Cancellare il Natale nelle scuole è contro la laicità dello Stato

Gennaro Matino (November 26, 2018)
Arriva Natale e puntuale la polemica: nessuna recita nelle scuole, nessun rimando al sacro testo nelle laiche mura. Niente di più sbagliato, niente di più lontano dalla laicità di una scuola che, con il pretesto di garantire il rispetto dei diversi, offende la dignità, non della religione, ma della cultura. L’ultima arriverebbe da Terni dove la dirigente scolastica dell’Istituto Anita Garibaldi avrebbe cancellato una recita dei bambini sulla natività.

Dicono sia una bufala, potrebbe essere vero, ma vero è che Natale sembra l’ultimo gioco al massacro di questa malata modernità per chi confonde la libertà religiosa con la volontà di cancellarne ogni suo segno, di chi sbandiera il rispetto che si deve a tutti di vivere la propria fede senza essere offesi dai segni di altre religioni, con il disegno scientifico di cancellare ogni fatto religioso dal vocabolario della quotidianità. Falso nella premessa, dannoso nella costruzione di una società aperta e integrata, ridicolo per chi parla di cultura senza nemmeno vergognarsi, dimenticando che la cultura di un popolo è la sua storia, la sua arte, la sua tradizione.

È l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento e anche delle attività materiali che caratterizzano il modo di vivere di un gruppo sociale. Cancellare il Natale, volerlo fare, non è aggredire il credente che comunque se ne fa una ragione, di lotte e persecuzioni nel tempo dell’ignoranza ne ha dovute subire e ne continuerà a subire, ma è andare proprio contro quella laicità dello Stato, di una scuola che intanto può dirsi tale se ha come principio la libertà e come fine il suo raggiungimento nella verità. Natale è l’unica delle festività cristiane che supera il sentimento religioso e diventa un mondo di possibilità per raccontare laicamente un’avventura di pace, di fraternità tra gli uomini, di solidarietà con chi soffre, ribadendo la scelta dei poveri, l’accoglienza dei lontani, che dice famiglia, unisce credenti e non credenti, adulti e bambini, affascina il poeta e commuove il semplice.
 

Restasse solo una favola, e per il credente favola non è, farebbe parte di un capitolo importante della vita di un ragazzo che, nel tempo della sua crescita, qualsiasi sia la sua religione o non ne abbia affatto una, potrebbe lasciarsi provocare dall’idea che anche Dio ha scelto l’umiltà di abbassarsi, di farsi piccolo per camminare insieme agli ultimi, solidale e compagno di avventura con chi soffre. Tutto questo offende il musulmano o l’ebreo? Sporca l’integrità intellettuale dell’ateo? Penso che si sentirebbero piuttosto offesi se nel calderone della libertà sbandierata per tutti fosse cancellato insieme al Natale cristiano, il Ramadan, la Festa delle capanne o qualsiasi altro ricordo che significa fede, ma rende unito un popolo, almeno quello che ancora prova a conservare le proprie tradizioni. E inoltre se la sentirebbe il dirigente scolastico di turno, che volesse essere coerente fino in fondo con la sua idea di “libertà” dalla religione, di provare a immaginare cosa significherebbe cancellare la fede cristiana dalla nostra cultura? Dovrebbe eliminare dal programma scolastico tutta la letteratura che rimanda al sacro testo e fare a meno di Dante, Francesco d’Assisi, Manzoni. Dovrebbe nascondere ai suoi allievi che perfino un non credente come Erri De Luca scrive del Libro sacro come l’ultimo appello di una umanità ancora capace di sognare.

 

Dovrebbe eliminare gran parte della poesia, dell’arte, della pittura e della scultura. Che ne farebbe allora di Michelangelo, Raffaello, Leonardo? Dovrebbe cancellare anche i segni che accompagnano il linguaggio e per assurdo impedire agli studenti di visitare San Gregorio Armeno, una delle nostre strade più caratteristiche della città, ricca di tradizioni e di cultura dell’artigianato, per non turbarli con una rappresentazione plastica del sacro e non offendere l’intelligenza dell’ultimo difensore della libertà dalla religione. Perfino l’albero che si addobba in questi giorni in tutte le scuole, anche in quelle dove gli zelanti dirigenti si oppongono alle recite tradizionali, sarebbe allora da proibire. Certo, a prima vista l’albero festoso e addobbato è altra cosa dal presepe che si schiera decisamente per il Natale credente, ma in realtà rimanda allo stesso evento raccontato e proposto con differente linguaggio.

Nel Medioevo durante il periodo natalizio si era soliti nelle chiese prepararsi al Natale partendo dall’Eden e da quell’albero del bene e del male che ha reso necessario la nascita del bambino. L’albero del paradiso che ora chiama Gesù, l’ultimo dono fatto all’umanità, a diventare il dono assoluto. Da quel dono, oggi mettiamo i nostri sotto l’albero per dirci ancora innamorati della vita. Allora se qualcuno vuole cancellare il Natale è affare suo, dica che non gli piace, ma non cerchi pretesti di libertà, offende la nostra intelligenza.

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