Occupy Wall street, un anno dopo. Sit-in e flash move invadono Manhattan

Francesca Di Folco (September 17, 2012)
17 Settembre 2011. Un anno dopo gli attivisti di Occupy Wall Street partono da Zuccotti Park per tornare a circondare pacificamente la Borsa e i luoghi simbolo del potere economico della Big Apple. Nel primo compleanno dei Ows abbiamo ascoltato tante voci di protesta italiane

E' il giorno più lungo per gli attivisti di Occupy Wall Street, com’era d’altronde prevedibile dopo l’onda messa in moto lo scorso autunno e proseguita a scaglioni per tutto li 2011...
 

Un anno dopo la prima manifestazione davanti alla sede della borsa di New York, oggi si torna nel centro finanziario della City per ribadire a gran voce rabbia per le disuguaglianze, femezza nel ristabilire parità, le volontà affermazione dei diritti rivendicati del “99%” contro le lobby “colpevoli” d’aver determinato impoverimento delle classi meno abbienti, sfruttamento delle risorse, la crisi finanziaria globale. 

La tre giorni di eventi, 15, 16 e 17 settembre, pianificati al dettaglio, dopo la giornata dedicata all'istruzione, sabato 15, e ieri, domenica 16,  alla celebrazione, oggi vede scattare di nuovo a tamburo battente il cuore vibrante della protesta.

Già dalle 7 gli attivisti si son dati appuntamento a Zuccotti Park , da dove intervenne lo scrittore Roberto Saviano, in attesa dei momenti clou della giornata: sit-in vari che scatteranno nelle strade che circondano il Financial District.

Le azioni dimostrative servono come hanno scritto i promotori di Ows, a riportare "tutti gli occhi del mondo rivolti su New York", e sono un anticipo di quello che si preannuncia un autunno incandescente...

Nella lista all’ordine del giorno degli indignati newyorkesi ci sono varie momenti: proveranno a formare una catena umana davanti al New York Stock Exchange per impedire o quantomeno rallentare l’inizio delle contrattazioni.

Il corteo si sposterà poi davanti all’U.S. Bankruptcy Court, situato a pochi isolati a Sud di Wall Street. Ma le iniziative del movimento per i 12 mesi trascorsi dall’inizio delle proteste non si limitano a cortei e manifestazioni. Durante il pomeriggio, infatti, sono previste a Zuccotti Park diverse assemblee con gli organizzatori del movimento, sindacati ed economisti per discutere di economia, finanza, società e del futuro del movimento.

Dimostrazioni sono previste nei prossimi giorni anche in una trentina di città statunitensi.

I raduni più grandi rimangono comunque a New York. Gli “indignati” prevedono anche “arresti” pacifici di banchieri che verranno circondati da un cordone umano fino all’arrivo della polizia. Decine di persone stanno raggiungendo New York per partecipare agli eventi ridonando linfa vitale al movimento che sembra aver perso lo slancio iniziale, soprattutto nella Grande Mela, da quando il sindaco Michael Bloomberg ha vietato l’accesso e il pernottamento all’interno di Zuccotti Park.

Le indicazioni degli organizzatori per i prossimi giorni sono chiare: gli abiti devono essere casual e i movimenti lenti per evitare che le forze dell'ordine possano fraintendere le intenzioni pacifiche dei manifestanti ed intervenire. Quello che da più parti, dai social network ai tradizionali volantini, si tende infatti a ribadire è l'aspetto non violento della mobilitazione.

Durante questo anno tanti sono stati comunque gli appuntamenti che pur non avendo stabilito un leader unico per le diverse frange del movimento hanno comunque suggellato il grande impatto di Occupy sulla mentalità “rivoluzionaria” newyorkese...

Tutti i lunedì gli Occupy si danno appuntamento in vari basement della City per stabilire punti all’ordine del giorno, priorità sul come procedere, sviluppare e portare avanti il movimento, coordinarsi su come metter appunto strategie d’ascolto e contatto a carattere globale...

Siamo riusciti a contattare ed incontrare alcune “voci italiane” del movimento...

Cassandra Giraldo, fotoreporter navigata di stanza a Brooklyn, ci racconta di come il 15 ottobre 2011 Times Square fosse invasa dagli Occupy e di come luci, lustrini e paillettes si fondessero perfettamente con le loro richieste secche riportate sui loro cartelli...

Di come i manifestanti scalassero letteralmente telephone booths, traffic lights, scaffolding per affermare, gridare, scandire a gran voce slogan di libertà...

Di come "fosse elettrizzante -continua Cassandra  Giraldo- l’impressionante atto di democrazia di invadere pacificamente Times Square", la piazza per eccellenza...

Carlotta Zarattini, fotoreporter e autrice di un fotoracconto sull’esperienza di Occupy Wall Street, ci confida che sabato 8 ottobre 2011, a seguito dell’occupazione del Manhattan Bridge e del conseguente blocco del traffico, il New York Police Department aveva “fermato circa 700 manifestanti per disorderly conduct per poi rilasciarli e di come fosse sintomatico che non ci sia stato un capo da arrestare, nemmeno un portavoce”.

Per la Zarattini questo indica che Occupy Wall Street “non è una ma molte proteste, una serie di nodi venuti al pettine dopo anni di malumore. Per questo il movimento cresce, ha sempre più fans, sostenitori, donatori online, supporters da ogni parte degli States. Ciascuno di ogni generazione e di qualsiasi luogo, ha qualcosa da dire a quella parte di Wall St. che, durante queti tempi difficili, continua imperterrita a fare i propri interessi”.

Anche Michele Palazzi, attivista-fotografo romano, racconta la rabbia degli esclusi e la smania di partecipazione democratica che è divampata “nella primavera araba come nei riots europei, passando per gli Occupy di tutto il mondo” attraverso quello che definisce “ondata globale, uno sguardo altrettanto approfondito anche sui movimenti di ribellione che contagiano l’Occidente con Occupy Wall Street e Occupy Pantheon...

Contattiamo anche Federico Savini, fotografo del Pratt Institute a Manhattan, selezionato per “Occupay Wall Street”, mostra del SeaPort Museum, che ci parla del movimento come di “una forza della natura attraverso la quale i newyorkesi hanno ripreso consapevolezza dello human power of dimostration”.

Ultima voce con la quale siamo entrati in contatto nell’universo parallelo di questi attivisti-photoreporter è stato John Minchillo, che vanta una partecipazione del primo momento...

Quest’italo-newyorkese che ha abbracciato la causa degli Occupy quasi prima che nascesse non ha risposto alle nostre domande suggerendoci direttamente di “venire a vedere, a toccare con mano, a sperimentare che clima si respira in assemblee e manifestazioni per poi esser rapiti dagli ideali di speranza di un Mondo appartenente a quel 99 cui spetta e dal clima di libertà, democrazia quantomeno tentante che si respirano”...

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