Quel popolo anti camorra in cammino

Gennaro Matino (December 06, 2015)
Il presidio dei territori a rischio è dato dal lavoro stabile e duraturo. Quei preti, quei parroci, ancora in pochi ma determinati, insieme al loro popolo hanno scelto una chiesa in uscita e, mentre avanzano nel silenzio assordante di una politica assente, sono pronti a rivendicare dignità per se stessi e per la loro gente. Non lasciarli soli è dovere di chi ancora crede nella democrazia.



La piazza non basta, le marce non sempre servono a provocare pensieri di giustizia e di pace.

Anzi in tempo di parole di fumo, a volte stancano. Non quella che ci sarà domani, e non lo dico per spirito di parte. Da piazza Dante un corteo rumoroso di colori e di denuncia riempirà le strade di Napoli.


Un “popolo in cammino” griderà il suo no alla violenza, alle camorre e ai loro intrecci con l’economia e la politica. Un “popolo in cammino” rivendicherà verità e giustizia, lavoro e diritto allo studio per i bambini e i ragazzi dei quartieri di periferia e della nostra città abbandonati a se stessi.


Mi si dirà che nulla c’è di nuovo, ogni giorno una manifestazione, la stessa aria fritta di sempre. Non mi interessa sapere quante persone parteciperanno, non inseguirò gli slogan per correggerli, sostenerli o criticarli, mi interessano le motivazioni a monte del nuovo movimento di base che darà vita alla manifestazione. Un movimento nato dalla volontà di alcuni preti, impropriamente definiti di frontiera, che nella sofferenza della loro gente, nei percorsi di chiesa visitati, nel sentirsi abbandonati da tutti, scelgono di mettersi insieme, di fare squadra, abbandonando l’atavica condizione di individualismo esasperato che anche nella Chiesa è presente, specchio di una società meridionale che ha garantito terreno fertile per fare affari a chi voleva spazio di impresa facile e illegalità di mestiere. Motivazioni che sono la premessa per garantire un lavoro fecondo di liberazione, se il fare squadra riuscirà a superare la prova e l’emozione di un solo giorno di piazza.


Una visione chiara, quella dei preti, originale, che può rendere la lotta di popolo quasi libertà evangelica dove i poveri finalmente possono godere il presente di giustizia senza aspettare solo un regno futuro.


Un’utopia, certo, per quanti si trincerano dietro il muro opportunistico del già visto e del già dato, non per chi pratica le Scritture, per chi ha nella vene l’attitudine alla profezia, anche se una parte di Chiesa, corrotta e mestierante, fa pensare il contrario.

Non per chi non riesce più a restare fermo, sordo e muto al dolore della sua gente che non è causato da un fato spietato o dalle prove inflitte da un Dio castigatore, ma dalla politica incapace, da istituzioni lontane dalla gente, da una Chiesa vertice parolaia che lascia fare fino a quando le fa comodo e poi è pronta semmai a salire sul carro dei vincitori.


Don Giuseppe Diana, martire di camorra, dichiarava per amore del suo popolo la sua indisponibilità alla complice sottomissione al malaffare politico o malavitoso, un grido fatto proprio da questi preti, condiviso e spartito con il loro popolo, e che per questo può aprire nuovi, inaspettati e sorprendenti scenari politici.


Da tempo le nostre strade assistono inermi a una guerra che colpisce innocenti, giovani, persone che pagano lo scotto di essere cresciuti in un Sud, in una città, nei quartieri di periferia e nei buchi neri del centro, lasciati senza cultura, sviluppo, futuro.


Restare in silenzio non è più possibile. Questa la scelta dei preti.

Insieme, non uno solo, non un solo martire, non un professionista dell’anticamorra a cui garantire una scorta, ma insieme, preti coi preti, per rivendicare il loro fare chiesa, la loro pastorale, partendo dai fatti concreti, dai bisogni reali della gente. Restare fermi non è più accettabile.



«Non vogliamo più contare morti a Napoli: non è solo la violenza di chi spara, ma anche di chi ha l’arroganza di credere di poter governare interi quartieri, di stabilire un controllo serrato sulle nostre vite. Non possiamo più restare a guardare. Abbiamo visto troppe passerelle della politica in questi anni, troppi spot e soluzioni superficiali per Napoli e la Campania. Abbiamo visto tanti intrecci di potere e poche risposte da parte di chi ci ha governato ». Politica di denuncia, ma anche di proposta, bisogno di risposte vere, concrete, strutturali. Risorse per il diritto allo studio, scuole aperte al territorio anche di pomeriggio. Chi abbandona la scuola è facile vittima del sistema criminale. Nessuna necessità di eserciti, ma di normalità.

Il maggior motivo di insicurezza nasce dalle diseguaglianze e dalla povertà.


Il presidio dei territori a rischio è dato dal lavoro stabile e duraturo.

Quei preti, quei parroci, ancora in pochi ma determinati, insieme al loro popolo hanno scelto una chiesa in uscita e, mentre avanzano nel silenzio assordante di una politica assente, sono pronti a rivendicare dignità per se stessi e per la loro gente.

Non lasciarli soli è dovere di chi ancora crede nella democrazia.


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