Sogno un Natale come ...

Gennaro Matino (December 18, 2016)
Sogno un Natale buono come il pane, che abbia la fragranza e il profumo delle cose necessarie, di quelle semplici. C’è qualcuno che forse penserà che sia un sogno infantile, melliflua sostanza in tempi di complicata esistenza. Niente di più lontano dal mio desiderio, anzi provocazione di senso per dare al tempo della festa il profumo della vita, lo stesso che può passare il pane appena sfornato, miscuglio di memoria e profezia.

Passeggiavo l’altra sera sovrappensiero mentre il caos della via passava la fatica delle compere, lo stress di chi cerca l’ultimo regalo nella lista delle attese, di provare a farli nonostante la crisi, riuscirci per chi ancora ci crede, per chi ancora ha possibilità economiche, per chi ancora oltre le difficoltà prova a sperare che per lo meno a Natale qualcosa resti di buono nel paniere degli scambi affettivi.

Corsa che a volte diventa resistenza a ostacoli, tanto che qualcuno borbotta che non vede l’ora che le feste passino in fretta prima ancora che abbiano inizio. Per non parlare di quelli che il Natale lo subiscono quando l’insicurezza porta ad essere sempre più sfiduciati. La festa è lontana da chi si sente tradito dalle feste degli altri.

Passeggiavo e mi sono ritrovato per caso dinanzi a una panetteria, di quelle che avvisano la clientela che a tale orario è possibile comprare pane caldo.

Il profumo si spandeva e avvolgeva il fragore della folla, un profumo antico e moderno. Usciva dalla panetteria un uomo di mezza età, tra le braccia la busta del pane appena sfornato. L’ho visto spezzarne un pezzetto, portarselo al naso per acchiapparne il profumo e poi subito in bocca per gustarselo con gentilezza. Ero alle sue spalle e ho sentito che mentre portava il pezzetto di pane alla bocca ha emesso un sospiro. Mi sono commosso, davvero, e quasi non mi sono accorto che mentre vedevo la scena, la folla e il suo fragore passavano in secondo piano.

Quanta tenerezza in un semplice gesto, quanta potenza di significati nel quotidiano sapore di un pezzo di pane che potrebbe raccontare al Natale, prossimo venturo, nascosti percorsi che rendono vera la vita se fatta di pane condiviso. Mai tempo è più favorevole di quello del Natale, dove si gioca a diventare più buoni.

È un percorso fatto di strenne, colori di storie gentili da Walt Disney. Eppure non riesco a sopportare i natalini, quegli strani figuri che puntuali si avanzano nelle famiglie, nella società, nella città e nelle chiese a cui sembra che la bontà sia a tempo, che vada celebrata come ricorrenza di calendario, che faccia quasi parte di un copione da recitare perlomeno a Natale. Pranzi per i poveri, giusta dimostrazione di solidarietà umana in tempo di precarietà, cenoni che si moltiplicano, che si ripetono, che si celebrano nelle cronache dei giornali.

Tutto meritevole, tutto a tempo, tutto troppo veloce, troppo gridato mentre l’ordinario si affaccia dopo le feste e la povertà resta sola con la sua fame. Natale è anche tutto questo, è di sicuro provocazione di compassione per raccontare agli esclusi che ancora possono fidarsi della vita, che ancora c’è una mano caritatevole pronta a sovvenire la loro povertà, ma, credente o laico, Natale è il tempo della provocazione della pace come vocabolario rivoluzionario della convivenza umana. Quel semplice gesto di un pezzo di pane profumato, gustato come il più prezioso dei doni, l’altra sera mi ha raccontato un’altra storia, la sua, che da grano è cambiato in farina, e da farina lievitato in pasta e da pasta infornata in pane.

Un pezzo di pane che racconta di contadini, mugnai, fornai, panettieri, massaie che in quell’impasto garantiscono ogni giorno, senza aspettarsi un grazie, la sopravvivenza di tutti e la poesia di un incontro felice per qualcuno.

Il sospiro di quell’uomo mi aveva raccontato la gratitudine della compagnia, dello spezzare il pane quotidiano da cui compagni deriva come verbo, e nessuno dovrebbe dimenticare che senza gli altri non siamo nulla. Un Natale profumato come il pane, buono come il pane è capace di dire a poveri e ricchi, a potenti e semplici che da soli non si vive. Solo la compagnia di uomini consapevoli che senza gli altri, tutti gli altri, non c’è pace, non c’è giustizia, può generare un Natale buono che consegni una vita profumata come il pane.

Da bambino ci insegnavano che il pane è sacro, dono di Dio e lavoro dell’uomo, e forse per questo se ne avanzava un pezzetto, e non si poteva conservare, si baciava prima di gettarlo. Non posso far passare questo Natale senza baciarlo prima, senza consegnare la mia promessa: per quanto mi riguarda farò di tutto affinché ogni pane sia diviso, ogni bene condiviso ben oltre il Natale.

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