Stop, parliamo con Elena

Letizia Airos Soria (August 21, 2009)
Tre storie alla ricerca di qualcosa. Una confidente speciale le raccoglie in un ristorante di downtown Manhattan, le elabora, le ripensa e le presenta in un romanzo. E New York si racconta ancora una volta con le sue certezze ed incertezze, prima e dopo l'11 settembre. Intervista con Elena Attala Perazzini, autrice di "Tre stop a New York", appena uscito in Italia (Edizioni Barbera)

East Side. Storie raccontate al bancone, in un ristorante di downton Manhattan. Tre vite che si affiancano. Uniche ed irripetibili. Eppure a modo loro emblematiche. Esperienze che se da un lato sembrano punzecchiare la città che le ospita, dall’altro la attraversano, la scorrono senza sconvolgerla più di tanto.

Storie narrate ad una giovane donna italiana, che ha scelto di vivere nella metropoli che
raccoglie l’immaginario di molti da diverse generazioni.
 

E l’abbiamo conosciuta anche noi, dietro quel bancone, Elena Attala Perazzini di Rimini. Anni fa. Quando forse nessuno pensava che avrebbe raccontato quello che vedeva, ascoltava.

La sua figura spiccava nell’ambiente sempre in penombra del locale. Slanciata, occhi grandi e attenti, elegante. Sotto i lunghi capelli, lo sguardo lungo, l’attenzione di chi sa mettere a suo agio chiunque, e non solo con dell’ottimo cibo.

Ospitale, accompagnava i suoi clienti come una vera padrona di casa. Non lo faceva come un normale gestore di un locale di Manhattan. Ed i suoi ospiti se ne accorgevano presto, parlavano a lungo con lei, a volte si sfogavano. Si confessavano quasi e tornavano a cercarla. In una città che assorbe tutto il tempo che hai, che incita a correre e lascia pensare poco, Elena svolge così per molti il ruolo di confidente, quasi di psicologa.

E questa giovane donna, al ritorno dal lavoro, giorno dopo giorno, soprattutto di notte, riporta le storie che la colpiscono per iscritto. Storie che oggi diventano un romanzo.

Con quest’articolo-intervista, proviamo raccontare i retroscena di “Tre stop a New York”. Lo facciamo quasi da dietro la quinte. Cosa succedeva nella testa di Elena mentre i suoi clienti le parlavano. E chi era Elena?

Arriva a New York per un programma di danza di tre mesi. Ci rimane tredici anni nel corso dei quali si mette alla prova con diversi lavori.

“Infatuata dalla città ci sono voluta rimanere a tutti i costi. Ho lavorato in RAI come producer, alla Rizzoli come assistente per Oriana Fallaci, come PR per Cipriani alla Rainbow Room, ho deciso poi di aprire un locale mio. Nel frattempo ho sempre continuato a scrivere per me, a fare recensioni soprattutto di teatro in Italia, da free lance.”

Cominciamo dalla sua esperienza alla Rizzoli. I suoi occhi si alluminano. Il mito di Oriana Fallaci rimane intatto anche in lei. “Ero stata avvisata che era una persona difficile. Che in media le persone con lei ‘duravano’ tre settimane. Assumeva e licenziava. Io avevo 29 anni. All’inizio le facevo da segretaria. Le passavo le informazioni, le chiamate. Ero un filtro. Poi sono diventata la sua assistente personale. E’ stata una breve esperienza, ma ricordo con intensità l’unico giorno in cui sono andata a casa sua. Era di buon umore. Abbiamo passato un pomeriggio a chiacchierare. Mi ha detto molto di se. Mi ha parlato della sua malattia, delle sue esperienza come giornalista. Ho visto da vicino quella donna dura, un po’ spietata apparentemente. Da sempre mi aveva affascinato come giornalista, ma soprattutto come scrittrice. E ho scoperto la sua parte ‘tenera’, umana. Quello è stato uno dei momenti in cui mi sono detta intensamente: devo scrivere.”

Ma il parto del primo romanzo di Elena è stato lungo. “Poi sono stata travolta da altro. Ho curato le pubbliche relazioni al Rainbow Room, ho gestito un ristorante mio. L’ho preso nel maggio del 2001, aperto nel luglio, ma poi c’è stato l’11 settembre. Un esperienza intensa, difficile, a diversi livelli. Credo cha abbiamo resistito in un periodo difficile grazie al passa parola. Mi ha dato molto questa esperienza, ma ho sempre continuato a scrivere però….”.

E si racconta così: “Scrivere era il mio modo di capire cosa stavo facendo, dove stavo andando. Una volta chiuso il ristorante non sono riuscita a trattenere la voglia di rendere pubblico cosa avevo vissuto, cosa avevo raccolto in una serie di note negli anni passati. Mi sono riletta le cose che avevo scritto e le ho trovate ancora interessanti. Poi avevo vissuto l’11 settembre e volevo rendere noto il mio punto di vista.”

Il ritmo della prosa di Elena è incalzante, cinematografico. Il desiderio di leggere cresce proporzionalmente alla curiosità. “Ho lavorato molto su quest’aspetto. Ho scritto pensando a cosa mi piacerebbe leggere. La mia prima fonte di ispirazione sono i minimalisti, autori americani degli anni '80. Raymond Carver, Jay MacInerney e Bret Easton Ellis. E ovviamente anche Fitzgerald e Hemingway. Mi affascina lo stile più del contenuto.

Anche nei film mi piace quando vieni portato per mano, con alti e bassi. Con emozioni che toccano un picco e poi scendono. In questi casi chi scrive decide di far quasi annoiare il lettore per poi ricrescere…Tutto questo mantenendo un grande distacco”

Ma veniamo alla trama del libro. Tre storie con tre personaggi molto diversi tra loro. Come li ha scelti? Come li ha costruiti? Cosa hanno in comune? Ha incontrato tante persone…

“Tutto è nato dal mio stupore di confrontarmi con una cultura molto diversa dalla mia. Vengo da una città di provincia… Ho scelto le persone che mi incuriosivamo, ma in cui al tempo stesso mi rispecchiavo di più..

Me ne sono accorta alla fine, in ognuno di loro ho visto una parte di me. Quello che vorreidiventare, oppure quello che so che non potrei mai fare. E’ stato un rispecchiarsi, il libro non è autobiografico certo, ma ha molto di me....

Mi ricordo per esempio come mi ha colpito quel ragazzo gay di cui racconto che ha deciso di avere un bambino anche senza un compagno di vita. Per lui era normale volere un altro figlio da solo e risparmare soldi, cambiare lavoro per questo…Era una persona eclettica, forse un po’ pazza in cerca di famiglia… Strana per me. Mi sarei resa conto piano piano che tutto questo è molto newyorkese.

Mi merivigliavano allora le persone senza un piano preciso nella vita, in grado di reinventarsi continuamente. Mi sentivo una mosca bianca… Poi tutti e tre i personaggi di cui parlo, per così dire, mi hanno coivolto forzatamente nella loro vita…”

Le storie di Elena sfiorano e toccano l’evento drammatico dell’11 settembre. Ci racconta cosa allora la stupì nelle reazioni dei newyorkesi.

“Sì, erano giorni che facevano pensare noi italiani. La reazione davanti al fatto tragico è stata pratica e pragmatica. La solidarietà era subito organizzata. Il dolore non ha fatto dimenticare neanche allora come la comunicazione debba essere improntata sull’aspetto spettacolare per avere effetto … Era necessario intervenire e subito, guardando al futuro. Questo modo di affrontare le difficoltà lo sto ritrovando, anche se con elementi diversi, nella crisi economica di oggi. Gruppi di acquisto, famiglie che si organizzano, pubblicità…”

E uno dei messaggi del libro di Elena è proprio nascosto tra le righe di quanto ha detto prima: è importante guardare al futuro con ottimismo.

“Si spero trapeli tutto questo. Le vite dei miei personaggi sono improntate alla precarietà, al rischio. Ma è importante mettersi alla prova, non mollare. Tutti e tre hanno questo tipo di spinta. E questo modo di vivere di sentirsi lo insegna molto New York. Non abbatterti, mai. Continua a credere in te stesso. Poi le cose accadono…”

Mentre Elena lavorava nel suo ristorante una serie televisiva imperversava e raccontava New York, per diventare quasi subito un vero cult: ‘Sex in the city’. “Si penso che in molte cose la storia di Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte, abbia rappresentato un ritratto scansonato e veritiero della vita ‘spiccia’ di Manhattan, anche se tocca soprattutto l’aspetto romantico-leggero.

Le vicende del mio libro anche se sono molto diverse si prestano, secondo me, a diventare una serial. Basti pensare al fatto che il romanzo è ambientato in un luogo dove tanti personaggi confluiscono, posto che poi era conosciuto da tanti. Ci sono personaggi ispirati a persone reali…. Ho cominciato per questo a ridurre i racconti a breve soggetto per proporli come sceneggiatura… Vediamo…”

E quanto è stato importante nell’approcciare i suoi clienti/amici il fatto che Elena fosse italiana? E il trovarsi in un ristorante emiliano?

“Non si sarebbero raccontati nello stesso modo. Credo. Erano molti fiduciosi anche perchè ero italiana. Gli italiani della nostra generazione sono visti molto bene, specialmente in certi settori come ristorazione e moda. Siamo guardati con ammirazione. Quando ti conoscono sono felici di diventare amici, confrontarsi con la tua cultura.”

Cosa vorrebbe Elena che rimanesse dei suoi racconti?

“Il coraggio di cambiare, di togliersi i vecchi panni. Di mettere da parte la tua storia per per vivere anche in una cultura diversa, dove ti proponi in una maniera nuova agli occhi di chi ti conosce. Il coraggio di rischiare, di scoprire te stesso altrove. La forza di spogliarti di tanti pregiudizi radicati nella nostra storia… Poi credo che del mio libro possa rimanere impresso un modus vivendi tutto newyorkese.

E’ una città con molte persone senza famiglia. Per questo si creano dei rapporti umani molto forti. Io non valuto le relazioni in base a quanto durano. Ma per me è importante anche un incontro di soli pochi mesi in cui due perosne davvero si aprono per crescere. E’ dedicato a ricevere qualcosa. Il tempo è poco e hai bisogno di nutrirti. Tendi quindi a buttarti di più sulle persone che veramente ti interessano. Persone che io chiamo ancora amiche… momenti di verità intense, profonde.”

Travola dalle presentazioni del libro in Italia, e presto ovviamente a New York, Elena ammette di avere già un’idea per un altro libro. “Spero di continuare a scrivere. E’ quello che mi piacrebbe fare per il resto della vita. Mi sento sicura come non mai, mi piace, mi appassiona”.

E torniamo con il ricordo a quel bancone. Dove abbiamo più volte visto lavorare Elena anni fa. Dove altri le hanno narrato se stessi e dove lei, in silenzio, senza volerlo ha messo le basi per raccontarsi con tutto il suo stile. Con cuore, carattere, determinazione. Nel modo migliore, attraverso le storie di altri ed il respiro di una città come New York.

"Tre stop a New York"  si  può acquistare presso questi siti:

www.webster.it

www.libreriauniversitaria.it

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