“Lampedusa. Cronache dall’isola che non c’è”
Ci sono similitudini tra le ondate migratorie negli USA ed in Canada di inizio ‘900 e quelle di oggi dai Paesi africani in Europa? Sì, secondo il professor Antony Tamburri, Preside dell'istituto italo-americano Calandra, non ci sono dubbi. E l’intellettuale ha voluto darne una dimostrazione leggendo uno dopo l'altro due passi di due libri così lontani ma così simili.
Il contesto era la presentazione del libro “Lampedusa. Cronache dall’isola che non c’è”, un romanzo nato dall’esperienza sull’isola dei due giornalisti che hanno vissuto direttamente l’emergenza che lo scorso anno ha colpito Lampedusa, meta di migliaia di profughi africani scappati dai loro paesi d’origine.
Tamburri ha letto due brani: uno dal libro presentato e l'altro da “L'emigrazione in Canada” nell'inchiesta del «Corriere» 1901 di Eugenio Balzan. Impossibile non coglierne subito le similitudini, le spesso tragiche connessioni di un’umanità che ripete se stessa e non impara dalla storia. Storie di emigrati italiani in Nord America e di africani in Europa.
"Quello di Balzan risale al 1900, ma è impossibile non pensare ad oggi" ha detto Tamburri. Nei due romanzi sono raccontati momenti della storia troppo simili tra di loro.
Il titolo del romanzo fa un po’ il verso alla famosa canzone di Eduardo Bennato “l’isola che non c’è” ma purtroppo il contesto è meno giocoso.
“Lampedusa è l’isola che non c’è perché, ad esclusione dei tre mesi estivi durante i quali diventa una delle più ambite mete turistiche d’Italia, viene dimenticata e lasciata a se stessa essendo più vicina alle coste africane che a quelle italiane. I lampedusani si sentono troppo spesso invisibili agli occhi dei nostri politici che si occupano dell’emergenza immigrati solo dopo l’arrivo dei media e che quasi mai rispondono alle richieste di soccorso civile. Lampedusa è un’isola che c’è, nonostante le telecamere e il clamore mediatico” spiega Laura.
Stefano Vaccara, Executive Editor America Oggi / Oggi7, ha raccontato quello che ha provato fin dalla lettura dalle prime pagine del libro. “Sono rimasto colpito dallo stile, simile a quello dei romanzi veristi. E’ molto più efficace di un reportage giornalistico. Parla non solo degli emigranti, ma anche di Lampedusa con tutte le persone che hanno vissuto quei giorni”
Migranti, militari e volontari che erano lì per aiutare, ma anche gli stessi lampedusani che all‘improvviso hanno visto modificato il proprio quotidiano per assistere, spesso con un senso di impotenza, a quest’incredibile sbarco di umanità ..
“Siamo entrambi giornalisti” spiega Laura “quindi avremmo potuto scegliere di raccontare questo nostro vissuto in forma di reportage, invece abbiamo preferito usare una forma narrativa in modo tale da poter dare voce a quelle persone che hanno vissuto quell’esperienza in prima persona.” Il romanzo si compone di quindici segmenti in forma di diario, ognuno dei quali ha un proprio protagonista; “in questo modo” continua Tommaso “abbiamo cercato di delineare un quadro a varie tinte proprio attraverso i personaggi che, durante una ipotetica notte, raccontano, secondo un flusso di coscienza, di pensieri e di ricordi, ognuno dal suo punto di vista, tutto quello che, nel corso di diversi mesi, è successo a Lampedusa.
C’è il pescatore lampedusano che racconta la vicenda dal punto di vista degli abitanti dell’isola, c’è l’emigrante tunisino che già prima di intraprendere il viaggio ne conosceva perfettamente la trafila, e poi c’è il poliziotto, il giornalista, l’operatore volontario”. Addirittura una tartaruga caretta, la cui specie è effettivamente solita deporre le uova sull’isola di Lampedusa, prende la parola per raccontare le vicende secondo il suo immacolato punto di vista: la tartaruga pensa e parla come un bambino, guarda nuotare questi strani pesci a quattro zampe che senza preoccuparsi delle barriere politiche, come le tartarughe, dall’Africa arrivano fino in Italia.
La stesura del libro è cominciata subito dopo il ritorno dei due autori a Roma: “l’idea” racconta Laura” nasce a Lampedusa. Io e Tommaso ci siamo interrogati sulla necessità di raccontare un’esperienza del genere per la sua intensità. Lo scopo è da subito stato quello di raccontare senza filtri, perché la vita a Lampedusa è davvero così, è un posto dove non esistono filtri, né compromessi, né sovrastrutture, tutto è diretto, immediato. Abbiamo voluto inventare una storia che però avesse tutti i dettagli e tutto il contesto che abbiamo realmente vissuto.”
Un’esperienza unica e formativa, quella dei due giovani autori di “Lampedusa. Cronache dall’isola che non c’è”, un’esperienza che hanno cercato di riportare con semplicità e linearità in un romanzo che penetra i corpi e gli animi dei suoi quindici protagonisti.
“Quello che non dimenticherò” conclude Laura “è la lezione di dignità che ho ricevuto da tutti gli emigranti che sono arrivati, da quelli tunisini e da quelli provenienti dall’Africa Nera che si sono trovati ad alimentare una Collina della vergogna degna di essere chiamata tale.
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