Rifkin's Festival

Monica Straniero (May 08, 2021)
Girato nell'estate del 2019, a San Sebastien, Rifkin’s Festival, il nuovo film scritto e diretto da Woody Allen, nei cinema italiani dal 6 maggio, è disseminato di occasionali tributi onirici al cinema classico degli anni '60, da 8 1/2, a Jules e Jim fino a Persona, i cui registi, Federico Fellini, François Truffaut, Ingmar Bergman, hanno da sempre ispirato il lavoro di Allen.

Mort Rifkin (Wallace Shawn), si immerge in scenari cinematografici della vecchia scuola mentre sogna. È un professore di cinema degli anni '70 di Manhattan che accompagna Sue (Gina Gershon), sua moglie, ufficio stampa del cinema, al festival di San Sebastien. Il loro viaggio al Festival del cinema di San Sebastian, in Spagna, è turbato dal sospetto che il rapporto di Sue con il giovane regista suo cliente, Philippe (Louis Garrel), oltrepassi la sfera professionale.

Rifkin non ha intenzione di guardare alcun film durante il suo soggiorno nella città spagnola. E ‘un vecchio disincantato che afferma che i film al giorno d'oggi non sono abbastanza rischiosi o sinceri che ne fanno meritare la visione. Il suo matrimonio è in crisi ma invece di tentare di recuperare il rapporto con la moglie, sceglie di distrarsi con una bellissima dottoressa sulla trentina di nome Jo (Elena Anaya). Si innamora follemente di lei, che intanto è impegnata in un matrimonio orribile con un artista più anziano e emotivamente instabile, Paco (Sergi López).

La fase post-MeToo della carriera di Allen non è stata particolarmente fortunata per il regista americano, inserito nella lista nera dell’industria cinematografica degli Stati Uniti. La buona notizia è che Allen continua a fare film di qualità. Le sequenze da sogno sono infatti il momento clou del film in quanto consentono ad Allen di rendere un amichevole omaggio ai suoi registi preferiti.

Un enorme contributo al successo del film dipende dall'ottima interpretazione di Wallace Shawn, amico di lunga data al quale Allen non può imporre tic o movimenti simili ai suoi, e dalla splendida fotografia di Storaro, capace di delineare solitudine e pretenziosità in colori pastello, la pedanteria e la profonda umanità del protagonista. Gina Gershon, con la sua travolgente sensualità, acuisce l'asimmetria con l'assenza di fascino di suo marito, e ringraziando il cielo Elena Anaya è sfuggita agli stupidi tratti da gallina che Allen ha recentemente associato al fascino femminile. Tuttavia, il rapporto tra l’affascinante cardiologa e Rifkin sembra più forzato che naturale, ma potrebbe anche funzionare come tributo alla filmografia di Allen, in particolare ad uno dei suoi ultimi successi come Vicky Cristina Barcelona.

Rifkin’s Festival è comunque un'opera minore, un candido omaggio alle sue passioni cinefile di ottuagenario che si percepisce (ed è diventato, per molti versi) un emarginato.

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