Papa Francesco in Brasile. "Fare casino": un'altra cosa

Gennaro Matino (July 27, 2013)
Le parole del Pontefice possono essere un felice viatico, una straordinaria provocazione al cambiamento. E nei documenti ufficiali il Vaticano ancora cerca di edulcorare il termine "casino" usando parafrasi per proteggere il passato: chiasso, clamore...



“Fare casino”, così il Papa si è espresso alla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile. Sintesi efficace per parlare di rivoluzione  in perfetto gergo giovanile. Parola non in uso fino ad ora nelle protette stanze della Chiesa Vaticana. Nei documenti ufficiali ancora cerca di edulcorare il termine usando parafrasi per proteggere il passato: chiasso, clamore... Ma casino è un altra cosa, dice distanza tra il delicato e elegante linguaggio ufficiale e il coraggio di oltrepassare il confine per calarsi tra la gente, per abbracciare le speranze e le sofferenze dell’uomo e interessarsi di ciò che all’uomo interessa. Casino è dire rivoluzione in tempo di parole di fumo e certo di evangelica rivoluzione si tratta.


Riproponendo la spada che il Maestro di Galilea sognava che impugnassero i giusti, chiede che finalmente chi è nella verità si schieri dalla parte degli ultimi, dei diseredati, di chi vuole che il mondo cambi, un mondo in cui ognuno abbia lo spazio per difendere ed affermare la propria dignità. Papa Francesco usa parole non protette, fuori dal canone ufficiale e per questo acchiappa anche i più diffidenti ed entusiasma chi forse da quelle parole si sente rappresentato.


Ma mentre il bianco pastore avanza tra le folle immense di chiassosi ragazzi, mi sovviene una domanda: le parole sono coraggiose quando al rumore del loro suono accompagnano il fragore di un progetto realistico di trasformazione del mondo. Quale progetto ha la Chiesa da proporre e con quali strutture? Basta la parola del Papa entusiastica ed autorevole per lanciare la sfida di questa trasformazione? E basta dire che il Vangelo è il progetto che la Chiesa propone, senza rischiare di diventare fumosi? Il nostro tempo è carico di sofferenza e la crisi in atto non è solo crisi di denaro, è assenza assoluta di strade proposte da attraversare, di progetti realizzabili, di fatti che possano riportare l’uomo abbandonato a se stesso alla verità di una vita vissuta in dignità.


Le parole da sole possono finire per diventare nemiche della trasformazione possibile, perfino dannose al Vangelo se non raggiungono lo scopo che alla motivazione del cuore offrano progetti credibili e realizzabili. Ai giovani senza lavoro, a quelli sfruttati alle strade del mondo, traditi dagli inganni di una proposta illusoria che vorrebbe tutti felici nella logica del profitto, quale società offriamo, quale modello di vita, quale economia possibile, quale famiglia, quale politica, quale futuro. Gli entusiasmi si assopiscono dopo la festa, resta la memoria del banchetto che può diventare perfino indigesto, serve alle parole il riscontro di un progetto, di un’idea percorribile, di una nuova strada da percorrere.


Le parole di Francesco possono essere un felice viatico, una straordinaria provocazione al cambiamento, ma la Chiesa ha altri strumenti ed altre possibilità da mettere in campo e per poterlo fare a una gioiosa giornata della gioventù, bisogna far seguire un’assise mondiale sul futuro del pianeta che, sotto il peso dell’egoismo dei forti, non si accorge che forse altre rivoluziono non pacifiche sono alla porta. Il tempo è maturo perché la spada di Cristo venga finalmente impugnata non solo per dire parole capaci di sorreggere i giovani in un giornata indimenticabile, ma che diano valore alla vita intera, per ogni uomo, per tutto l uomo.

 * Gennaro Matino  è docente di Teologia pastorale. Insegna Storia del cristianesimo. Editorialista di Avvenire e Il Mattino. Parroco della SS Trinità. Il suo più recene libro: Economia della crisi. Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread”


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