E l'uomo, dov'era? Dov’è?
«La domanda: "Ditemi, dov'era Dio, ad Auschwitz?". La risposta: "E l'uomo, dov'era?" »
Scriveva così William Clark Styron, autore del noto “La Scelta di Sophie” romanzo e poi film da Oscar.
Passano gli anni e rischiamo di porci questa domanda, non solo guardando al passato.
Anche quest’anno ho partecipato alla lettura dei nomi davanti al Consolato Generale di New York. Eventi così sono importanti, e lo sono soprattutto perchè si ripetono ogni anno, grazie al lavoro delle istituzioni di un Sistema Italia allargato.
Leggere quei nomi per strada, in un avenue per lo più indifferente, con la gente che passa indaffarata, senza neanche sfiorare con lo sguardo quello che accade, è importante.
Ci sono quattro persone - spesso conosciute nella comunità italiana - che da quattro microfoni leggono nomi di famiglie intere, con cognomi che si ripetono e martellano l’aria.
Tutti dovrebbero leggerli questi nomi. Sono veri, concreti, sanguinano in bocca mentre li scandisci. Chiedono di esistere.
Dietro i leggii, diplomatici, professori, autorità varie, studenti, giornalisti.... Il freddo taglia i volti, le mani si congelano mentre si girano i fogli. Sotto gli occhi quei nomi. Nell’aria quei nomi. Sono i 9700 ebrei italiani, deportati dall'Italia durante il nazifascismo. Nomi, non numeri. Nomi. Nomi che vorrei volassero lì dove sono quelle persone che vengono ricordate.
“E’ importante che siano nomi, non numeri”.E’ questa la prima cosa che ribadisce Stella Levi, superstite di Auschwitz, residente a New York. Tutte le volte che la vedo mi stupisce la ferma dolcezza con cui riesce a ricordare, nonostante il dolore evidente nei suoi profondi occhi. E’ consapevole di avere un dovere, una missione: quella di preservare quel ricordo.
Poche ore prima dell’evento della lettura dei nomi, in Italia, la senatrice Liliana Segre, anche lei superstite dell'Olocausto, si era pronunciata sulla vicenda dei migranti della nave Sea Watch 3 “...annegata nel mare dell’indifferenza con la mia famiglia intera, da cui solo io sono tornata a raccontare, sono certamente più sensibile a una nave che non trova attracco. Ma come non ho trovato allora le risposte perché il mondo intero e’ stato indifferente - non solo i nazisti colpevoli - trovo che quest’indifferenza si ripeta anche oggi”.
Non è la stessa cosa, vero. Il parallelo con Auschwitz non si può fare, ma la storia non si ripete mai nello stesso modo. Però insegna. La parola chiave è proprio “indifferenza”.
Può il racconto dei rifugiati del 1930 aiutarci ad affrontare il presente? A fare attenzione?
Cos’hanno di diverso le navi di migranti di oggi? Cosa vuol dire confrontare la tragedia dei rifugiati di oggi con la fuga degli ebrei? Non so dare una risposta. Ne pretendo di darla.
C’è qualcosa che però mi porta indietro ai racconti di mio nonno, ad una Roma di gente per bene, cattolica, che sotto i suoi tetti, tra i suoi tetti, ha respirato e nascosto a se stessa un rastrellamento nel suo ventre, nel ghetto del Portico d’Ottavia.
Siamo indifferenti se non ci accorgiamo di cosa fanno la politica, il mondo della ‘cultura’, i cosiddetti opinion leader. Ammettono che si possono abbandonare in mare persone colpevoli solo di essere nate nel posto sbagliato. Dicono che vanno rimandate indietro. Dunque rispedite in luoghi di povertà, magari in guerra, dove vengono torturate? Dove forse trovano la morte?
Si cancellano i migranti come esseri diversi, indegni anche della nostra pietà. Si lascia fare agli altri. Decidere agli altri. Ma ricordiamo. Solo settant'anni fa, nella civilissima Europa, cittadini europei fecero morire altri essere umani, perchè ebrei, nell’indifferenza.
Riporto alcune parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “Lo shoah è un virus pronto a risvegliarsi". E ha aggiunto con la lucidità di uno statista. “Quando il benessere dei popoli o gli interessi delle maggioranze, si fanno coincidere con la negazione del diverso - dimenticando che ciascuna persona è diversa da ogni altra - la storia spalanca le porte alle più immani tragedie".
Sotto il cielo di New York il monito viene da Stella Levi. “Stanno accadendo tante stragi, tutti le vedono, le ascoltano, le leggono, in televisione, alla radio, su tutti gli altri attrezzi che oggi si usano. Milioni di persone sono stati elimininate allora, sono andati a prenderle! Il fatto su cui oggi occorre riflettere è che tutto questo è stato fatto dal popolo creduto il più civile, intellettuale, colto d’Europa, se non del mondo: i tedeschi.”
Per Stella i giovani sono la chiave. Vanno informati. “La settimana scorsa sono stata alla Scuola d’Italia di Manhattan e alcuni ragazzi mi hanno fatto delle domande. Ho raccontato che le leggi razziali mi hanno impedito di continuare ad andare nella scuola dalle suore di Ivrea. Ho lasciato i miei compagni. E’ stato per me un colpo, un malanno da cui non mi sono mai ripresa. Non poter continuare gli studi…. “
Non succederà più? Ne siamo così sicuri? E se accadesse proprio davanti a noi? Nella nostra bella Italia.
E già forse oggi, pochi si sono accorti, hanno riflettuto che altri ragazzi e ragazze stanno già vivendo qualcosa di simile. Li dove vengono chiusi centri di accoglienza, senza riflettere sul fatto che dentro ci sono persone, non numeri. Quei numeri che terrorizzano tanto proprio Stella Levi.
E già ci sono bambini uguali a tutti i bambini. Bambini che vanno a scuola, si sono inseriti, parlano già l’italiano, scrivono in italiano, hanno amici.
E’ nascosto in un titolo di un giornale “ Roma, chiuso il Cara di Castelnuovo: migranti trasferiti in altre regioni” il rischio di farci abituare a sentir parlare di esseri umani come numeri. Chi si è chiesto che fine fanno le persone che vivevano in quei centri? I loro bambini?
Ma per fortuna l’indifferenza non è ovunque. Non tra tutti gli amministratori. Non tra tutta la gente.
“I bimbi rimarranno nella zona di Castelnuovo di Porto, grazie all 'l'accoglienza diffusa' per consentire ai bambini di continuare a frequentare la scuola.” ha dichiarato il sindaco.
Indifferenza. E’ nell’indifferenza il rischio peggiore. Per questo eventi come la lettura dei nomi a Park Avenue sono importanti. Ma dopo questi eventi si deve riflettere, costruire senza paura. Non solo parlare il giorno della Memoria.
Perchè non accada quello di cui ha paura la senatrice Segre: "Quando saremo morti proprio tutti, il mare si chiuderà completamente sopra di noi, nell'indifferenza"
Occorre parlare, denunciare, non aver paura di usare le parole giuste. Mi sono chiesta cosa avrebbe detto Primo Levi della nave Sea Watch 3. Non lo posso sapere, ma forse immaginare.
Ritorno alla citazione iniziale: «La domanda: "Ditemi, dov'era Dio, ad Auschwitz?". La risposta: "E l'uomo, dov'era?" »
Perchè il ricordo della Shoah non resti nella gabbia della retorica di chi ne celebra la memoria mentre si naufraga in mare.
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