge Paolo Borsellino che punisca in maniera più efficace il voto di scambio. Ora tocca ai politici dare le risposte che si attendono da tanti, troppi anni.

  • Events: Reports

    Pino Daniele: Neapolitan, Italian, and World Citizen

    ITALIAN VERSION >>

    This past March, Pino Daniele released La Grande Madre [The Great Mother]. Daniele is the Italian singer and songwriter, who for more than thirty years has been at the top of the Italian music charts. Pino Daniele’s image graces the CD’s cover: a 50 year-old kid who despite a long and distinguished career is still ready to travel the streets of the world armed only with his guitar and his music. We caught up with him by telephone during the tour that’s taking him through Italy and then overseas to New York (Apollo Theatre, June 7), Boston (Berklee Performance Center, June 9), and Washington, DC (Jazz Festival, June 10).
     

    Two years after his last, his new album entitled La Grande Madre [The Great Mother] has just been released. He explains where the idea came from: “It’s a record that’s connected to the blues but also to the Mediterranean. The Great Mother refers to the Earth as well as our roots. The Great Mother is energy generating; it’s the Earth that we should respect, help, and preserve through small measures. It’s also the mixed blood of music. Italy is the center of the Mediterranean. Its culture has not only been affected over time and influenced by Arab as well as African and European music, but also by the blues and American music. All of this is part of our modern musical culture. All of this, for me is ‘The Great Mother.’”
     

    The CD is presented very well. Included is a booklet that is a true 80-page manifesto with lyrics, scores, new and old photos, thoughts, and complete biography of the Neapolitan singer-songwriter, with everything written in both Italian and English as if to underscore the international flavor of his music. “It’s not just a musical product,” he says with pride, “but it’s also the artist’s statement, of what he has done, which path he has chosen. I wanted to make the most of the booklet because it can be a tangible object, just as vinyl LPs once were. Because I wanted to add something extra I also included the songs’ scores.”
     

    The song “Melodrama” opens the album, an unconventional song with a mix of Italian bel canto and contemporary rock music, composed, perhaps, by thinking back to 1998. That was the year that he met the great Luciano Pavarotti in Modena, when Daniele’s hit song “Napule è” was reinterpreted by the opera great. Daniele, in fact, confirms this. “It’s a memory of my meeting with Luciano, who inspired my love for classical music. For a long time I had wanted to compose a song that had the classic elements and at the same time was characterized by an international sound.” And “international” is the term that perfectly describes Pino Daniele’s music, especially since his is always willing to collaborate with artists from all over the world, and in Pavarotti’s case, with artists from almost any genre. On this album, in particular, in addition to eleven new songs there’s also cover of “Wonderful Tonight” by Eric Clapton, inspired by a meeting with the great blues master. “Clapton had invited me to play at the Crossroads Festival two years ago in Chicago. It was a wonderful experience, personally and professionally. In the summer of 2011 at Cava dei Tirreni, we met at one of my concerts and I asked his permission to reinterpret “Wonderful Tonight.” Since I don’t do well with English, I translated it into Italian. Meeting a great artist like him was such an extraordinary experience for me; it gave me the opportunity to challenge myself and grow.”

    The Great Mother is an album with songs that not only speak of love but, as we have seen from the title, also imparts important messages. “Searching for the Water of Life,” a song composed by Kathleen Hagen was written to support the charitable organization Save the Children’s “Every One” campaign. “It’s a modest way of doing something through music, in this case by trying to end infant mortality,” Daniele says.  
     
     

    This album, perhaps more than any other, reflects the Neapolitan artist’s desire to communicate, to improvise, and most especially to travel. And it’s not just a trip through musical notes, but also through memories, encounters, and language. “This is a record in so many languages. There is also a particular language, Parlesìa, which was used Naples by both orchestra and street musicians alike. My friend Enzo Aviatabile is an expert on this mysterious language so I asked him for a short guide which I then published and included with the CD.”
     
     

    Daniele explains that the song “O Fra” attempts to rediscover the language of Parlesìa. Through its rhythm, the song “O Fra” seems to connect the desire to improvise to another song, “Coffee Time.” “Yes, this is a song a little ‘New York,’ since at the moment my back up band is mostly comprised of musicians who are from there. In ‘Coffee Time’ there’s a connection between the U.S. and Naples; it’s a jazz piece with shades of Naples. In my world there is a tendency to adapt certain types of music to my personality.”
     
     

    With The Great Mother Pino Daniele makes a big move, joining other artists who have bid farewell to major music companies in favor of producing records on their own. “It’s a challenging step, even economically speaking. But being an artist always means starting at the beginning, always questioning. For me it was important to have the freedom to do what I wanted, not having to depend on the judgment of people who only want to sell but who don’t know what it means to create. I admit that I’m exaggerating,” Daniele says with a laugh, “but it’s worth it. I wanted to collaborate with great musicians. (Many major international artists appear on the album, including Steve Gadd on drums, Chris Stainton on piano, and Mel Collins on sax. ---Eds.) I managed to make a CD that is also a book.”

    At this point we must ask him what it means to be an artist in Italy in 2012. “The problem with music in Italy today is that there is cultural impoverishment. We must not give up on this. We can’t let our guard down but instead intensify our efforts to make something of quality. It’s hard, it’s difficult, but it’s the best way, the one that we can be proud of. A quality Italian product is a beautiful thing. It sounds banal, but music is my life. I like looking at and listening to other artists to understand other points of view, to learn new perspectives. It’s an ongoing process of renewal and growth.”

    The tour, which began in March, has no stage gimmicks. This is what Daniele wanted. On stage, it will be only be him, his band, and his music. We asked if there will be any differences between the U.S. tour and the Italian one. “There will be more songs that reflect who I am today, but also older songs that have defined me. We’ve played the Apollo Theatre before and it went well. I hope to repeat that experience, although I still want to be discovered by those who have never heard my music, especially third-generation Italian Americans who might think that Italian music is what their grandparents listened to. All over the world, as well as here in the United States, Italy is only known for the bel canto, when in reality we also produce excellent modern music, from blues to rock and jazz. Now we’re all in the same place with the globalization of music, even though I have always believed that music has no boundaries. Nowadays we are all very close, especially through the Internet.”

    There’s time for one last question about where Pino Daniele is today, in terms of his origins and as a Neapolitan. “There are songs that I still play that connect me to my memories of just starting out. These songs have marked my musical career; they’re based on the melody of traditional Neapolitan songs and have taken me around the world. It’s a beautiful thing when I play a song from back then; I always feel a twinge of emotion, yet every time it’s in a different key and the song is never the same. Naples is always inside of me. Today my city is following its own path to preserve its traditions while it seeks to become a modern city like all other historic cities throughout Europe. It has its own set of difficulties in adjusting to a new world. It’s a city at the center of the Mediterranean that’s trying to keep up with the times while preserving its heritage and cultural capital.”

    Pino Daniele: Neapolitan, Italian, and  World Citizen.
     

    Contest "Pino Daniele in New York"
    An image, a story, or a video for Coffee Time >>

    DON'T MISS PINO DANIELE & JOHN TURTURRO AT CASA ITALIANA TOO
    On June 6 at 6 pm Casa Italiana Zerilli-Marimò will open its doors to two artists from different backgrounds and nationalities, but with a shared love and a lot to say about it. The artists are Pino Daniele, Neapolitan singer and songwriter, and John Turturro, Italian-American actor and director. Their shared love is for Naples and for its very specific musicality.

    Stefano Albertini, Director of Casa Italiana, Massimo Gallotta, Producer and Letizia Airos, Editor in Chief of i-Italy, will converse with Daniele and Turturro about the importance of Naples as a source of inspiration for both, and about their collaboration in Turturro’s movie “Passione,” which features the famous hit song “Napule è” by Pino Daniele, released in 1977 and considered as one of the most powerful declarations of love to Naples ever sung.

    Analyzing the importance of Naples as a source of artistic inspiration, Turturro’s “Passione” is a remarkable case-study: the Italian-American director decided to embark on a journey of discovery of Naples’ music and musicality. From the “bel canto” tradition to the newest popular sounds, Turturro documents the immense cultural heritage of Neapolitan music, and does so by directly involving Neapolitan artists in the process. Among these artists is Pino Daniele.

    The sound of Naples permeates the musical DNA of Pino Daniele, from the debut album “Terra Mia” to the latest works. His songs echo Mediterranean vibrations, mixing the Neapolitan dialect’s peculiar musicality to influences from different genres. The result is a unique “world music” sound, his creative hallmark, also characterizing his latest record, “La Grande Madre,” released last March, about which Daniele will answer questions at Casa Italiana.

    The event will take place on the eve of Pino Daniele’s first US concert for 2012. On June 7, the artist will perform at the legendary Apollo Theater in Harlem, New York, where he will present the American audience with tracks from his new album.

  • Arte e Cultura

    Pino Daniele, napoletano, italiano e cittadino del mondo

    ENGLISH VERSION >>

    Lo scorso mese di marzo è uscito “La Grande Madre”, il nuovo album di Pino Daniele, cantautore italiano da oltre trentacinque anni ai vertici della musica di casa nostra. Già dall'immagine di copertina appare Pino Daniele oggi: un “ragazzo” di cinquantasette anni che nonostante una lunga e onorata carriera è ancora pronto a viaggiare per le strade del mondo con la sua chitarra e la sua musica come unico bagaglio. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente durante un tour che lo sta portando in giro per la penisola e che a giugno si sposterà oltreoceano, aNew York (Apollo Theatre, 7 giugno), a Boston (Berklee Performance Center, 9 giugno) e a Washington, DC (Jazz Festival, 10 giugno).
     

    A due anni dal suo ultimo disco è arrivato questo album dal titolo molto suggestivo, “La Grande Madre”. Ci spiega da cosa è nata questa idea: “Essendo un disco legato al suono blues ma anche mediterraneo, “La Grande Madre” è riferito alla Terra, ma anche alle nostre radici. La Grande Madre è la ricerca dell’energia generatrice, è la Terra che noi dovremmo rispettare, aiutare e conservare, con piccoli sforzi. E' anche il sangue misto della musica: l'Italia è al centro del Mediterraneo, la sua cultura ha risentito nel tempo dell'influsso della musica araba, africana, europea, ma anche del blues e della musica americana. Tutto questo fa parte della nostra cultura musicale moderna. Tutto questo per me è “La Grande Madre””.

     Il cd si presenta benissimo: ha in allegato un booklet che è un vero e proprio “manifesto” di  ben ottanta pagine a colori con i testi delle canzoni, gli spartiti, foto vecchie e nuove, pensieri, l’intera biografia del cantautore partenopeo, il tutto scritto sempre in italiano e in inglese, quasi a voler sottolineare il carattere internazione della sua musica. “Non è solo un prodotto discografico -dice lasciando trasparire un certo orgoglio- ma anche la presentazione di un artista, di cosa ha fatto, di quello che è stato il suo percorso. Ho voluto valorizzare al massimo il libretto perchè possa essere un oggetto, come lo erano un tempo gli Lp in vinile. E per aggiungere valore ho voluto ci fossero anche gli spartiti delle canzoni”

    Apre l'album “Melodramma”, brano non convenzionale in cui c'è un mix tra il bel canto italiano e la musica rock contemporanea, forse composto ripensando al 1998, anno dell'incontro col grande Luciano Pavarotti avvenuto a Modena, al Pavarotti & Friends, quando “Napule è”, grande successo di Pino Daniele, fu reinterpretata in chiave lirica dal grande Maestro. E infatti il cantautore conferma: “E' un ricordo del mio incontro con Luciano, da cui è nato il mio amore per la musica classica. Era da tempo che volevo comporre una canzone che avesse i requisiti classici e allo stesso tempo fosse caratterizzata da un suono internazionale”.

    E “internazionale” è il termine che calza a pennello per definire la musica di Pino Daniele, da sempre disponibile a collaborare con artisti di ogni parte del mondo e, come nel caso di Pavarotti, apparentemente lontani dal suo mondo musicale e non solo. In quest'ultimo album, in particolare, oltre a undici brani inediti, c'è una cover di “Wonderful Tonight” di Eric Clapton, pensata dopo un incontro con il grande maestro del blues: “Clapton mi aveva invitato a suonare al Crossroads Festival di due anni fa, a Chicago. È stata un'esperienza meravigliosa, umana e professionale. Quando, nell'estate 2011 a Cava dei Tirreni, ci siamo incontrati per un mio concerto, gli ho chiesto il permesso di fare la sua “Wonderful Tonight”, e siccome con l'inglese non me la cavo molto bene, l'ho tradotta in italiano. Incontrare un grande artista come lui è stata per me un'esperienza straordinaria, mi ha dato la possibilità di mettermi a confronto con esperienze diverse e crescere”.

     

    “La Grande Madre” è un album con dei brani che non parlano solo d'amore ma che, come abbiamo visto già dal titolo, vogliono comunicare messaggi importanti. Basti pensare a “Searching for the water of life”, brano composto da Kathleen Hagen a sostegno dell'associazione Save the children per la campagna “Every One”.   “E' un piccolo modo per fare qualcosa attraverso la musica, in questo caso per dire basta alla mortalità infantile”, ci dice Pino Daniele.
     

    Questo album, forse più degli altri, riflette la voglia dell'artista partenopeo di comunicare, di improvvisare e soprattutto di viaggiare. E il suo non è soltanto un viaggio attraverso le note, ma anche attraverso i ricordi, gli incontri e il linguaggio: “Questo è un disco in tante lingue, e c'è anche questa lingua particolare, la Parlesìa che era un linguaggio usato a Napoli dagli orchestrali e dai musicisti di strada, dai posteggiatori. Il mio amico Enzo Aviatabile è un grande conoscitore di questa lingua misteriosa, per questo gli ho chiesto una scheda che poi ho pubblicato nel disco. Nel brano “O Fra” -spiega Pino Daniele- c'è la riscoperta della Parlesìa”.
     

    Proprio il brano “O fra” sembra collegarsi per il ritmo e per la voglia di improvvisare ad un altro brano, “Coffee Time”: “Sì, questo è un brano un po' “newyorkese”, dal momento che la band che mi accompagna è prevalentemente formata da musicisti che provengono da quella città. In “Coffee Time” c'è il collegamento tra gli Stati Uniti e Napoli, è un pezzo jazz con sfumature napoletane. Nel mio mondo c'è la tendenza ad adattare certi tipi di musica alla mia personalità”. 
     

    Con “La Grande Madre” Pino Daniele fa un grande passo, entrando nel novero degli artisti che hanno detto addio alle major discografiche producendosi da soli: “Un passo impegnativo, anche economicamente parlando. Però essere artisti per me significa ricominciare sempre daccapo, mettersi sempre in discussione, e per me era importante avere la libertà di fare quello che volevo, di non dover dipendere dal giudizio di persone che si occupano di vendere ma non sanno cosa vuol dire creare. Ammetto di avere esagerato -dice Pino Daniele ridendo- ma ne è valsa la pena. Ho voluto la collaborazione di ottimi musicisti (tra gli altri c'è il supporto di grandi artisti internazionali , tra i quali Steve Gadd alla batteria, Chris Stainton al piano e Mel Collins al sax, ndr) e sono riuscito a fare un cd che è anche un libretto”.  
     

    A questo punto non si può non chiedergli cosa significa essere un artista nell'Italia del 2012: “Il problema della musica nell'Italia di oggi è che c'è un impoverimento culturale. Per questo bisogna non mollare, non abbassare la guardia ma intensificare gli sforzi per fare qualcosa di qualità. E' duro, è difficile, ma è la strada migliore, quella che ci fa onore. Un prodotto italiano di qualità è una bella cosa. Sembra banale, ma la musica è la mia vita e poi mi piace anche il confronto con altri artisti, per capire altri punti di vista, per conoscere nuove prospettive. E rinnovarmi sempre, crescere sempre”. 
     

    Il tour, iniziato a marzo, per scelta di Pino Daniele non ha alcun espediente scenico. Sul palco ci saranno solo lui, la sua band e la sua musica. Gli chiediamo se nel tour americano ci saranno dei cambiamenti rispetto a quello italiano: “Ci saranno più brani che rispecchiano il mio modo di essere di oggi, ma anche brani storici che mi hanno caratterizzato. Abbiamo già suonato all'Apollo Theatre ed è andata bene. Spero di ripetere l'esperienza di allora, anche se desidero farmi conoscere da chi non mi ha mai sentito suonare, ma in particolar modo dalla terza generazione di italoamericani che magari pensa che la musica italiana sia quella che ascoltavano i loro nonni. In tutto il mondo, e quindi anche negli Stati Uniti, dell'Italia si conosce solo il bel canto, mentre in realtà qui da noi si fa anche dell'ottima musica moderna, dal blues, al rock o al jazz. Ormai siamo tutti dello stesso posto c'è la globalizzazione della musica, anche se io ho sempre creduto che la musica non abbia confini. Al giorno d'oggi siamo tutti vicinissimi, soprattutto grazie a internet”.
     

    Resta il tempo per un'ultima domanda su cosa ci sia oggi in lui del Pino Daniele delle origini e soprattutto di Napoli: “Ci sono le canzoni che ancora continuo a suonare e il ricordo di un inizio che ha segnato il mio percorso basato sulla melodia partendo dalla canzone napoletana e che poi mi ha portato in giro per il mondo. E' una bellissima cosa quando suono un brano di allora, sento sempre un pizzico di emozione, eppure ogni volta c'è una chiave diversa, il brano non è mai lo stesso. Napoli è sempre dentro di me. Oggi la mia città sta seguendo un suo percorso pur conservando le proprie tradizioni, cerca di essere una città moderna come tutte le città storiche europee, ma ha una difficoltà a adeguarsi al nuovo mondo che sta venendo fuori. Essendo una città al centro del Mediterraneo cerca di stare al passo coi tempi pur conservando la sua cultura che è anche il suo patrimonio”. 
     

    Parola di Pino Daniele, napoletano, italiano e cittadino del mondo.  

    Contest "Pino Daniele in New York"
    An image, a story, or a video for Coffee Time >>

  • Arte e Cultura

    Addio a Lucio Dalla, grande voce della musica italiana

    La notizia si sparge rapida a metà mattinata e immediatamente su media e web la morte di Lucio Dalla innesca un viaggio nella memoria collettiva fatto di nostalgia e ricordi. E’ una giornata molto triste per la musica italiana: con Lucio Dalla se ne va non soltanto uno dei più grandi cantautori della musica popolare italiana, ma anche un artista a tutto tondo, un talento innato con un curriculum di tutto rispetto, animato dal desiderio di sperimentare, duettare, divertirsi, scoprire nuovi talenti.

    E’ soprattutto una giornata triste per ognuno di noi cresciuto con le sue canzoni. Con Dalla se ne vola via un altro pezzo di cuore della nostra Italia, oltre che una parte di noi, della nostra giovinezza. Una grande tristezza assale tutti coloro che associano le canzoni di Dalla a momenti della propria vita, che le hanno cantate con gli amici, che le hanno condivise con i propri figli. Sono canzoni che non moriranno mai perché parlano di noi, dei nostri sentimenti, della nostra storia, di vicende piccole e grandi, personali e collettive, canzoni che tutti continueranno a cantare.

    E sulle note dei successi di Dalla, che dall’annuncio della morte imperversano sui media, parte l’onda dei ricordi che va indietro nel tempo, fino ad arrivare all’esordio ufficiale al Festival di Sanremo del 1971, un Sanremo ancora in bianco e nero, intriso di musica “ye-ye” frutto dell’onda lunga degli anni Sessanta appena finiti. Tutti noi, abituati allo stereotipo del cantante belloccio, spesso urlatore, maestro nel proporre in tutte le salse la combinazione “cuore-amore”, rimanemmo spiazzati davanti a quell’omino buffo, irsuto, col basco in testa, che cantava la poesia in musica di “4 Marzo 1943”. Una melodia struggente faceva da sottofondo ad una canzone poco sanremese che narrava la storia di una ragazza madre, un testo a tratti crudo ma tanto reale, che mostrava l’esistenza di un’Italia diversa, lontana da quella “istituzionale”, perbenista, cattolica e democristiana. Il testo della canzone di Dalla creò parecchi sussulti e fece scattare l’inevitabile (al tempo) censura, a cominciare dal titolo.

    Infatti l’idea originale, “Gesù Bambino” era considerata blasfema nell’Italia di allora. Ecco quindi la soluzione alternativa di prendere la data di nascita di Dalla, 4 Marzo 1943, ed usarla come titolo.  La censura si abbattè, inesorabile, anche sui versi della poetessa Paola Pallottino e “i ladri e le puttane” diventarono “la gente del porto”. Eppure la maggior parte degli italiani capì, si intenerì e si affezionò alla storia di “4 Marzo 1943” che ottenne un insperato terzo posto. Lucio Dalla tornò a Sanremo l’anno successivo con “Piazza grande”, un’altra canzone fuori dagli schemi abituali, un elogio della libertà estrema dei clochard e la celebrazione della piazza più importante della sua città, Bologna.

    Tra i ricordi in bianco e nero di noi adulti di oggi e bambini di allora resta la sigla del programma per ragazzi “Eroi di cartone” del 1972. Indelebile è la voce del grande Lucio che in “Fumetto” rievocava in chiave jazz i nostri beniamini: Nembo Kid, Asterix, Charlie Brown, Snoopy danzavano davanti ai nostri occhi sognanti, in una melodia semplice e accattivante.  Da Sanremo in poi la carriera di Lucio Dalla prosegue e dà un notevole contributo all’innovazione della musica d'autore italiana. Basti pensare ai dischi in collaborazione col poeta bolognese Roberto Roversi, permeati di impegno politico, alla sua continua sperimentazione, ma anche al suo non essere un artista chiuso in se stesso, anzi, sempre pronto a collaborare, a confrontarsi con linguaggi musicali differenti.   

    Il 1977 è un anno chiave nella carriera di Lucio Dalla che diventa cantautore a tutti gli effetti, firmando testi e musica dell’album “Com’è profondo il mare” che segna anche il passaggio a temi meno politici e più personali, a volte irriverenti, come in “Disperato Erotico Stomp”, racconto divertente e divertito di passioni leggere e irrefrenabili. Fino ad arrivare al 1979, anno dell’exploit di “Lucio Dalla”, album che resterà nella storia della carriera del cantautore bolognese e nelle piccole storie di tanti diciottenni di allora che non smettevano di ascoltare e cantare “L’anno che verrà”, un vero e proprio inno delle giovani generazioni di allora, oppure la tenera “Anna e Marco” e ancora “Cosa sarà”, primo duetto che anticiperà la collaborazione con Francesco De Gregori in “Banana Republic”.

    Quest’ultimo album documenterà un tour di grande successo attraverso gli stadi italiani dei due cantautori insieme a Ron, altro storico collaboratore di Lucio Dalla. Come non ricordare la scanzonata  “Ma come fanno i marinai”, ennesimo hit firmato da un Dalla in piena vena creativa?  Dopo “Banana Republic” arriva un momento di stasi, si chiude una fase della carriera musicale di Lucio Dalla, fino ad arrivare al  1986, anno di “Caruso”, successo planetario, ripreso da Luciano Pavarotti e inciso in una trentina di versioni in tutto il mondo.

    Un brano dedicato al tenore Enrico Caruso che con gli anni è diventato una sorta di inno nazionale alternativo all’estero, uno dei brani più amati la cui melodia larga, evocativa, operistica veniva interpretata da Dalla con una voce da brividi. Eppure dopo un successo così grande Lucio Dalla riparte ancora alla ricerca di qualcosa di nuovo e rilancia la carriera dell’amico e corregionale Gianni Morandi, finito ormai da anni nel dimenticatoio, in un tour ancora una volta memorabile. Nasce il sodalizio e l’album Dalla-Morandi che con la popolarissima “Vita” riscuotono un grande successo. Eppure Dalla si rimette ancora una volta in gioco con la scanzonata “Attenti al Lupo” di Ron che scala le vette delle classifiche e dopo quarant’anni di carriera riesce ancora a conquistare nuove generazioni di fan, soprattutto tra i più piccoli.

    Gli anni Novanta trascorrono con incursioni in campi diversi, come la composizione di musiche da film, programmi tv, la pittura, l’attività di gallerista, l’incessante attività di talent scout. Un percorso eclettico che lo porta nel 2010 a incrociare ancora una volta la sua strada con quella di Francesco De Gregori, esattamente trent’anni dopo “Banana Republic”. Una buona notizia per la musica italiana, appiattita sui talent show, priva di qualcosa di nuovo, costretta a ricorrere ai guizzi del genio di due artisti over sessanta che con il tour “Work in progress” fanno il tutto esaurito in teatri e arene e stupiscono per la loro vitalità e capacità di innovare il panorama musicale italiano in catalessi ormai da tempo immemorabile.   

    L’ultima esibizione a Sanremo 2012, proprio pochi giorni fa, non come interprete ma come autore del brano “Nanì” cantato da Pierdavide Carone, giovane proveniente dal talent show “Amici” di Maria De Filippi. Resterà nella memoria di tutti noi l’immagine di Lucio Dalla nelle vesti di direttore d’orchestra, sul podio, con la sua tipica espressione scanzonata che lo ha accompagnato in questi lunghi anni di carriera.  Un lungo viaggio attraverso la musica quello di Lucio Dalla.

    Un viaggio iniziato il 4 Marzo del 1943 e, per una scelta incredibile del destino, finito con un funerale nella sua Piazza Grande di Bologna in un altro 4 Marzo, permeato di tristezza e nostalgia, con il sottofondo della sua musica che col tempo è diventata parte di noi.

  • Opinioni

    Italia. Arriva la paralisi da congelamento

    Da qualche giorno ormai l’Italia è nella morsa del gelo, con disagi, al Centro e al Nord soprattutto, a causa delle abbondanti nevicate. Di ora in ora il bilancio si fa sempre più pesante con il traffico in tilt sulle autostrade e nelle città totalmente paralizzate. Ci sono paesi senz’acqua nè elettricità, per non parlare dei treni bloccati per ore. Ma, soprattutto, per ora sette persone sono morte per il freddo o per incidenti e due alpinisti sono stati travolti da una valanga.

    Tanti sono i disagi e le situazioni di emergenza specialmente al Centro e al Nord della penisola, mentre cresce la rabbia dei cittadini, costretti a trascorrere ore in auto o in stazione, in attesa di poter tornare nelle proprie abitazioni. Il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri ha assicurato il “massimo sforzo” per limitare i disagi invitando gli italiani, se possibile, a non usare le auto e a non uscire da casa.

    A Roma l’arrivo della neve ha creato un vero e proprio caos: numerosi automobilisti bloccatisul Grande Raccordo Anulare (il grande anello che collega le arterie di accesso e uscita della Capitale) per oltre dieci ore, file di auto incolonnate nelle strade di transito principali, spesso a causa di tamponamenti causati dal ghiaccio. A Civitavecchia un traghetto è andato a sbattere contro una banchina del porto, facendo temere una nuova tragedia dopo la vicenda della Costa Concordia. Insomma, una situazione prevedibile in una stagione fredda come l’inverno che però si sta trasformando nell’ennesima pessima figura da parte del nostro Paese. E, dal momento che si prevedono ancora giorni di gelo e neve, si rischia davvero il collasso. In particolar modo a Roma oltre alla neve fioccano le polemiche. È uno scambio di accuse tra il sindaco Gianni Alemanno e il capo della Protezione civile Franco Gabrielli. Alemanno chiede “una commissione d'inchiesta perché non c'è stato un servizio di previsioni adeguato” e perché la situazione è stata “largamente minimizzata”. La Protezione Civile ribatte che il sindaco “aveva compreso la situazione” e aggiunge di avere seri dubbi “sull’adeguatezza del sistema anti-neve della capitale”.

    Intanto, mentre la polemica infuria resta il fatto che la Capitale d’Italia sia bloccata a causa di quaranta centimetri di neve che l’hanno paralizzata, con le autorità, sindaco in testa, che esortano i cittadini a uscire da casa solo in caso di stretta necessità. Inoltre, Gianni Alemanno ha invitato i romani ad affiancarsi a chi è impiegato nella pulizia delle strade: “Ci saranno dei punti di distribuzione di pale. Se ci sono dei cittadini attrezzati che vogliono dare una mano ai volontari, indicheremo dove distribuiremo delle pale, per fare in modo che ci sia un grande concorso anche della popolazione per liberare Roma dalla neve”. In realtà alcuni romani si sono recati ai punti di distribuzione delle pale, ma invece di contribuire a “liberare Roma dalla neve” se le sono prese per spalare le aree di fronte alle loro abitazioni.
     

    Inevitabilmente, la situazione critica nella Capitale ha scatenato la rete e in particolar modo Twitter dove un fake account a nome di Gianni Alemanno con consigli surreali su come affrontare l’emergenza meteo ai suoi concittadini ha scatenato commenti di vario genere, da quelli che avevano capito di trovarsi davanti a uno scherzo e hanno risposto a tono, mentre altri sono cascati nella trappola e si sono indignati. Lo staff del sindaco, già impegnato nella polemica con la Protezione Civile, è dovuto intervenire in rete e sui media per smentire con un comunicato: “Vi segnaliamo una gravissima sottrazione d’identità verificatasi sul Social Network Twitter, e avvenuta tramite una combinazione per niente casuale delle lettere del cognome del sindaco Gianni Alemanno”. Risultato: emergenza fake risolta in qualche ora, mentre quella del maltempo rimane. 
     

    In un paesaggio inusuale per la Capitale, taxi e bus sono introvabili, mentre le linee A e B della metropolitana funzionano. Tutto questo per un po’ di neve…E dire che Roma ha vissuto giornate critiche come nel 2000, con il Giubileo straordinario che ha visto un afflusso incredibile di pellegrini, per non parlare dell’inaspettato arrivo di devoti e curiosi alla morte di Giovanni Paolo II, e ancora il milione e oltre di persone giunte da ogni parte del mondo per la beatificazione del papa polacco sempre nei cuori di molti.

    E che dire delle continue manifestazioni come Gay Pride o Family Day , tanto per citarne solo alcune svoltesi nella Capitale negli ultimi anni? E poi c’è ancora la possibilità che nel 2020 Roma possa essere la sede delle Olimpiadi, essendo ancora tra le città in lizza insieme ad altre grandi metropoli nel mondo. Eppure, con la neve la lotta sembra persa in partenza, sin dall’arrivo dei primi fiocchi. Un’incapacità ad approntare un semplice piano di emergenza per limitare i disagi, a mantenere efficienti almeno i mezzi di trasporto pubblici che in quest’occasione hanno dato forfeit, metropolitana a parte. Non dev’essere stato piacevole per i passeggeri degli autobus della Capitale, a poche ore dall’inizio della nevicata, sentirsi dire dagli autisti dei mezzi pubblici che gli autobus dovevano fermarsi all’improvviso perché procedere sarebbe stato “troppo pericoloso”. Ed allora i romani, che nei secoli ne hanno viste di tutti i colori, si sono adattati anche a questo, chi infuriato, chi rassegnato. Ma c’è stato anche chi, come i passeggeri della linea 63, costretti a scendere a Via Po, hanno reagito con una battuta che qui a Roma non manca mai, sfottendo l’autista pronto a lasciare la guida del proprio mezzo urlandogli “a’ Schettino!”.

  • Opinioni

    Vicenda della Concordia. Soap opera o cronaca?

    Mai venerdì 13 fu così fatale come quello appena trascorso. Il naufragio della nave Costa Concordia viene ormai da giorni seguito dagli organi di stampa nostrani e di tutto il mondo in maniera martellante e non potrebbe essere altrimenti.

    La dinamica del naufragio presenta ancora molti punti da chiarire e ogni giorno emergono nuovi dettagli che colpiscono l’opinione pubblica desiderosa di sapere. In Italia ma anche nel resto del mondo ci si schiera pro (poco in verità) o contro il comandante Francesco Schettino, nocchiero alquanto “spericolato” (se vogliamo usare un eufemismo) del Concordia. E nell’immaginario collettivo la vicenda, pur essendo tragica, con vittime accertate, assume paradossalmente i contorni di una surreale soap opera che si svolge ora dopo ora davanti ai nostri occhi. Il web, nel giro di poche ore dall’accaduto, si è scatenato dando risalto all’evento commentando, analizzando, a volte persino ironizzando, pur riconoscendo la drammaticità della vicenda.

    Nel frattempo, la diffusione della telefonata tra Francesco Schettino e il comandante della Capitaneria di Porto di Livorno, Gregorio Maria De Falco, ha aggiunto un nuovo personaggio alla storia, ma soprattutto ha trasformato il web in una sorta di arena pubblica in cui si contrappongono un “eroe”, cioè il comandante De Falco e un “codardo”, cioè Schettino. I media di tutto il mondo hanno prontamente riportato gli audio delle telefonate in cui De Falco ordina a Schettino di risalire a bordo, con tanto di sottotitoli all’estero. A poche ore dalla diffusione delle telefonate, il comandante della Capitaneria di Livorno diventa già un eroe, mentre la posizione di Francesco Schettino si aggrava sempre di più.

    Dopo le telefonate appare ormai chiaro che il comandante della Costa Concordia abbia abbandonato la nave in piena emergenza: certamente il peccato più grave per un uomo di mare. Su Facebook nasce il gruppo “A sostegno di Francesco Schettino, comandante della Costa Concordia” che conta alcune migliaia di iscritti, prevalentemente amici e conoscenti che vogliono sostenerlo e dargli coraggio. Numerosissimi i messaggi di solidarietà: “Noi crediamo in te”, il primo messaggio. E poi: “Diffondiamo la pagina, condividetela sui vostri profili! Chi lo ha conosciuto sa che quest'uomo è sempre stato una persona eccezionale, non quella che telegiornali e giornalisti stanno falsamente descrivendo!”, scrivono gli amministratori della pagina virtuale.
     

    Contrapposti a questo, ci sono, sempre su Facebook, vari gruppi contro il comandante del Concordia, come ad esempio "Nessun sostegno a Francesco Schettino", che esprime piena condanna, invocando una pena esemplare per il comandante “bullo”, “l’uomo più odiato d’Italia”, usando le definizioni del quotidiano inglese Daily Mail. "Vogliamo il massimo della pena, senza attenuanti, per questo sciagurato pazzo, mistificatore della realtà" si legge nei commenti. E qualcuno ricorda "il valoroso Edward J. Smith, capitano del transatlantico Titanic, che morì con la sua nave, rifiutando ogni richiesta di soccorso".
     

    Inevitabilmente, non appena i drammatici e concitati scambi telefonici tra i due comandanti diventano di dominio pubblico, nasce la contrapposizione tra l’”eroe nazionale” De Falco ed il vile Schettino, con il proliferare di nuovi gruppi di supporters per il risoluto comandante della Capitaneria di Livorno: "Se scende in politica, lo voto", promette un internauta. Facebook la fa da padrone, ma anche Twitter non scherza. C’è chi twitta: "Da grande voglio essere De Falco" oppure "Un esempio per tutta l'Italia", e ancora "Questa è l'Italia che vogliamo vedere". Nasce in pochi minuti un hasthag, #vadaabordocazzo, che prende il nome dall’ordine urlato da De Falco a Schettino durante una delle drammatiche telefonate.

    Quest’ordine, espresso in maniera decisamente colorita ma necessaria a scuotere, senza peraltro riuscirvi, Schettino dalla sua apatìa, schizza subito in testa alle espressioni usate sul web. Le gag ormai si sprecano, fioccano a pioggia sui social network, in rete, in Italia e in tutto il mondo. C’è un inglese che non riesce a capacitarsi di tanto folle entusiasmo da parte degli utenti italiani: "Perché gli italiani impazziscono per De Falco, è incredibile, ha semplicemente seguito le procedure". La rete impazzisce letteralmente, la satira dilaga, un po’ fuori luogo, mentre giunge notizia del ritrovamento di altri cinque cadaveri a bordo del Concordia, tutto è decisamente surreale. “Facciamo la classifica del nostro capitano preferito”, dice Alessio, che propone “Capitan Schettino, Capitan Findus, Capitan Harlock, Capitan Ventosa, Capitan Jack Sparrow e Capitan America”. “Al vincitore va un tubetto di pasta del Capitano”.

    A tempo di record una ditta mette in vendita su internet una maglietta bianca con scritto in nero l’ordine di De Falco, “vada a bordo, cazzo”, alla modica cifra di 12,90 euro. Su You Tube qualcuno posta un video in cui lo spot della compagnia è rifatto unendo le foto della tragedia alle scene di una vacanza idilliaca: "Se hai provato una Crociera Costa è difficile tornare alla vita di tutti i giorni". Una satira alquanto macabra che appare davvero fuori luogo

    La televisione non è da meno, con un full coverage a tutte le ore del giorno e della notte, con dirette video, dibattiti, esperti veri o presunti, telefonate da casa. E il camaleontico italiano medio, che in occasione delle partite di calcio si trasforma in allenatore, quando ci sono misteriosi delitti diventa detective, adesso indossa a tempo di record i panni del lupo di mare esperto di venti, correnti, velocità in “nodi” e quant’altro.

    Non può mancare in prima serata su RaiUno Bruno Vespa col suo Porta a Porta interamente dedicato alla tragedia del Giglio con uno speciale di approfondimento. Grande attesa per il gigantesco plastico del Concordia che il giornalista potrebbe proporre ai lettori, dopo le ormai famigerate riproduzioni di luoghi del delitto come la casa dei Misseri per il delitto di Avetrana o quelle dei delitti di Novi Ligure e di Cogne. Colpo di scena in trasmissione e soprattutto nuovi elementi che rendono ancora più “interessante” la surreale soap opera a cui nostro malgrado stiamo assistendo: il comandante della Costa Concordia la sera del naufragio era in compagnia di “una o più donne” al bar della nave, quindi presumibilmente troppo “distratto” e poco lucido per svolgere adeguatamente il suo compito di nocchiero. Si attendono sviluppi nei prossimi giorni, anche se Vespa, visibilmente compiaciuto, sui titoli di coda del programma fa una carrellata sui maggiori quotidiani del giorno dopo, freschi di stampa, che riportano la novità della presenza femminile a fianco del comandante della nave da crociera. Una trama degna della serie tv Love Boat, non fosse per la tragedia delle vittime e dei tanti dispersi la cui sorte è, ora dopo ora, purtroppo sempre più chiara.   
     

    Proprio come era accaduto per Avetrana, Novi Ligure e Cogne, anche al Giglio i telegiornali mostrano i soliti turisti del macabro giunti per vedere con i propri occhi il colosso del mare incagliato nelle acque troppo vicine alla riva. Ed eccoli tutti là con fotocamere con GPS, iPad, palmari, binocoli ed ogni sorta di diavoleria tecnologica, a documentare la tragedia, mentre i sommozzatori e i soccorritori rischiano le loro vite per cercare di salvare vite umane innocenti, ignare del circo mediatico che si sta svolgendo intorno ad esse.
     

    Sui vari organi di stampa e sui media tanti commentatori mettono l’accento sulla simbologia tra il naufragio della Costa Concordia e il naufragio della grande civiltà occidentale. Altri notano similitudini con questa Europa che, come una nave il cui capitano è negligente e l’equipaggio è incapace di affrontare in maniera organizzata e univoca le emergenze, è per questo destinata ad affondare. Per molti la Costa Concordia rappresenta l’Italia declassata dalle agenzie di rating, un microcosmo popolato da “furbetti” ed eroi, con una reputazione, soprattutto in campo internazionale, tutta da ricostruire, a fatica, con tanti sacrifici e con solidarietà.
     

    Il circo mediatico probabilmente non si fermerà, andrà avanti ancora per giorni. Non mancheranno colpi di scena che renderanno la soap opera offertaci dalla realtà paradossalmente sempre più surreale. Forse ci vorrebbe, per voltare davvero pagina, un po’ di silenzio e di rispetto per chi era partito per una vacanza e non è tornato più. 

  • Opinioni

    Mario Monti. La sobrietà e la tecnica al servizio dell'Italia

     Sobrietà. La prima parola che viene in mente osservando le foto del neo governo che ha appena giurato davanti al Presidente della Repubblica è proprio questa: sobrietà. Un governo di professori, di rettori, di funzionari, di banchieri, con poche donne e con una predominanza di capelli grigi. E, soprattutto, un governo con nessun politico al suo interno. Questo è l’identikit dell’esecutivo Monti, nato a tempo di record, dopo appena 67 ore dal conferimento dell’incarico. Sono sedici i ministri, cinque in meno della squadra di Berlusconi nel 2008. Età media: 63 anni, 13 in più rispetto alla precedente esperienza. Le donne sono tre ma occupano ruoli chiave: Interni, Giustizia e Welfare. E la curiosità dei media si rivolge subito alle ministre, lontane anni luce dall’archetipo berlusconiano. Si è passati nel giro di pochi giorni dal “tacco 15” ai tacchi bassi e profili alti delle neoministre del neonato governo. La prima delle tre a giurare è Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno, una signora di mezza età, elegante in un tailleur scuro, con i capelli chiari e un volto che con naturalezza ostenta le rughe di una vita. Poi tocca a Paola Severino, ministro della Giustizia, avvocato penalista di successo, che ha scelto per il giuramento un completo scuro, pantaloni e giacca. Al collo tre fili di perle e tra il pubblico i suoi nipotini, venuti a supportare la nonna-ministro. Ultima a giurare è Elsa Fornero, grande esperta di previdenza, in tailleur spezzato con giacca bianca. Anche lei in stile minimal e con un volto che mostra le rughe con naturalezza. Tre donne che colpiscono non per il look ma per i curricula che le hanno portate a conquistare la poltrona da ministro.

    Mario Monti ha sciolto la riserva ed è andato al Quirinale per presentare la nuova squadra di governo, un governo completamente tecnico, con ministri reclutati esclusivamente per la loro competenza. Sembra banale, ma stavolta il principio portante alla formazione dell’esecutivo è stato proprio questo: un ambasciatore agli Esteri, un militare alla Difesa, una ex prefetto agli Interni, un economista del calibro di Mario Monti come premier e con l’interim all’Economia. Tutti debuttanti tranne Piero Giarda che in passato è stato sottosegretario in governi di centrosinistra. Tanti i professori universitari, ben otto, quasi la metà del totale, che vengono dagli atenei italiani più prestigiosi a cominciare dall’Università Bocconi di Milano da cui proviene Mario Monti. Poi c’è il rettore della Cattolica di Milano, Ornaghi, ora ministro dei Beni Culturali, il vicedirettore della Luiss Paola Severino, ministro della Giustizia, l'ex rettore del Politecnico di Torino ora presidente del Cnr Profumo all’Istruzione. E dall'università vengono anche il ministro della Salute Renato Balduzzi, il responsabile dei Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, il ministro della Cooperazione Andrea Riccardi, il ministro del Lavoro Elsa Fornero. Monti ha poi messo in squadra superesperti del calibro dell’ammiraglio Giampaolo Di Paola alla Difesa, l'ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata agli Esteri, l'ex prefetto Anna Maria Cancellieri all'Interno, il giudice della corte di giustizia Ue e braccio destro di Monti a Bruxelles Enzo Moavero agli Affari Europei. La stessa logica ha portato alla nomina di funzionari ministeriali che si ritrovano a guidare i dicasteri dove fino a ieri hanno lavorato come dirigenti: Mario Catania all'Agricoltura, Corrado Clini all'Ambiente, mentre Fabrizio Barca, dirigente del ministero dell'Economia, trasloca da via Venti Settembre alla sede del ministero della Coesione Territoriale. Altri due ministri sono manager bancari: Corrado Passera, alla guida di un superministero che accorpa Sviluppo e Infrastrutture, dimessosi poche ore prima del giuramento dalla carica di amministratore delegato di Intesa San Paolo, e Piero Gnudi, al Turismo e allo Sport, ex presidente dell'Iri e dell'Enel, fino a ieri nel consiglio di amministrazione di Unicredit; vicina al mondo del credito anche Elsa Fornero, anch’essa dimessasi dalla vicepresidenza di Intesa San Paolo.

    Subito dopo il giuramento al Quirinale sono arrivate le reazioni delle forze politiche, quasi tutte favorevoli. Fuori dal coro la Lega che ha dichiarato di essere "felice di votare contro". Nel Pdl c’è una divisione, con alcune componenti apertamente soddisfatte e altre più critiche. Il vice presidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli, esprime le sue perplessità: "Nell'esecutivo del senatore Mario Monti ci sono le impronte, chiare e visibili, del tecno-prodismo. E' un peccato originale che peserà molto sull'azione di governo". Per altri è un'ottima squadra; ad esempio il senatore Raffaele Lauro dichiara: "Governo Monti, un solo aggettivo: eccellente".
     

    Negli altri partiti il giudizio positivo è condiviso, dal Pd fino al Terzo Polo.

    "Siamo di fronte a scelte di competenza, di responsabilità e di alto profilo" ha commentato la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro. "Si tratta di personalità di qualità, indipendenti, che nei loro campi di attività hanno dimostrato una grande professionalità. Voglio sottolineare -prosegue- pur nel numero non elevato di presenze, che le donne sono state chiamate a ricoprire ruoli fondamentali nella compagine governativa. Mi sembra un segnale importante. Come importante e innovativa mi sembra la decisione di unificare nello stesso dicastero la responsabilità delle Pari opportunità con quella del Welfare e del lavoro". L’augurio finale di Anna Finocchiaro è che l'esecutivo trovi "energia e forza" in Parlamento.
     

    Per il segretario di Alleanza per l'Italia, Francesco Rutelli, "con la nascita del governo Monti inizia una nuova epoca politica". E' un esecutivo "di ottimo profilo, le competenze sono molto qualificate. Toccherà adesso al Parlamento sostenere l'operato di Monti", aggiunge, assicurando il pieno appoggio di tutti i centristi. Sulla stessa linea è Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc: "Grande compiacimento e soddisfazione per un governo capace veramente di salvare l'Italia".
     

    Giudizi positivi anche da Futuro e libertà: "Esprimiamo soddisfazione per l'alto livello della squadra dei ministri nominata da Napolitano su proposta di Mario Monti", dichiara il vice presidente, Italo Bocchino "Siamo di fronte a un governo di ricostruzione nazionale a cui va riconosciuta la 'tripla A' per competenza e professionalità. Adesso spetta a tutti i partiti politici sostenere questo esecutivo senza se e senza ma".
     

    Infine la Lega, che aveva già annunciato la contrarietà al governo tecnico e che, per bocca del coordinatore Roberto Calderoli, esprime la sua contrarietà per l’assenza di un ministero per il Federalismo e per la creazione di un ministero delle Coesione territoriale, affidato a Fabrizio Barca: "Nulla da eccepire sulla qualità e sul livello delle singole persone nominate. Ma il riscontrare la nascita di un ministero per la coesione territoriale significa aver creato il ministero del centralismo ovvero che ancora una volta il Nord verrà spremuto per garantire a qualcuno di continuare a mangiare a sbafo". Quindi l'ex ministro aggiunge: "Se il buongiorno si vede dal mattino allora è notte fonda e sarò felice di votare contro la fiducia".
     

    Nichi Vendola (Sel) preferisce aspettare i dettagli del programma prima di esprimere un’opinione. Critico Francesco Storace che ha paragonato la squadra di governo alla “guardia nobile del marchese del Grillo” mentre il commento più sprezzante è arrivato dall’Unione atei e agnostici razionalisti che ha parlato di “primo esecutivo Bagnasco”, sottolineando la presenza di diversi esponenti del mondo cattolico.
     

    E' previsto per la serata del 17 novembre il voto del Senato alla fiducia al governo di Mario Monti, che illustrerà il programma dell'esecutivo. Nelle ore pomeridiane è previsto l’intervento del neo premier in Aula, poi la discussione generale, la replica del premier e infine le dichiarazioni di voto. Il 18 novembre ci sarà la fiducia alla Camera, dove la seduta avrà inizio alle 9,45. Il voto di Montecitorio è in programma per le 15.
     

    C’è grande attesa per il discorso del presidente del Consiglio, incentrato sui possibili annunci dei primi provvedimenti economici che verranno sottoposti al Consiglio dei ministri: scontati la riforma delle pensioni e il ripristino dell'Ici sulla prima casa, mentre restano i nodi di una possibile patrimoniale e di una manovra correttiva a tempi brevi.

  • Tourism

    Enrico Bruschini: "Italy Is Wonderful. That's It!"

    On November 9 at the Italian Cultural Institute of New York, Professor Enrico Bruschini begins a series of lectures entitled “The Cultural Contribution of Italy to Mankind” as part of the 150th anniversary of the unification of Italy. Although he was busy finalizing the details before leaving for the United States, we had a telephone conversation with Professor Bruschini that was full of anecdotes and memories of his life dedicated to art and the promotion of our country’s positive image around the world. 

    His prestigious career led him, in 1984, to the appointment as the official art historian at the U.S. Embassy in Rome, and later as the curator of fine arts until 1998 when he retired. In 1989, the embassy had also given him the responsibility of being the official tour guide of Rome, accompanying through the Eternal City distinguished guests from the United States that included Bill Clinton, George W. Bush, many governors, and members of Congress and the Senate. 

    He established lasting friendships with some of these guests such as Clinton and his family. From the first meeting, in fact, Hillary and Bill Clinton were so impressed by Professor Bruschini’s expertise that they invited him to visit the White House and the Oval Office on three separate occasions, making Bruschini the only Italian who can boast that record. The first meeting with the Clintons dates back to 1994. “Bill Clinton’s staff had scheduled a visit lasting about twenty minutes,” Bruschini recalls, “certainly very little time to visit such an important an archaeological site. The twenty minutes flew by in the blink of an eye, and after an hour and a half there was still so much to show my illustrious guest. With official meetings with senior Italian politicians looming, President Clinton reluctantly dismissed me with the promise that we would resume our tour of the Roman Forum as soon as possible right where we left off. Returning to Rome, years later, now as former U.S. President, Bill Clinton still wanted me to accompany him and his daughter Chelsea through the wonders of the Eternal City. And surprisingly, at the Roman Forum he remembered the exact spot where, years before, the visit had been interrupted and we then resumed our tour there.” Professor Bruschini notes that over time the interest and love that Americans have for Italy, Rome, and art have not waned. 

    “Americans, in general, are curious, and this is a great trait. Curiosity,” continues Bruschini, is the mother of science. In general, an American asks questions, tries to understand his surroundings, something that we Italians do not do, perhaps because we are too used to the art. Americans are able to perceive details that in the eyes of Italians often go unnoticed. For example, visiting the Sistine Chapel, I had several opportunities to reflect on things from which books were born, thanks to the curiosity of the Americans I accompanied on a visit there. Every person, famous or not, is struck by the incredible wealth of the artistic, historic, and cultural heritage of our beautiful country. Caspar Weinberger, defense secretary during Reagan’s administration, asked me what Romans thought about war and I,” Bruschini recalls, “cited the Latin phrase si vis pacem para bellum, that is, if you want peace be ready for war. This phrase must have struck Weinberger since he later repeated it at meetings and conferences. Even this little anecdote shows how the Romans have left behind something lasting!”

    And speaking of the Italy’s cultural contribution to humanity, Bruschini cannot help but notice what Italy has given, such as the Etruscans, the Romans, the Renaissance, the Baroque. “At the moment, however, I am quite discouraged by Italy’s image in the world. From a cultural point of view and, artistically speaking, these are unhappy times and I am very pessimistic. Look at how Pompeii was abandoned, look at the widespread indifference. I see so much disorganization. At the Coliseum, for example, there are only two ticket offices open but a thousand people are lined up. It’s absurd. There is a complete lack of interest especially in art – and this means a lack of culture. Tourism is the greenest, most powerful Italian industry and we completely ignore it.” Although he retired several years ago, Professor Bruschini is still very active, accompanying tourists through Rome and its wonders, maintaining contact with many American friends, and traveling often to the United States. 

    “I frequently go to America because I like to talk about Italian things in the United States. Americans love Italy and I am convinced that Italian art is the most beautiful, Italian food is the finest, and the generosity and kindness of Italians is unsurpassed. There is so much love, not only from Americans but also Italian Americans. Especially for Italian Americans, when an Italian comes to America it’s like seeing a small piece of their homeland; their love is unquestionable. And for this reason, we should treat anyone who comes to Italy much better – for example, by making services more efficient rather than having them waste so much time, often hours, lined up waiting to visit monuments.”  There is a phrase that Professor Bruschini cannot swallow: “but in the end Italy is beautiful.” “Why?” asks the professor. “Shouldn’t it be enough to say that Italy is beautiful, period? I have heard this phrase for years, not just recently. It’s unbearable.”

    The Coliseum is one of the most visited monuments by Americans, but the Vatican Museums, especially after the restoration of the Sistine Chapel, are also immensely popular. “Even there,” Bruschini notes, “there are very few metal detectors at the entrance and huge lines form. It's absurd.” 

    The time flew by as I spoke with Professor Bruschini. There’s just enough time for a final reflection on the conference which will take place on November 9: “This time the reservations were so numerous that there was a change in venue for a larger room. It had happened for the presentation of my book In the Footsteps of Popes.” And, when asked what he will bring with him to New York, he replied: “As always, I carry with me Italian spirit, Italian beauty, Italian art….”

     

     
     

Pages