Ricerca italiana. Adda passà 'a nuttata...

Maria Rita Latto (September 22, 2011)
L'Unione Europea organizza “La Notte Europea dei Ricercatori” per far conoscere il lavoro di questi scienziati. Ma la situazione della ricerca in Italia può far veramente pensare ad un altro tipo di notte. Quella che fa riferimento al detto napoletano 'A da passà a nuttata'. E la notte non passa mai...


Il prossimo 23 settembre avrà luogo “La Notte Europea dei Ricercatori”, evento promosso dall'Unione europea per far conoscere il lavoro di questi scienziati. Musei e laboratori aperti, spettacoli e aperitivi scientifici saranno un pò ovunque, in Italia e in tutta Europa, un’occasione unica per la ricerca per far divertire ed aprire le porte a tutti, per cercare di far scoprire ai cittadini che cosa succede dentro i laboratori, che cosa si studia, come si fanno gli esperimenti.


Ogni struttura ha cercato la maniera più divertente e accattivante per attrarre l'attenzione del pubblico e togliere alla scienza la solita etichetta di cattedra e di lezione. A Londra si potrà partecipare alla costruzione di un universo fatto di Lego guidata da un gruppo di fisici all'Università Queen Mary. A Bologna ci sarà lo spettacolo "Il viaggio di Joe il fotone, una storia blues", mentre a Frascati "Il Kyoto fisso" rappresenterà in forma teatrale la tematica del riscaldamento globale, ma non solo.


A Roma si racconterà la scienza partendo dai telefilm, a Torino i ricercatori saliranno anche sui tram della città, a Gorizia si abbatterà la frontiera che separa la città dalla Slovenia lavorando insieme con l'Università di Nova Gorica, a Trieste si punterà sull'energia. In particolare, a Bologna si celebrerà la Chimica, perché all'Università di Bologna, nel 1737, fu istituita la prima cattedra di questa materia e anche perché il 2011 è l’anno dedicato a questa scienza. E per questa notte speciale la chimica si farà nelle strade della città, non nei laboratori. In realtà, man mano che l’evento prendeva forma, ci si è resi conto che, per fare spazio a tutte le iniziative in programma, la “Notte” avrebbe dovuto avere inizio con la luce del giorno, occupando, in alcuni casi, l’intera giornata del 23. Addirittura, in molti casi le giornate dedicate ad alcuni appuntamenti sono diventate più di una, tant’è che a Frascati la “Notte” non è altro che l'evento finale di un’intera settimana dedicata alla scienza, da sabato 17 a sabato 24 settembre, con visite guidate e tantissime occasioni per incontrare scienziati e ricercatori. Questi ultimi, in particolare, sono un piccolo esercito che in Italia arriva a contare oltre 100.000 persone e che in Europa ne raccoglie 1,5 milioni. Nel nostro Paese sono poco considerati, poco pagati e poco conosciuti, alle prese con i continui tagli alla ricerca e con la difficoltà ad avere un contratto stabile.

La situazione dei ricercatori in Italia è la punta dell’iceberg della crisi in cui versa l’università nel nostro Paese: i laureati sono ancora pochi e una volta finiti gli studi stentano a trovare lavoro. Questo è quanto emerge dall’annuale rapporto del consorzio Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, secondo il quale il numero di questi ultimi ha iniziato a ridursi nel 2008 ed è destinato a contrarsi ulteriormente. Nel periodo 2004-2009, la quota di laureati nella popolazione di età 30-34 è cresciuta di 3,3 punti percentuali, partendo da un valore inferiore al 16%. Un livello molto lontano, fanno notare i ricercatori di Almalaurea, rispetto a quello, pari al 40%, che la Commissione Europea ha individuato come obiettivo strategico da raggiungere entro il 2020.

E poi, una volta conseguita la laurea, la situazione non migliora, anzi, inizia una vita all’insegna della disoccupazione che cresce fra i laureati triennali (dal 15% al 16%), fra i laureati specialistici biennali (dal 16% al 18%) e anche fra i laureati che hanno condotto gli studi a ciclo unico (dal 14% al 16,5%).
Crescono i precari e scende la percentuale di chi ha un lavoro a tempo indeterminato (46% fra i laureati di primo livello e 35% fra chi ha la laurea magistrale);
contemporaneamente, aumenta il lavoro in nero, passando dal 3,5% dell’anno scorso al 6% attuale fra i laureati di primo livello, dal 3,5% al 7% fra chi ha fatto il biennio di specializzazione e dall’8% all’11% fra i laureati del ciclo unico.

E che dire degli stipendi medi? Facendo un parametro con gli indici ISTAT dei prezzi al consumo sono calati del 5% in due anni per i laureati del primo livello, del 10,5% per quelli del secondo livello e del 7,5% per chi ha la laurea specialistica.

Questi dati sono davvero preoccupanti, eppure sono anche più rosei di quelli reali per quanto riguarda i laureati che lavorano in Italia: in effetti, i laureati specialistici biennali che lavorano all’estero, a un anno dal titolo, sono il 4,5% (erano il 3% nel 2009) e questi laureati guadagnano 1.568 euro al mese contro 1.054 dei colleghi rimasti in Italia. Insomma i laureati che lavorano all’estero alzano la media! Tra l’altro il divario sale a 700 euro mensili per i laureati del 2005, a dimostrazione che le retribuzioni all’estero sono proprio di un altro livello.

Un quadro desolante che colpisce chiunque legga questi dati e non solo. C’è chi ha provato di persona la situazione universitaria qui da noi: nei giorni scorsi è stata riportata dei media la storia di Nico Perrino, studente americano 21enne dell’Università dell’Indiana, figlio di immigrati italiani, il quale aveva programmato di trascorrere un intero anno accademico all’Università di Bologna. Poi, per un problema di salute, il progetto è saltato ed il buon Nico è dovuto tornare negli States, con però le idee un po’ più chiare riguardo la terra dei suoi avi. Nei pochi giorni a Bologna ha incontrato ingegneri meccanici che si arrangiano con piccole riparazioni a domicilio, ricercatori che passano la loro vita nelle università perché per loro non c'è mercato. Per non parlare dei biologi plurilingue, che negli Stati Uniti sarebbero visti come risorse preziose mentre qui, dopo mesi di ricerche, al massimo trovano lavoro come camerieri. E tra le tante stranezze viste nel Belpaese, una che ha colpito particolarmente Nico è stato il fatto che, mentre negli Stati Uniti “in un fast food o in un negozio di musica trovi uno studente universitario, se non un ragazzo delle scuole superiori, in Italia invece trovi probabilmente un uomo di mezza età”, ed ancor più grave è stato scoprire che molti di quelli che fanno un lavoro “umile” hanno pure una laurea o stanno pensando di prenderne un'altra (secondo Nico, ormai “inutile”).

Insomma, è bastato un breve periodo in Italia per far convincere Nico che “It feels good to be back in America”.


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