Tra il Vaticano e Belzebù. Vita e morte di Andreotti, icona del potere

Gennaro Matino* (May 07, 2013)
Un grande personaggio che ha attraversato la storia recente per più di mezzo secolo, mai banale ed effimero, Giulio Andreotti, scomparso il 6 maggio a Roma, sicuramente può definirsi, a ragione o a torto, un protagonista del '900 italiano, e non solo. I giudizi su di lui sono e saranno sempre divisi, tra chi lo considerava principio del male e chi a destra e a sinistra lo avrebbe ritenuto l’unico vero statista moderno del paese.

 E’ morto Giulio Andreotti. Una bara semplicissima, di legno chiaro, lo ha consegnato alla terra. Aveva 94 anni, la maggior parte dei quali spesi nella vita politica, e per come è stata trattata la notizia della sua morte su tutti gli organi di comunicazione nazionale e internazionali, non era un politico qualunque. 

Un grande personaggio che ha attraversato la storia recente per più di mezzo secolo, mai banale ed effimero, Andreotti, sicuramente può definirsi, a ragione o a torto, un protagonista del '900 italiano, e non solo. Una personalità polivalente che tuttavia è diventata agli occhi degli amici e degli avversari un’icona del potere, quasi un personaggio shakespeariano “il cui rapporto con il potere, e i poteri, che hanno segnato la sua vita, ne fa un soggetto e artefice, della storia, le cui azioni hanno condizionato nel bene e nel male la vita del Paese e dei cittadini” (ASCA). 

Ci sono uomini che aspirano a posti d’onore, altri che godono della ricchezza economica o della popolarità, c’è invece chi teorizza la felicità nella capacità di vivere e servire il potere. Per questi individui il potere è la capacità relazionale che permette a un attore sociale di influenzare asimmetricamente le decisioni di altri attori sociali in modo tale da favorire la volontà, gli interessi e i valori dell'attore che esercita il potere. Per questo Andreotti amava ripetere: “Il potere logora chi non ce l’ha”.

Andreotti è stato l’unico politico italiano ad anticipare i tempi, a diventare egli stesso tempo e avvenimento. E’ stato una leggenda ancora da vivo e come tutte le leggende ha determinato differenti giudizi e esegesi interpretative sulle sue scelte e decisioni. Giudizi sempre divisi tra chi lo considerava principio del male, e per questo lo avrebbe chiamato Belzebù, e chi a destra e a sinistra lo avrebbe ritenuto l’unico vero statista moderno del paese. 

Sette volte presidente del Consiglio e un’infinità di volte ministro o sottosegretario, si disfacevano e rifacevano i governi, tutto cambiava nei palazzi, ma una poltrona per il Divo non sarebbe mai mancata. Si rapportava con i potenti della terra con modestia e fierezza, sapeva ridere di se stesso e del mondo, ma non tutto può considerarsi trasparente del suo percorso o meglio non tutto è stato chiarito. 

Schivo del suo privato, come si conviene ad un vero leader, attento analista delle trasformazioni della storia, mai protagonista delle cronache rosa, di certo ne hanno parlato quelle giudiziarie. Dal caso Pecorelli, che lo voleva mandante dell’omicidio del giornalista perché in possesso di dossier scottanti a detta dell’accusa che avrebbero potuto collegarlo i alla strategia della tensione o a trame oscure, all’ultimo processo che lo ha visto imputato di collusione mafiosa, da cui ne è uscito assolto, con l’ambiguità di una sentenza che non lo scagiona. Ma non scappò dai giudici, come Craxi, e non si difese dai processi, come Berlusconi.

Uomo di stato e di fede, fai fatica ad immaginarlo pronto a baciare mafiosi se ogni giorno, iniziava la sua giornata partecipando alla messa. Fai fatica a non pensare che, se fosse vero, la stessa vita politica italiana sia stata una tragica commedia. Col Vaticano ebbe rapporti strettissimi, fu molto amico di Papa Pacelli. A questo proposito è stato affermato che per anni ha vissuto come se fosse un segretario di Stato Vaticano permanente. 

Ora il giudizio rimane alla storia ,molto c’è ancora da capire di una vicenda che in Andreotti racconta la storia orgogliosa e travagliata di un’Italia che dalla seconda guerra mondiale e dalle sue macerie riuscì a ritrovare fierezza per poi lentamente ricadere nel declino. C’è ancora molto da riflettere ma nel frattempo, amici ed avversari, dovranno conservare il sentimento di pietà che è dovuto al rispetto della morte. 

* Sacerdote, saggista e docente di Teologia a Napoli

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