La Dea Fortuna, la lezione di vita di Ozpetek
La Dea Fortuna ha un segreto, un trucco magico. Come fai a tenere sempre con te qualcuno a cui vuoi molto bene? Devi guardarlo fisso, rubi la sua immagine, chiudi di scatto gli occhi, li tieni ben chiusi. E lui ti scende fino al cuore e da quel momento quella persona sarà sempre con te.
È questo il leit motiv de La Dea Fortuna, il nuovo film del regista delle Fate Ignoranti, Ferzan Ozpetek, nei cinema dal 19 dicembre con Warner Bros a due anni da “Napoli velata”. Il regista turco, ormai naturalizzato italiano, torna alle origini del suo cinema, ovvero quella rete indissolubile di affetti legati alla casa, alla famiglia anche allargata, a Roma, e a quanto sia importante aver costruito solidi legami, resistenti al tempo e agli attacchi di qualsiasi forma siano. Per una volta tanto qui si va oltre la ormai obsoleta questione di genere e si va al cuore dei problemi.
Stefano Accorsi è Arturo, aspirante intellettuale che si ritrova a fare traduzioni, Edoardo Leo è Alessandro, un idraulico romantico e ruspante ma dal cuore tenero. Stanno insieme da 15 anni e la loro relazione sembra alla fine del percorso, la passione sì è persa, l’amore ha cambiato aspetto e loro non sanno più come conviverci. Come ha detto con grande lucidità Barbara Alberti, nel ruolo della nobile madre di Annamaria: "Qui non si tratta più di sapere se siamo o non siamo gay, ma se siamo o non siamo felici".
Ozpetek rivela di aver voluto raccontare più che il solito primo incontro di una coppia. “Mi affascinava l’idea di come, una volta superato il sesso e la passione, un rapporto possa rigenerarsi in un modo diverso di stare insieme. Credo sia un tema che riguardi molte coppie, al di là degli orientamenti”.
L’occasione arriva con due bambini, figli di una amica che glieli affida per qualche giorno ma poi la loro permanenza si prolunga. I due protagonisti saranno costretti a confrontarsi con profonde voragini emozionali e con il senso di responsabilità alla ricerca di una nuova definizione dell’amore.
Sulle note della meravigliosa musica di Mina, La Dea Fortuna è un film stratificato, che cerca chiaramente un mix di genere tra commedia e dramma, horror, sceneggiate per provare a dare delle risposte a domande molto personali ma che riguardano tutti. “Mi sono ispirato ad un fatto reale che mi ha spalancato le porte su un mondo emotivo che non conoscevo e a cui non sapevo come avrei reagito. Cosa accadrebbe se dall'oggi al domani capitasse nelle nostre vite qualcosa di inaspettato? Si è disposto a mettersi in gioco? Quale rete ci sorreggerebbe? Ma soprattutto, si sta vivendo la vita che si è sempre voluto?
La Dea Fortuna non è riferita solo alla “buona sorte” ma rimanda all’enigmatica statua situata nel santuario di Palestrina, non distante dalla capitale. Nel film diventa quindi la massima espressione di libero arbitrio, incentrata sul valore della libertà di scelta. Perché essere felici o non felici dipende solo da noi.
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