Addio a Lucio Dalla, grande voce della musica italiana
La notizia si sparge rapida a metà mattinata e immediatamente su media e web la morte di Lucio Dalla innesca un viaggio nella memoria collettiva fatto di nostalgia e ricordi. E’ una giornata molto triste per la musica italiana: con Lucio Dalla se ne va non soltanto uno dei più grandi cantautori della musica popolare italiana, ma anche un artista a tutto tondo, un talento innato con un curriculum di tutto rispetto, animato dal desiderio di sperimentare, duettare, divertirsi, scoprire nuovi talenti.
E’ soprattutto una giornata triste per ognuno di noi cresciuto con le sue canzoni. Con Dalla se ne vola via un altro pezzo di cuore della nostra Italia, oltre che una parte di noi, della nostra giovinezza. Una grande tristezza assale tutti coloro che associano le canzoni di Dalla a momenti della propria vita, che le hanno cantate con gli amici, che le hanno condivise con i propri figli. Sono canzoni che non moriranno mai perché parlano di noi, dei nostri sentimenti, della nostra storia, di vicende piccole e grandi, personali e collettive, canzoni che tutti continueranno a cantare.
E sulle note dei successi di Dalla, che dall’annuncio della morte imperversano sui media, parte l’onda dei ricordi che va indietro nel tempo, fino ad arrivare all’esordio ufficiale al Festival di Sanremo del 1971, un Sanremo ancora in bianco e nero, intriso di musica “ye-ye” frutto dell’onda lunga degli anni Sessanta appena finiti. Tutti noi, abituati allo stereotipo del cantante belloccio, spesso urlatore, maestro nel proporre in tutte le salse la combinazione “cuore-amore”, rimanemmo spiazzati davanti a quell’omino buffo, irsuto, col basco in testa, che cantava la poesia in musica di “4 Marzo 1943”. Una melodia struggente faceva da sottofondo ad una canzone poco sanremese che narrava la storia di una ragazza madre, un testo a tratti crudo ma tanto reale, che mostrava l’esistenza di un’Italia diversa, lontana da quella “istituzionale”, perbenista, cattolica e democristiana. Il testo della canzone di Dalla creò parecchi sussulti e fece scattare l’inevitabile (al tempo) censura, a cominciare dal titolo.
Infatti l’idea originale, “Gesù Bambino” era considerata blasfema nell’Italia di allora. Ecco quindi la soluzione alternativa di prendere la data di nascita di Dalla, 4 Marzo 1943, ed usarla come titolo. La censura si abbattè, inesorabile, anche sui versi della poetessa Paola Pallottino e “i ladri e le puttane” diventarono “la gente del porto”. Eppure la maggior parte degli italiani capì, si intenerì e si affezionò alla storia di “4 Marzo 1943” che ottenne un insperato terzo posto. Lucio Dalla tornò a Sanremo l’anno successivo con “Piazza grande”, un’altra canzone fuori dagli schemi abituali, un elogio della libertà estrema dei clochard e la celebrazione della piazza più importante della sua città, Bologna.
Tra i ricordi in bianco e nero di noi adulti di oggi e bambini di allora resta la sigla del programma per ragazzi “Eroi di cartone” del 1972. Indelebile è la voce del grande Lucio che in “Fumetto” rievocava in chiave jazz i nostri beniamini: Nembo Kid, Asterix, Charlie Brown, Snoopy danzavano davanti ai nostri occhi sognanti, in una melodia semplice e accattivante. Da Sanremo in poi la carriera di Lucio Dalla prosegue e dà un notevole contributo all’innovazione della musica d'autore italiana. Basti pensare ai dischi in collaborazione col poeta bolognese Roberto Roversi, permeati di impegno politico, alla sua continua sperimentazione, ma anche al suo non essere un artista chiuso in se stesso, anzi, sempre pronto a collaborare, a confrontarsi con linguaggi musicali differenti.
Il 1977 è un anno chiave nella carriera di Lucio Dalla che diventa cantautore a tutti gli effetti, firmando testi e musica dell’album “Com’è profondo il mare” che segna anche il passaggio a temi meno politici e più personali, a volte irriverenti, come in “Disperato Erotico Stomp”, racconto divertente e divertito di passioni leggere e irrefrenabili. Fino ad arrivare al 1979, anno dell’exploit di “Lucio Dalla”, album che resterà nella storia della carriera del cantautore bolognese e nelle piccole storie di tanti diciottenni di allora che non smettevano di ascoltare e cantare “L’anno che verrà”, un vero e proprio inno delle giovani generazioni di allora, oppure la tenera “Anna e Marco” e ancora “Cosa sarà”, primo duetto che anticiperà la collaborazione con Francesco De Gregori in “Banana Republic”.
Quest’ultimo album documenterà un tour di grande successo attraverso gli stadi italiani dei due cantautori insieme a Ron, altro storico collaboratore di Lucio Dalla. Come non ricordare la scanzonata “Ma come fanno i marinai”, ennesimo hit firmato da un Dalla in piena vena creativa? Dopo “Banana Republic” arriva un momento di stasi, si chiude una fase della carriera musicale di Lucio Dalla, fino ad arrivare al 1986, anno di “Caruso”, successo planetario, ripreso da Luciano Pavarotti e inciso in una trentina di versioni in tutto il mondo.
Un brano dedicato al tenore Enrico Caruso che con gli anni è diventato una sorta di inno nazionale alternativo all’estero, uno dei brani più amati la cui melodia larga, evocativa, operistica veniva interpretata da Dalla con una voce da brividi. Eppure dopo un successo così grande Lucio Dalla riparte ancora alla ricerca di qualcosa di nuovo e rilancia la carriera dell’amico e corregionale Gianni Morandi, finito ormai da anni nel dimenticatoio, in un tour ancora una volta memorabile. Nasce il sodalizio e l’album Dalla-Morandi che con la popolarissima “Vita” riscuotono un grande successo. Eppure Dalla si rimette ancora una volta in gioco con la scanzonata “Attenti al Lupo” di Ron che scala le vette delle classifiche e dopo quarant’anni di carriera riesce ancora a conquistare nuove generazioni di fan, soprattutto tra i più piccoli.
Gli anni Novanta trascorrono con incursioni in campi diversi, come la composizione di musiche da film, programmi tv, la pittura, l’attività di gallerista, l’incessante attività di talent scout. Un percorso eclettico che lo porta nel 2010 a incrociare ancora una volta la sua strada con quella di Francesco De Gregori, esattamente trent’anni dopo “Banana Republic”. Una buona notizia per la musica italiana, appiattita sui talent show, priva di qualcosa di nuovo, costretta a ricorrere ai guizzi del genio di due artisti over sessanta che con il tour “Work in progress” fanno il tutto esaurito in teatri e arene e stupiscono per la loro vitalità e capacità di innovare il panorama musicale italiano in catalessi ormai da tempo immemorabile.
L’ultima esibizione a Sanremo 2012, proprio pochi giorni fa, non come interprete ma come autore del brano “Nanì” cantato da Pierdavide Carone, giovane proveniente dal talent show “Amici” di Maria De Filippi. Resterà nella memoria di tutti noi l’immagine di Lucio Dalla nelle vesti di direttore d’orchestra, sul podio, con la sua tipica espressione scanzonata che lo ha accompagnato in questi lunghi anni di carriera. Un lungo viaggio attraverso la musica quello di Lucio Dalla.
Un viaggio iniziato il 4 Marzo del 1943 e, per una scelta incredibile del destino, finito con un funerale nella sua Piazza Grande di Bologna in un altro 4 Marzo, permeato di tristezza e nostalgia, con il sottofondo della sua musica che col tempo è diventata parte di noi.
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