Femminicidio, punta dell’iceberg della violenza di ogni giorno
I NUMERI di solito contano, spesso raccontano e nel loro incedere uno dopo uno, non solo assommano ma possono dividere, separare, segnare diversa cifra, produrre calcoli sbagliati. Le mura domestiche dovrebbero conservare affetti, proteggere sentimenti, dare spessore e significato alle parole condivise, casa dice famiglia, conforto di persone pronte a spartirsi vita.
Dovrebbe, ma non sempre succede. Anzi, i numeri che contano raccontano che nel nostro Paese le mura domestiche uccidono più della mafia, più della delinquenza organizzata. E se non uccidono, restano incancellabili i danni “dentro”, “sopra” la pelle dei brutalizzati. Lo scenario è drammatico: dal 2006 al 2016 le donne uccise in Italia sono state 1.740 e di queste 1.251 in famiglia, 846 all’interno della coppia, 224 per mano di un ex compagno, fidanzato o marito. Abbiamo dovuto coniare un termine, femminicidio, per dire l’assurdo e ancora dovremmo inventarcene altri per descrivere il dolore dei sopravvissuti, diversamente reduci, scampati, risparmiati, comunque segnati per sempre, vittime di un assurdo che avranno forse perfino chiamato amore. Aprire gli occhi, troppo tardi, e accorgersi che il possesso malato non passa frontiere di abbandono, non segna percorsi di dono. Violenza disumana perpetrata ai danni di innocenti vittime: donne stuprate, merce di bestiale attacco, madri, spose, amanti, nessuna parentela è risparmiata, nessuna consente la protezione da una violenza gratuita. Quanto dolore muto per vigliacca aggressione che non cede dinanzi al pianto di donne indifese e bambini violati. Bestialità, certo.
E che altro. Un’ondata di violenza che sembrerebbe non trovare analisi appropriata per spiegare il perché ora, perché adesso, perché in tanti sono divenuti carnefici. Insospettabili protagonisti, impensabili un momento prima, che ora trovano brodo di cultura alla malata consistenza delle loro azioni in un tempo che giorno dopo giorno si è svestito di qualsiasi protezione.
Svenduta l’umanità, senza nemmeno accorgersene, si vive come se fosse normale il degrado e la bestialità. Violenza che si aggiunge a violenza, tragedie che si susseguono, l’una più dolorosa dell’altra, più ignobile della precedente, una dopo l’altra, come granuli di un rosario che non si sciolgono, denunciano quanta silenziosa complicità esiste dietro ogni delitto, certo non in tutti i casi, ma in tanti così deve essere, perché nulla nasce senza una sua origine, senza una sua collocazione. L’ignoranza foraggia mostri e lo fa oltre le relazioni che trasforma in campi di battaglia, coniugi in perenne scontro, genitori contro figli, ricambiati a loro volta da odio ingovernabile, parenti serpenti pronti a distruggersi e per non perdersi, per non perdere, perdono tutto.
Negli ultimi 15 anni il numero dei bambini, che hanno perso la madre per colpa del padre o del compagno assassino, è salito fino a quota 1.628. Sono loro, le “vittime secondarie” di cui poco si parla ma sulle quali ricade veramente tutta la violenza di questi uomini “malati”. Ad ogni sopruso che la cronaca rileva, ad ogni scelleratezza raccontata, di sicuro se ne possono aggiungere tanti altri che nessuno riporta, ordinarie barbarie nascoste nelle oscure camere della complicità, del compromesso con il male, del silenzio della porta accanto. E quando l’inevitabile si traduce in un nuovo dramma, son tutti pronti a dichiararsi ipocritamente sorpresi.
Non c’è limite alla corruzione del vero, non c’è possibilità di contrastare la brutalità gratuita se il silenzio dei vigliacchi copre la sevizie del quotidiano crimine. Inascoltato grido quello delle vittime che non possono trovare consolazione in manifestazioni di solidarietà postuma, che è bene che ci sia, ma meglio sarebbe una quotidiana cultura della non violenza che attraversasse il cuore delle nostre città, dei nostri territori, delle scuole per insegnare ai giovani e ai meno giovani che vale la pena superare la bestialità con la verità della parola. Se esiste una correlazione tra violenza e disagio, tra violenza e volgarità, tra violenza e ignoranza, tra violenza e degrado, certamente una città non curata, abbandonata, devastata, sporca e umiliata apre nuove frontiere di violenza. Millenni fa scriveva un certo Giacomo: “Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra!”.
Il femminicidio è la punta dell’iceberg della violenza di ogni giorno, è la fotografia del possesso di cui la nostra società è ammalata, una nuova società è possibile se la verità dell’amore non sarà solo un vezzo per romantici, ma qualità politica di chi spera in un mondo migliore.
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