Articles by: Simona Zecchi

  • Newark. Immigrazione. Foto che parlano. Emozioni d'inzio '900

    “Queste foto è come se parlassero attraverso le emozioni che trasferiscono e il potere che sembrano emanare. Sono foto di respiro intimo e mi piacerebbe che a chi le guarderà possa venire voglia di uscire fuori, stringere le mani alle persone e baciarle su entrambe le guance... alla maniera italiana!”.

    È la risposta che di primo acchito, la professoressa e ricercatrice della Seton Hall University Sandra Lee, dà a una delle nostre domande. Una risposta semplice all’apparenza ma che, proseguendo con la chiacchierata, rivela tutta la sua profondità.

    La mostra di cui vi parliamo raccoglie una selezione di foto precedentemente pubblicate in un suo libro Italian Americans of Newark, Belleville, and Nutley, (Arcadia Press) esposte dal 29 ottobre al 6 novembre presso l’atrio del Consolato Italiano di Newark (One Gallery, One Gateway Center, Newark, NJ). Potete visitarla dalle 12 alle 2 del pomeriggio ogni giorno, in collaborazione con l’istituto di studi italiani Alberto dell’ateneo. L'ingresso e libero.

    All’apertura dell'esposizione, giovedì 29 ottobre, il console Andrea Barbaria ha conferito il titolo di Cavaliere Omri al cittadino Giuseppe Angiulli che emigrò nel New Jersey nel lontano 1959 e da semplice carrozziere di auto sportive e antiche creo una grande e fiorente attività per cui è tutt’ora noto nell’area. L’onorificenza è stata consegnata in nome del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.  

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    Com’è iniziata quest’avventura, com’è nata l’idea di curare una mostra su immigranti italiani e italo americani?

    “Alla presentazione del mio primo libro, presso la Seton Hall, la Galleria Walsh ospitava una piccola mostra di fotografie dal titolo “Growing up Italian” (“Crescere da italiani”). Questo fatto fu un primo suggerimento concreto, tuttavia l’idea era già latente in me dal momento in cui cominciai a raccogliere fotografie e scatole di album da chi era disponibile.  

    La collezione originariamente selezionata per il libro ammonta a più di 1000 fotografie e quelle da me scelte si riferiscono a ritratti dei primi immigrati italiani o dei loro familiari del 1900.  

    Ho una passione antica per le foto d’epoca e ho sempre immaginato di poterle avere a grandezza naturale. In ogni caso da molti anni colleziono foto e le scannerizzo, ascolto storie delle persone e dei loro familiari, ecc. Me ne occupo dunque in mille modi; attraverso la scrittura, vivendo nelle stesse zone con le loro famiglie e respirando il loro mondo. In realtà Andrea Barbaria, il console italiano di Newark, ha avuto per primo l’idea di vedere le foto esposte alla One Gallery”

    Perché il titolo ha una doppia intestazione, italiani immigrati e poi italo americani?

    “Il corpo centrale su cui volevo basarmi nel curare la mostra era quello degli immigranti originari e le loro famiglie – infatti spesso figli e nipoti non erano degli immigrati ma semplicemente degli italo americani. Per questo ho voluto allargare il contenuto dei soggetti.” 
     

    Si è avvicinata a questi argomenti a livello puramente accademico e culturale o in ragione di una sua vicinanza alla cultura ed eredità italiane?

    Le ragioni sono duplici: infatti sono di origine italiana da parte di mio padre. I miei nonni , Giovanni Lea and Margherita Demangone, emigrarono a Latrobe nel 1910, un’area rurale della Pennsylvania occidentale. Mio padre poi aveva un piccolo teatro nella Little Italy di Erie, sempre Pennsylvania, la città in cui sono nata e cresciuta. Negli ultimi 10 anni ho lavorato molto sulla storia della mia famiglia, in più recentemente con mio marito ho visitato Mercenasco, a Nord di Torino, dove ho portato mio padre e dove sono nati i suoi genitori. Qui siamo stati ricevuti con estrema gentilezza e ospitalità passando da una casa a un’altra e da un piatto a un altro!  

    D’altra parte, i miei studi presso l’istituto italiano Alberto e il mio continuo ascoltare storie di immigrati hanno fatto sì che  anche la mia curiosità professionale fosse sempre più stimolata.”

    C’è da parte dei giovani italo americani del New Jersey e le aree circostanti dell’interesse verso la storia e la sua conservazione? Le istituzioni o la comunità italo americane fanno qualcosa in questo senso per stimolare il loro interesse?

    “Questa è una domanda molto interessante. Molti giovani ultimamente sono sempre più coinvolti nelle organizzazioni come la UNICO (www.unico.org), l’associazione di servizi italo americana più grande degli Stati Uniti. Inoltre, un gruppo di studenti di un liceo locale assisteranno alla mostra con la loro insegnante e di recente la Commissione per il Patrimonio Italiano del New Jersey (www.njitalia.nj.gov) ha creato un eccellente modulo di studi per l’insegnamento della cultura italiana e la sua conservazione. Soprattutto, però, credo che costituisca una sfida concentrarsi maggiormente sui nostri giovani e il loro futuro, mantenendo questo legame con la memoria storica e l’identità italo americane. E mostre di questo tipo fungono da fortissimo stimolo per loro.”

  • Franco Nero a New York. Cinema e solidarietà

     Colpisce subito l’atteggiamento modesto di Franco Nero, pseudonimo di Franco Speranero, nonostante la fama che lo accompagna.

    Classe 1941, Franco Nero ha vinto fra l’altro nel 1968 il Premio David di Donatello come migliore attore protagonista ne “Il Giorno della Civetta” ma è molto noto anche per altri film importanti, alcuni di questi diventati cult, come “Django” di Sergio Corbucci del cosiddetto filone “Spaghetti western”.

    Lo scorso martedì all’’Istituto di Cultura italiano di New York Franco Nero, introdotto dal Direttore Renato Miracco, ha presentato il film “Mario il Mago”, uscito in Italia nel 2008 e ambientato in un piccolo villaggio ungherese dopo la caduta del muro di Berlino.

    Il lungometraggio racconta un momento storico particolare. Quello vissuto nei Paesi dell’Est quasi inebriati dall’arrivo del capitalismo. 

    In questi posti anche molti italiani aprivano imprese a basso costo sfruttando la manodopera locale. Tra questi il protagonista di “Mario il Mago”, un uomo affascinante che ammalia tutti con le sue promesse di libertà.

    In realtà, quella che si racconta nel film è una storia al femminile che prende spunto da un fatto realmente accaduto, come ci ha confermato lo stesso Nero.

    Le donne del villaggio vedono in Mario, ma prima di lui nell’altro imprenditore Gerardo, la possibilità di un lavoro al di là degli obblighi domestici e uno stimolo all’emancipazione.

    Nonostante i toni da commedia, il pubblico assiste al dramma di una donna, Veronica, nominata responsabile di un reparto. Anche lei ammaliata da Mario, fino al tragico epilogo.

    Subito dopo il film un momento importante che ha visto l’attore presentare un documentario girato in Abruzzo nei luoghi del recente terremoto, come preludio a un nuovo film prossimamente in uscita in Italia, “Angelus Hiroshimae”, girato prima del terribile evento naturale negli stessi luoghi.

    Il corto, accompagnato dalle musiche di Ennio Morricone e sostenuto dalla Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila, ha mostrato i luoghi simbolo del sisma del 6 aprile, come ad esempio i vicoli del centro storico, la basilica di Santa Maria di Collemaggio, Piazza Duomo e il Teatro Comunale.

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    Al termine abbiamo scambiato alcune battute con Franco Nero. Ci ha parlato del suo lavoro, dei prossimi progetti e dei motivi per cui si trova a New York.

    Perché presentare “Mario il Mago” qui a New York?

    “Mario il Mago è soprattutto una storia di donne in un luogo in cui la modernità e la faccia più buia della democrazia, il capitalismo, ancora non sono arrivati.   Gli abitanti del villaggio si illudono e più di tutti le donne, che sentono il doppio stimolo dell’emancipazione e di una maggiore femminilità con l’acquisto di abiti e trucchi. È una storia che ha un significato importante anche qui, fa riflettere”

    Il documentario sull’Abruzzo anticipa, come ci ha accennato durante la presentazione, l’uscita imminente di un film girato in Abruzzo. Ci può dire qualcosa di più?

    “Angelus Hiroshimae, dal punto di vista cinematografico rappresenta per me una sfida, con l’assenza di dialoghi, rumori suoni e musica. Il film che vedrete è in realtà un grande sogno di un uomo che perde il figlio in un incidente stradale.

    Il ragazzo giapponese, l’attore Kyojiro Ikeda, è l’angelo alato presente in tutto il film che rimanda alla passione per il Giappone del figlio perso. È un film dai risvolti psicologici complessi che passa al setaccio il dolore di un uomo per la perdita di un figlio e le azioni che questi potrebbe commettere anche in nome della perdita che ha subìto. Il film uscirà a breve in Italia e il documentario che avete visto, girato dallo stesso regista del film, Giancarlo Planta, probabilmente lo accompagnerà, anche se ancora modi e tempi non sono stati stabiliti.”

    Lei si trova a New York in compagnia di sua moglie, l’attrice Vanessa Redgrave: avete dei progetti lavorativi in comune che vi hanno portato qui?

    “Si infatti sono a New York anche per un’altra ragione: mia moglie, l’attrice Vanessa Redgrave, si è esibita  il 27 ottobre alla St. John’s Cathedral di New York.

    Uno spettacolo di beneficenza, “The Year of Magical Thinking”, scritto da Joan Didion e diretto da David Hare, per i bambini di Gaza e del Sud d’Israele dopo il recente conflitto. I ricavi saranno gestiti dall’UNICEF e dalla United Nations Relief and Works Agency (UNRWA). Uno spettacolo importantissimo per assistere questi innocenti con l’unica colpa di essere nati in territori nemici tra loro”.

    “Insieme alla Redgrave, poi,  ho da poco girato un altro film che uscirà nel 2010 e sarà ambientato a Verona e in Toscana, “Lettere a Giulietta”, con Amanda Seyfried, Vanessa Redgrave, Gael Garcia Bernal. La pellicola è basata sul romanzo Lettere a Giulietta, scritto a quattro mani da Lise e Ceil Friedman, ispirato alle lettere indirizzate a Giulietta Capuleti, che ogni anno arrivano da parte degli innamorati di tutto il mondo.”

    L’attore ha sempre progetti collegati agli Stati Uniti come l’ultimo copione dal titolo “The Secret Lies Within”, quasi una rivelazione durante l’intervista. Ma l’emozione più grande sotto il profilo artistico l’ha sicuramente provata quando nel 2000 è stato diretto dal figlio Carlo Gabriel Nero, ne “L’Escluso”.

    Cosa significa essere diretti dal proprio figlio; che tipo di esperienza avete condiviso?

    “Noi attori siamo come degli avvoltoi:  se un regista non sa quello che vuole prendiamo subito il sopravvento; mio figlio appartiene all’altra schiera ed è stato perfetto e bellissimo insieme essere stato diretto da lui”.

    Tanto cinema e impegno sociale per la coppia Nero-Redgrave suggellata da una importante dichiarazione professionale e umana che l'attore fa nei confronti del proprio figlio.

  • Art & Culture

    John Giorno's Hint of Sound Poetry at the John D. Calandra Institute

    Among the lectures hosted at the John D. Calandra Institute this 2009 semester,  we  attended to a special one on October 6th.

    The Dean of the Italian/American Institute, Anthony Julian Tamburri, claimed the importance  of these literary events  that strengthen the institute’s purpose, i.e. to foster higher education and deepen the understanding of Italian/American culture and heritage. 

    The Italian-American poet, born 1936 in New York, founder of the “Giorno Poetry Systems” Institute and considered an innovator in poetry as well as in performance, did not read his poems,  as a matter of fact. He sang them and performed them with the sound and musicality of his voice.

    Giorno created poetry in various forms for more then forty years: from traditional lyric poems to epic visual poetry, as well as audio poems and musical performances around the world. He collaborated with some important writers, poets and artists such as William Burroughs, John Asberry, Ted Berrigan, and Patty Smith
     
     

     Giorno’s performance from his new collection, “Subduing Demons in America-Selected poems 1962-2007” (Marcus Boon editions,  Berkley, CA 2008)  captured the audience, among which we could find other relevant writers and intellectuals of the Italian-American counterculture scene, such as George de Stefano and Gil Fagiani.

      As Giorno answered to one of our questions, the only poem of the collection that has some Italian references is “La Saggezza delle Streghe (Wisdom of the Witches)” – the Italian title is part of the poem too. Witches are present in his memories related to his land of origin back in Italy, the Region of Basilicata: “Hidden inside the fog and mists/were witches/each a secret to herself/…/They were happy to see us/…/Ugly and beautiful witches/increasing and magnanimous witches/…/are the outer displays of wisdom”.

    Other poems performed by Giorno were, “It’s not what happens but how you handle it”, “The Death of William Burroughs”, “Just to say no to Family Values”, “Thanks for Nothing” he wrote on his 70th birthday in 2006.

    Perhaps in Giorno’s provocative, innovative and  technological poetry (that he pioneered years ago even before the biginning of the digital era) it is interesting to note how some of the wisdom coming from Italy… can counterbalance both the internal and external American demons that are present in John Giorno’s art.    

  • Events: Reports

    "La Bella Lingua": Diane Hales Confesses her Love Affair With the Italian Language

    “Learning a new language is like growing a new head”. Quoting the beginning of the book “La Bella Lingua” (Broadway Book, New York, 2009 – Random House Division), Diane Hales’ work on the  beauty and importance of the Italian language, already gives us a hint of the message the author wants to hand down through her writing.     

    Diane Hales presented her “La Bella Lingua” at the Italian Cultural Institute on September 28 during an event organized in collaboration with the Italian American Committee on Education (IACE).

    The writer, one of the most published freelance journalists in the country, decided to write a book on the Italian language after having spent an enormous amount of spare time studying and researching on it. In fact, as she explained during the presentation, Diane started to fall in love with  the country, its history, food, people, and language no later than 1983 when she first went to Italy and could hardly say “Buongiorno” (Good Morning) or “Non parlo italiano” (I don’t speak Italian).

    Before Diane started talking with the students accompanied by their parents andteachers of the IACE,

    the Italian Consul Francesco Maria Talò said relevant words regarding the importance of learning a new language in order to achieve through it a consistent knowledge of a country's culture.
     

    He also stressed the importance of learning a language in specialized institutions such as schools or language institutes, since,  if approached in another, more "unofficial" way, the language learning process could become counterproductive and give the students an inaccurate perception of the culture it expresses

    Teaching Italian as well as other cultures and languages that we can find in this amazing city”, the consul continued, “is a very delicate task, filled with responsibilities for the future of the upcoming generations”.
     

    The fact that a writer from the West Coast was going to launch in the East Coast a book on the Italian language, which the consul also defined as a "love story", could imply a new starting trend. “Italian from now on will be seen as a cultural language too, and not only as an extra mean to enhance one’s professional career.”  

    The book focuses on the history of Italian through thematic chapters that cover every important aspect and step of the Country's history: from Dante who invented the modern Italian language, to art history, opera and the neo-realist film directors and actors such as Federico Fellini and Marcello Mastroianni. The chapter “How Italian Civilized the West” touches the most relevant moments of the Renaissance period and recounts about its more important exponents: Castiglione, Machiavelli, in fact, are described as the “manufacturers” of the most famous and commonly used Italian words, as for example the term galateo (etiquette) or, Machiavelli’s Il Principe (The Prince) that “served as a primer for those hungry for power and a survival manual for those trying to hold onto it”. 

    Her research led her to travel and visit the symbols of the Italian language cited in LA BELLA LINGUA such as L’Accademia della Crusca and the Società Dante Alighieri.  She met and became friend with many Italians working in the field during her trips and through them her love for the language was furtherly enhanced. 

    During our brief but interesting talk, Diane said that she never stopped loving the Italian language since she first bumped into it in 1983. Italian history and the richness of its dialects are the aspects that always enchanted her. “Every side of Italian gives another dimension to life!” She also thinks that the book might be of some interest to Italian readers too, as she received many letters from readers of Italian nationality. The Italian public has started seeing Italy and its idioms from a new point of view, in addition to the fact that by reading in English they learn new idiomatic expressions as well as the American jargon. It’s a cultural and linguistic exchange in which I truly believe”.   

    As even Berardo Paradiso, president of IACE, commented, the book is able to lead the readers to a “passeggiata della memoria ” a walk through old memories and the culture of Italy. He thanked the writer for having translated into words her love for the country. 

    The children took part to the debate asking her questions on how much she enjoyed writing the book or on her favorite places in Italy. Finally they performed a song together with the teachers. The lyrics were written by the Italian actress and singer Simona Rodano who was also present at the IIC.
     

     
    An Italian American student of IACE, Alessandro, told us how much he enjoys learning Italian,  while professor Josephine Maietta, one of the Officers of the Executive Board in IACE, talked with us about  the reason why she took the children at the Italian Cultural institute: “I   wished the children to be the protagonists of this event and I wanted to accompany  them in a wonderful ‘passeggiata’ throughout the centuries. "It is really important to insist on teaching Italian to children, even to those who are not of Italian descent, because that is the only way they have to understand Italy’s outstanding culture. I have been teaching Italian since 15 years now, and I can say that no one better than little children can assimilate language at an high level. It is a real satisfaction.”

    LA BELLA LINGUA, therefore, is paving the way for a practical use of the Italian language which has always been studied with passion and interest in the United States. 

  • New York. Valeria Parrella e la passione di scrivere

     È un doppio incontro quello avuto con la scrittrice italiana Valeria Parrella a New York.

    Il suo terzo libro (“Lo Spazio Bianco“, Einaudi 2008) acclamato già da critica e pubblico, è stato adattato dalla regista e sceneggiatrice Francesca Comencini e presentato  al 66° Festival del Cinema di Venezia.

     La scrittrice, in America per la presentazione dell’edizione inglese “For Grace Received” – (New York, Europa Editions 2009), è stata finalista al Premio Strega 2005 e vincitrice di numerosi altri premi letterari ottenuti alla pubblicazione del suo primo libro, la raccolta “Mosca più Balena” (Roma Minimumfax, 2003). Tra questi, il premio Zerrilli-Marimò a “Per Grazia Ricevuta”.

    Il premio viene assegnato ogni due anni a un’opera narrativa italiana, considerata particolarmente adatta a una pubblicazione in Nord America.Valeria è anche autrice di testi teatrali, come “Il Verdetto” (Bompiani, 2007).

    Abbiamo incontrato Valeria in una duplice occasione: l’incontro con gli studenti della “Scuola d’Italia Guglielmo Marconi” di New York e l’intervista a noi concessa proprio in occasione della pubblicazione inglese.

    Minuta, sembianze da ragazzina e una folta capigliatura riccia a fare da contrasto alla figura, Valeria stabilisce, sin dall’inizio con i ragazzi un contatto naturale.  Sono giovani  preparati a un dibattito sulla scrittura con una elevata preparazione linguistica, tra gli aspetti più rilevanti dell’incontro.

    Con la  sua passione per la lettura e la scrittura sin dall’infanzia, gli studi universitari, le esperienze lavorative, non sempre concilianti con i suoi obiettivi, le letture che hanno influenzato e segnato il suo percorso artistico sino all’approdo letterario del 2003,  Valeria ha saputo coinvolgere gli studenti, che hanno seguito con attenzione la lettura in italiano di un brano del racconto ‘Siddarta’.

    Presenti  la Preside della scuola, Professoressa Anna Fiore e alcuni docenti,  ne è nata una discussione che ha cancellato le barriere linguistiche e generazionali   in un interessante scambio di vedute tra ragazzi e adulti.

    La partecipazione ha coinvolto quasi tutti, anche i più timidi e ha regalato alla scrittrice un pomeriggio stimolante come lei stessa ha dichiarato più tardi.

    Tra le raccomandazioni della giovane scrittrice che sicuramente i ragazzi non dimenticheranno quella di "Dare retta alle proprie passioni e coltivarle senza tralasciare obblighi e ai doveri che ogni giorno vanno affrontati. Non aver paura di sognare"

     
    A SPASSO CON VALERIA...

    Abbiamo passato la nostra giornata con Valeria per le vie della città.  Tra treni in corsa e semafori da rispettare abbiamo toccato diversi punti attinenti alla sua scrittura, e ad alcuni temi che riguardano l’Italia e le donne.

    Le figure più rappresentate nei tuoi racconti sembrano essere in prevalenza quelle femminili. Il motivo risiede nel loro essere per te più interessanti rispetto all’uomo, o, più banalmente, in quanto donna l’approccio per te è più immediato?

    Come molti di noi, anche io ho un’ossessione tutta mia: le donne, soprattutto se single e con storie complicate alle spalle che però non corrispondono affatto alla mia personalità e al mio background. Sono una persona molto legata agli uomini che fanno parte della mia vita e alla famiglia: il padre del mio bambino (Valeria ha un figlio di 3 anni, ndr), mio padre, il mio uomo. C’è anche un duplice aspetto che si riferisce a una maggiore presenza femminile, rispetto a quella maschile in quest’era, e al ruolo attuale della donna che, secondo me, ha bisogno di ridefinirsi.

    Il “Publisher Weekly” oltre a paragonarti a Margaret Atwood (scrittrice canadese) ha definito il tuo approccio alla scrittura appunto femminista. Ti riconosci in questa definizione e nel paragone anche stilistico con lei in quanto all’utilizzo dell’ironia?

    Io non sono femminista, bensi ‘femminile’. Certo mi schiero dalla parte delle donne in situazioni esasperate di condizioni di inferiorità o di violenza gratuita, come in alcuni paesi purtroppo succede. Tuttavia non mi riconosco in quei termini rispetto al significato storico e non più attuale di oggi.

    In quanto all’uso dell’ironia… Si, è vero, utilizzo questo mezzo a mo’ di salvagente contro i macigni   che ci piovono addosso. Un modo per addolcire la realtà.

    Secondo te oggi in Italia qual è il ruolo della donna?

    In questo momento purtroppo l’unica immagine che conosciamo della donna nel nostro paese è di carattere superficiale. Il suo aspetto fisico sembra contare di più e in maniera umiliante soprattutto nella concezione del nostro attuale Presidente del Consiglio. Inoltre, le donne oggi devono dimostrare di più dell’uomo e affrontare più difficoltà nella gestione di una carriera, una famiglia. Situazione questa che va al di là dell’odierna situazione politica: c’è ancora una forte divisione dei ruoli tra uomo e donna.

    In uno dei tuoi racconti, “La corsa” viene rappresentato un aspetto che riguarda certi tipi di donne e in particolare al Sud: le donne di Mafia cui si rivolge spesso anche Roberto Saviano.

    La similitudine dei tacchi a spillo che utilizzo nel racconto si riferisce a un atto di liberazione che la protagonista adotta verso la fine, togliendosi appunto le scarpe con i tacchi. Quei tacchi che lei utilizza come arma di difesa contro il mondo in cui ha scelto di vivere e di cui è complice. Non uscirebbe mai senza quei tacchi soprattutto in certi frangenti al limite della legalità perché le danno forza, determinazione e anche una certa autorità, almeno nel suo modo di pensare. È una tecnica che ho utilizzato per rappresentare un aspetto che riguarda appunto le donne di mafia.

    Secondo la definizione dello scrittore polacco-tedesco Günter Grass nel libello “L’etica dello scrittore”, esistono alcuni autori che si ergono ad unici redentori di certe situazioni alla stregua di scrittori o buffoni di corte. Sei d’accordo con questo tipo di definizione e se no, qual è secondo te il ruolo dello scrittore?

    Lo scrittore, come dicevamo anche durante l’incontro a scuola e come ha rilevato la preside Anna Fiore, arriva sulla realtà con un‘altra luce, un’altra prospettiva piu sghemba rispetto agli altri usi della scrittura (il giornalismo, la storia, il reportage sociale). E sono d’accordo con l’obiezione di Grass, che sempre nel libello parla della tendenza di alcuni di questi scrittori ad autodefinirsi “scrittori impegnati”: è una ridondanza che non aggiunge nulla al suo ruolo; lo scrittore è per forza di cose impegnato.

    Il tuo ultimo libro, “Lo Spazio Bianco” edito da Einaudi nel 2008, in cosa si differenzia dagli altri tuoi racconti? Questa volta hai usato un genere diverso, il romanzo: perché?

    Come ho anche affermato durante l’incontro con i ragazzi, io rifuggo dalla rigida divisione dei generi latterari. Scrivo storie… e in questo caso mentre scrivevo ho sentito la necessità di dare maggiore respiro a questa particolare storia. Non è un romanzo, nel significato che di solito gli si dà. Ne “ Lo Spazio Bianco” tutto è incentrato su un unico personaggio, Maria un’insegnante delle scuole serali, che affronta un tempo d’attesa per la sua bambina nata prematura. Tutto si svolge in un ospedale e il colore, che ha la sua importanza nel racconto, è riferito appunto alla stanza d’ospedale e all’incubatrice (bianca) in cui si trova la bambina. Questo differenzia anche il libro dagli altri racconti piu sanguigni e ambientati nella vivace Napoli. 

  • Life & People

    A Tribute to Love


    Her audience refer to her as "Italy's Voice of Love"  The performance that we covered, at the Dicapo Theatre on September 24th, is part of a series of events set to preface Giada's first performance with PBS (Public Broadcasting Service).  PBS will film a performance that follows the footsteps of this promotional series but this time with a much bigger line-up.  In fact, Giada will perform in a more spacious theatre (the name has yet to be announced), and with a 14-piece orchestra to expand her musical performance.  The show also foreshadows a video in the works about Giada's life -- the special will be aired in mid-2010.


    In "Tribute to Love," (referring to all of the various forms that love can take in our lives) Giada retraces the soundtracks of famous films such as "Speak Softly Love," from "The Godfather" and "More" from "A Dog's Life."


    A few famous and timeless Italian songs such as "Mamma" or "Caruso" are similar to those from her new CD "And I l Love You So" (It's Impossible," "Cinema Paradiso," or "First Time I Ever Saw Your Face") and have caused a 'state of the heart' melody with both soft and vibrant tones.


    Every song introduced by the singer had a brief anecdote about her life: in this way the audience was able to bring themselves closer to her personal experiences.


    Musical director A.T.N. Stadwijck, and formally with Harry Belafonte, together with musicians Obed Calvaire, Saadi Zain, and Riccardo Vogt were all talents that accompanied Giada Valenti, which added an elevated artistic quality and deeper human connection within her music.  Due to this, her audience, even those fans of Giada for years, established a familiarity and appreciation for her from the beginning of the performance.


    The interpretation of the classic hit "Piece of My Heart" the song partially reveals her drive to emigrate to the United States five years ago and the experiences that left her extremely hurt.  Nevertheless, she reached success, gathered experience, along with the natural effects of living in New York, all seemingly coming together to heal her wounds, as it is implied in the song "It's My Life," which she wrote herself.


    Giada came to the Big City with RCA, which led to her debut in New York after she sent them her demo.


    "Regarding the Italian singers that have influenced me," says Giada into the microphone, "definitely Gino Paoli, Ornella Vanoni, and Mina."  "Regarding American singers on the other hand," continued Giada, "Barbara Streisand is my favorite."

    "In America, then, my musical path was quickly influenced by typical American acoustic jazz, but never left out the melodic Italian elements."


    Giada defines Italian music and melodies as universal tools of communication with the ability to overcome linguistic barriers and connect both geographically distant people and tastes to each other.


    "The relationship with the public," Giada continues, "also happens through the modern means that the internet allows for, such as Facebook, e-mail, which all create constant and direct interaction between people."


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    Giada Valenti's upcoming
    show will be held on October 30th at 8 PM at Queens Theatre right in the Park.  For tickets visit www.queenstheatre.org or call 718 760 0064

  • Legalità e musica. Incontriamo i Sun

    Nell’ambito delle numerose iniziative di cui l'ANFE, Associazione Nazionale delle Famiglie Emigrate siciliana,  si è fatta fautrice anche il merito di aver portato con la musica “a touch of different Sicily” nelle comunità italo americane.

    Un ‘esperimento’ significativo perché in qualche modo cerca di rompere con i vecchi schemimusicali e culturali del sud in genere e di catturare anche l’attenzione delle nuove generazioni.

    Dunque al seguito della delegazione due gruppi siciliani: Roy Paci con gli Aretuska ed i Sun.

    Chiacchieriamo con i SUN per cononoscerli di più poco prima dell’ultimo concerto presso il Felician College nella cittadina di Lodi, New Jersey.

    Dario Sulis, Alessandro Palacino e Diego Spitaleri, rispettivamente voce e percussione, fiati e tastiere, hanno scelto il Sole per identificare il loro gruppo e il loro progetto musicale. Durante il concerto in Nj sono stati affiancati da altri due musicisti alla fisarmonica e al mix: Amedeo Fragapane e Roberto Di Girolamo.

    Domanda di base! Perché avete scelto il nome SUN? Si, il sole va bene ma poi?!

    “Nasciamo come trio e dunque la parola formata da tre lettere bene ci rappresenta; anche riguardo al tipo di musica che inizialmente suonavamo: molto solare che richiamava i colori, i suoni e i profumi della nostra terra, la Sicilia. Questo nome ci ha convinti da subito!”       

    Ecco ci siamo.. In che modo nascono i Sun qual è il genere musicale che fa la vostra cifra e, se si, come questo si è evoluto?

    “Dallo scioglimento di un’orchestra più grande in cui suonavamo tutti noi. Da quel momentotra di noi è nata una speciale sintonia, un discorso comune bel al di là della condivisione musicale. Anche le nostre storie personali in qualche modo ci accomunavano. Con Dario poi, cresciuto musicalmente con il genere folk di Rosa Balestrieri, grande voce folk siciliana, c’è stata un’ulteriore condivisione, quasi un innesto!”

    Dario: “In realtà non provengo proprio dal folk. Ho iniziato il mio percorso musicale con il rock da ragazzo poi nei cori insieme a Rosa, che gradualmente ha saputo valorizzare la mia voce e spingermi a cantare da solista.”

    Alessandro: “Per noi è stato come contaminarsi a vicenda... Diciamo che il folk ha dato al nostro discorso iniziale più ragionato, più colto il tocco essenziale dell’improvvisazione e del ricorso al ‘popolare’.”

    Insomma, contaminazioni di generi e comunità di visioni musicali la vostra`caratteristica! Ma a proposito di folk, di popolo: come avviene il mix nella vostra musica?

    “Il 50-60 % del nostro lavoro”, continua Alessandro, “si basa sulla rivisitazione dei canti popolari. Il nostro ispiratore, ‘colto’ invece è Alessandro Scarlatti, compositore barocco siciliano la cui scuola è poi sfociata in canto lirico”

    Diego:” Si, ad esempio in un suo brano abbiamo visto che alcune voci del dialetto andavano bene e abbiamo unito le due cose.”

    Alessandro: “Esatto. Poi la commistione in generale viene da sé casualmente, in un certo senso siamo noi che seguiamo la musica e non viceversa: lei va da sé.”

    Come si colloca in tutto questo il voler trattare di temi sociali, quali l’immigrazione, la lotta alla Mafia, ecc.?

    “La Sicilia è una  terra di frontiera e la musica siciliana sebbene più sottovalutata rispetto a quella napoletana, è più corposa grazie anche alle varie influenze che col passare dei secoli abbiamo avuto.. Dagli Emirati Arabi, all’Impero Spagnolo, poi francesi, inglesi.. Dall’altra parte invece le culture greca e bizantina. Tutto questo ci ha trasformati e per noi l’immigrazione passata e futura ha un peso importante e spesso positivo.

    Inoltre anche i temi più delicati come quello della Mafia siamo riusciti a trasferirli in paesi come quelli del Nord Europa dove certi stereotipi purtroppo restano facili. Abbiamo cantato, arrangiandola “La Ballata di Beppe Fava” (testo di Ignazio Buttitta e musiche di Rosa Balestrieri) ed è stato incredibile quanto il pubblico del Teatro Ibsen, dove abbiamo suonato nel 1996 ad Oslo, abbia apprezzato e compreso. Non era facile visto che il testo, come hai sentito, è in dialetto siciliano.”

    La sintonia del gruppo si nota anche durante l’intervista che vede alternarsi le loro voci e testimonianze senza sovrapporsi.     

    La domanda sorge spontanea però: qual è il motivo che spinge tutti i musicisti (dal Mediterraneo, all’Africa e i Paesi di lingua anglofona) ad incontrarsi qui negli Stati Uniti?

    “La Sicilia e il Mediterraneo in genere non hanno la stessa vastità geografica e di opportunità che invece caratterizza l’America. È quindi quasi naturale che tutti i generi, e prima di tutti il blues terreno comune, si incontrino e interagiscano.

    Qui a New York, e più precisamente in questi distretti minori il pubblico sa già cosa vuole dai gruppi musicali italiani. Qui le comunità italo americane sono ben radicate e legate al passato di un paese che invece muta continuamente. Quindi è stato importante mostrare i due lati della stessa medaglia: modernità e tradizione possono coesistere.”  

    Il concerto ha visto anche la partecipazione di Mauro Pagani a New York in questo periodo. Il musicista ha voluto mescolare generesamente la sua musica con quella dei Sun e poi di  Roy Paci, pur mantenendo la sua unicità. Abbiamo assististo a momenti di autentico trasporto musicale.

    Unica doverosa annotazione: la scarsa partecipazione di pubblico ai loro concerti. Dobbiamo però al tempo stesso apprezzare la scelta dell'ANFE di portare queste proposte musicali fuori dalla 'facile' realtà newyorkese con lo scopo di raggiungere nuove audience. A Manhattan il sold out era certo assicurato.

  • Art & Culture

    "Bitter Spring": Understanding Ignazio Silone


    After presenting his new book around the world in several occasions, on October 1, 2009, Professor Stanislao G. Pugliese brought it before a wide audience at the Casa Italiana Zerilli-Marimò at NYU. Also participating was Maria Paynter, Professor at Hunter College, who assisted him in his research on Silone. They answered several questions from the public and from Prof. Stefano Albertini, Director of the Casa Italiana.

     

    The topic that especially interested the public was the case of Silone’s alleged role as a spy for the Fascist regime against the Communist Party. Considering Silone's multifaceted life and experiences, “why shouldn't we believe he was a spy?”, as someone in the public inquired. Professors Pugliese and Paynter explained that this last case broke out very recently, in 1996 (Silone died in 1978)”, and considering all the contradictions found even in the authentic documents that the Italian historians found regarding his “spying”, a more impartial judgment should be applied. Furthermore, it is Silone’s values and his contributions to history and society that are really relevant. During the event, information about many aspects of Silone’s life was offered by screening an interesting documentary by Italian journalist Giovanni Minoli from the RAI Television series “La Storia Siamo Noi.”

     

    Before the event at Casa Italiana, we had the opportunity to meet Stanislao G. Pugliese and discuss his book (an excerpt of this conversation is available in audio here.)

     

    “I didn't actually chose it; in a sense, it chose me” he said. It was upon accepting the 2000 Silone Prize for his book “Carlo Rosselli: Socialist Heretic and Antifascist Exile” (Harvard College, 1999)—that Puglese realized that there weren't any biographies of Silone in English, and decided to write one himself.

     

     

    Bitter Spring: A Life of Ignazio Silone (Farrar, Straus and Giroux, New York 2009) gives a complex, all-round picture of  Ignazio Silone's works, values, and life. But it is intended as the work of an historian, not “just” a biographer. “In Italy, biography is not considered a high scholarly or literary form. In America, most people get their history from biographies. But I noticed that many biographies in America are 700, 800 or even 900 pages long.  The biographer throws in everything, including the kitchen sink, to ‘prove’ that they really really ‘know’ their subject. I am more modest: I do not claim to have written the ‘definitive’ biography of Silone nor do I claim to have solved the latest ‘caso Silone.’ But I also like to think that this is more than a biography: that in a way it is an homage to a lost world of peasant culture in the ‘Mezzogiorno’ that no longer exists.”

     

    Ignazio Silone was born Secondino Tranquilli in 1900 in the Italian region of Abruzzo; several of his novels are set in his hometown, Pescina dei Marsi, and are dedicated to the struggle of the Abruzzese peasants against landlords and officials. Secondino lost most of his family during the terrible earthquake that struck Abruzzo in 1915—a ‘bitter’ connection to what happened in the same region a few months ago (see the excerpt from his book Emergency Exit that i-Italy republished last April as a warning against what Silone called the “political calamity” that followed the “natural cataclysm.”) He became a writer only during his exile in Switzerland and after being expelled from the Communist Party.

     

    His three most famous  novels, Fontamara (literally “Bitter Spring”), Bread and Wine and The Seed  beneath the Snow—all set in Pescina—made Silone’s popularity soar abroad. In the 1930s and 1940s, he was the most popular Italian writer in the United States; in September 1937, the English translation of Bread and Wine beat out John Steinbeck’s The Grapes of Wrath as Book of the Month selection. In Italy, on the contrary, he was rejected by the literary establishments because both his subject and his style were not considered  “proper.”

     

    “Silone should be of interest to contemporary Americans for several reasons,” says Pugliese. Today, in the current ideological moment, it might indeed be beneficial for Americans to understand the life and work of a man who was hunted by the Fascists and hated by the Communists. The problem is, according to the author, that in America the facts contained in this biography could be viewed as too old, whereas in Italy, given the present political situation, they could be misinterpreted. Silone in fact, did abandon the Communist Party and even worked against it, but he always remained an anti-Fascist activist.

     

    And today, just as it happened several decades ago, the political controversies that made up the many “Silone affairs" do not allow his figure as a writer to come out properly, neither in his Italy nor in the United States.

     

    There are several “Silone affairs,” as Pugliese explains. “One is the scandal of his lack of recognition in Italy: why was Silone so well known and read abroad but disparaged by literary critics in Italy?” Another is the controversy about his alleged ‘spying’ for the CIA against the Communists. In reality in the 1940s he worked with the OSS (the Office of Strategic Service, forerunner of the CIA) to end Fascism and the Nazi occupation of Italy. Much later, in 1968, when Silone learned that the Ford Foundation was laundering money from the CIA to his journal Tempo Presente, he closed down the journal with much bitterness and sorrow.

     

    The latest “caso Silone” exploded in 1996, when Dario Biocca uncovered letters Silone had written to a police official in Rome in the 1920s. It is a controversial issue. “Although some of the letters were undoubtedly written by Silone, some are definitely written by someone else. There is also the question as to whether Silone was writing these letters to help his brother Romolo, arrested by the Fascists in 1928.” Even the case of his alleged homosexuality has been brought up, due to his relationship with Guido Bellone, a policeman working for the Fascists. However, Pugliese asserts: ”Dario Biocca and another historian have implied that it is possible that Silone was blackmailed… but there is no evidence of it; I think this is just speculation.”

     

    History's role is to connect interpretation to facts in order to separate distorting memories from good ones, and “personal memories can often  picture reality in different ways, as it happened in regards to Silone: both on the left or on the right, everybody had their own opinions about Silone.

     

    Thus Silone was and remains a controversial figure? His biographer’s conclusion is a resounding yes: “Even now, in Italy, on the right they praise him as someone who refused Communism without looking deeper into his refusal.”






     

    The next book signing and lecture will take place at the Huntington Book Revue (www.bookrevue.com), 313 New York Avenue, at 7 p.m. on October 28th






  • Columbus Day Parade: An Italian Day?




     
    Autumn was already at hand when the parade at Fifth Avenue started.
     
    NYPD barricaded the streets from 44th up to 60th along Fifth Avenue to protect all the Italian and Italian-American associations, groups, clubs and high schools parading in the celebration of Christopher Columbus Day on October 12th.
     
    Among the various organizations participating in the parade, there was the Sicilian delegation A.N.F.E. (Associazione Nazionale Famiglie Emigrate), also here for a series of symposiums and conferences related to Sicily and legal issues mostly regarding the Mafia.
     
    The Italian minister of Defense, Ignazio La Russa, was among the special guests of the parade led by Grand Marshall Kenneth G. Langone, co-founder of the “Home Depot” .

     
    He answered some questions from the various media present and confirmed the will to maintain the Italian presence in the annual event, notwithstanding the controversies on the meaning and righteousness of it. “In fact”, Minister La Russa declared, “this celebration unites Americans and Italian Americans the like,  even though it is important to take into consideration other forms of celebrating this day according to the changing of times.”
     
    Italian and American politicians enjoyed the parade too, i.e. Michael Bloomberg, Gov. David Paterson, and the General Attorney Andrew Cuomo. Whereas on the Italian side, besides from Ignazio La Russa, also attending were Senator Mirko Tremaglia, the Governor of the Campania Region, Antonio Bassolino and the Director of the Italian Trade Commission Aniello Musella.
     
    The various people we interviewed during the parade, families, groups, Italian tourists, Italian American citizens and American citizens, shared some common views on the meaning of the celebration, i.e. to maintain the unity of the Italian American community and make new generations proud of their Italian heritage.
     
    Among them, Jocelyn, 35, an elementary school teacher, fourth generation Italian-American, told us how her whole family (even the one from Italy) reunites every year for the celebration, taking the chance to visit New York as well. She also explained us that for many Catholic people this celebration has a double meaning since, in her opinion, Catholicism was brought to the United States thanks to Christopher Columbus.
    She understands the reasons why the late controversies on the historical meaning of the parade have shed clouds on it. “Anyway”, she said, “many Italian-Americans feel attached to it as a natural continuum to their origins.”

     
    Paolo, 27 year of age, member of the “Club Circolo Italiano”, the oldest language club of NYU, likes participating to the parade with his club and is especially proud of his origins on this occasion!
     
    Whereas, Concetta, 50 years old, who migrated to the Unites States 41 years ago together with her family, looks at the celebration as a fundamental opportunity  for both her and the Italian Community in New York to safeguard traditions and ethnical identity: “I’d never give it up, no matter what the latest controversies want to highlight”.
     
    However, not everybody likes the parade. The most critic were the Italians who stopped by while touring around the city. Carla, 45, told us that "this kind of celebrations does not help raising the image of Italians in America. The customes used, the decorations of the carriage, the music played...they represent an Italy that does not exist anymore, or that has never existed. Many interesting comments came also from our I-italy readers. Monica, as an example, said that  “there is nothing to celebrate about Columbus Day.” “Correspondence archives reveal Columbus as a treacherous man who for his own profit encouraged the Spanish crown to exploit the Americas and its inhabitants as subhuman beings…As descendants, we need to think of a more just name for this day, from a balanced and realistic perspective.” 
     
    Of course, Monica’s point of view probably reflects her level of education and willingness to reflect upon history in a critical way but it's still a different point of view that must be taken into consideration. However, we must say, her opinion clearly stands out from those of most  of the people who attended the parade waving the Italian flag, and the greatest part of them were Italian-Americans or Americans...fondly in love with Italy.


  • Events: Reports

    Columbus Day Parade 2009. Celebrating the (Italian) Discovery of America on 5th Avenue


    Autumn was already at hand when the parade at Fifth Avenue started.
     
    NYPD barricaded the streets from 44th up to 60th along Fifth Avenue to protect all the Italian and Italian-American associations, groups, clubs and high schools parading in the celebration of Christopher Columbus Day on October 12th.
     
    Among the various organizations participating in the parade, there was the Sicilian delegation A.N.F.E. (Associazione Nazionale Famiglie Emigrate), also here for a series of symposiums and conferences related to Sicily and legal issues mostly regarding the Mafia.
     
    The Italian minister of Defense, Ignazio La Russa, was among the special guests of the parade led by Grand Marshall Kenneth G. Langone, co-founder of the “Home Depot” .

     
    He answered some questions from the various media present and confirmed the will to maintain the Italian presence in the annual event, notwithstanding the controversies on the meaning and righteousness of it. “In fact”, Minister La Russa declared, “this celebration unites Americans and Italian Americans the like,  even though it is important to take into consideration other forms of celebrating this day according to the changing of times.”
     
    Italian and American politicians enjoyed the parade too, i.e. Michael Bloomberg, Gov. David Paterson, and the General Attorney Andrew Cuomo. Whereas on the Italian side, besides from Ignazio La Russa, also attending were Senator Mirko Tremaglia, the Governor of the Campania Region, Antonio Bassolino and the Director of the Italian Trade Commission Aniello Musella.
     
    The various people we interviewed during the parade, families, groups, Italian tourists, Italian American citizens and American citizens, shared some common views on the meaning of the celebration, i.e. to maintain the unity of the Italian American community and make new generations proud of their Italian heritage.
     
    Among them, Jocelyn, 35, an elementary school teacher, fourth generation Italian-American, told us how her whole family (even the one from Italy) reunites every year for the celebration, taking the chance to visit New York as well. She also explained us that for many Catholic people this celebration has a double meaning since, in her opinion, Catholicism was brought to the United States thanks to Christopher Columbus.
    She understands the reasons why the late controversies on the historical meaning of the parade have shed clouds on it. “Anyway”, she said, “many Italian-Americans feel attached to it as a natural continuum to their origins.”

     
    Paolo, 27 year of age, member of the “Club Circolo Italiano”, the oldest language club of NYU, likes participating to the parade with his club and is especially proud of his origins on this occasion!
     
    Whereas, Concetta, 50 years old, who migrated to the Unites States 41 years ago together with her family, looks at the celebration as a fundamental opportunity  for both her and the Italian Community in New York to safeguard traditions and ethnical identity: “I’d never give it up, no matter what the latest controversies want to highlight”.
     
    However, not everybody likes the parade. The most critic were the Italians who stopped by while touring around the city. Carla, 45, told us that "this kind of celebrations does not help raising the image of Italians in America. The customes used, the decorations of the carriage, the music played...they represent an Italy that does not exist anymore, or that has never existed. Many interesting comments came also from our I-italy readers. Monica, as an example, said that  “there is nothing to celebrate about Columbus Day.” “Correspondence archives reveal Columbus as a treacherous man who for his own profit encouraged the Spanish crown to exploit the Americas and its inhabitants as subhuman beings…As descendants, we need to think of a more just name for this day, from a balanced and realistic perspective.” 
     

    Of course, Monica’s point of view probably reflects her level of education and willingness to reflect upon history in a critical way but it's still a different point of view that must be taken into consideration. However, we must say, her opinion clearly stands out from those of most  of the people who attended the parade waving the Italian flag, and the greatest part of them were Italian-Americans or Americans...fondly in love with Italy.

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