“Mine Vaganti” il nuovo film di Ozpetek, conquista New York e la giuria del Tribeca Film Festival
Accompagnato dalle sue attrici, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino e Paola Minaccioni, dallo sceneggiatore Ivan Cotroneo e dal produttore Domenico Procacci (Fandango), Ferzan Ozpetek ha presentato alla platea newyorchese il suo ultimo film “Mine Vaganti”.
Uscito in Italia i primi di marzo, il film arriva qui a New York per partecipare al Tribeca Film Festival. Il film è stato proiettato, nei vari cinema che aderiscono all’evento, diverse volte nell’arco della settimana del festival fondato da Rober De Niro e Jane Rosenthal nel 2002.
Noi abbiamo assistito alla prima, lunedi 26 Aprile, al Clearview Cinema di Chelsea, a cui ha preso parte la “delegazione” italiana.
La sala era piena, e non solo di cittadini italiani che ben conoscono l’opera di Ozpetek, ma anche di molti americani (tra cui volti noti di Hollywood). Anzi c’è da dire che in fila sotto la pioggia battente per accaparrarsi gli ultimi biglietti non si sentiva affatto parlare italiano.
Mine Vaganti è una commedia che commuove. Ozpetek si dimostra come al solito abilissimo nel dirigere gli attori, un gruppo numeroso di personaggi che animano di poesia, malinconia, follia e leggerezza una storia tutta italiana.
Lecce è stata la città prescelta per ospitare il set e nella distanza è la perfetta riproduzione dell’immaginario italico. Calda, mediterranea, a misura di famiglia, per una famiglia smisurata. Mine Vaganti porta lo spettatore nella provincia del meridione per raccontare le difficoltà di essere diversi dentro un mondo che fatica a concepire le differenze, ma anche per raccontare le forme imprevedibili e a volte impossibili, dell’amore.
Gli occhi americani potrebbero vedere la solita affascinante Italia, fatta di sole, gestualità esasperata, vizietti di periferia, sguardi ammaliatori, buon cibo e famiglia rumorosa. Ma spingendo lo sguardo un po’ oltre l’inevitabile essenza italiana, ci si ritrova catapultati dentro i sentimenti. Troviamo allora il desiderio di essere liberi e di trovare gli altri, in quella libertà.
Il fascino di questo film però non risiede solo nelle immagini, ma per lo più emerge proprio da ciò che Ozpetek suggerisce e non mostra.
Non ci mostra ad esempio il tormento di Alba (Nicole Grimaudo), algida e sensibile incarnazione di una moderna femminilità del sud, però ci suggerisce le sue inquietudine ed il suo amore segreto. Cosi come ci evoca, in brevi e intensi flash back interpretati da Carolina Crescentini, l’amore giovanile della nonna, la bravissima Ilaria Occhini. E cosi via, ogni personaggio è un universo misterioso, fatto di passati accennati, che svolazzano alleggeriti dal tempo e trasformati spesso in ironica nostalgia.
I segreti sono il filo conduttore, il sottotesto di dialoghi brillanti.
Inizia tutto con un segreto, quello per anni tenuto nascosto e vissuto lontano da casa, del protagonista Tommaso (Riccardo Scamarcio) ed è un segreto svelato improvvisamente da Antonio (Alessandro Preziosi) a scatenare le dinamiche che muovono il film.
Il regista si è detto emozionato davanti alla sala al completo. Dopo la proiezione ha preso la parola per ringraziare l’organizzazione della manifestazione e gli spettatori. È stato contento quando qualcuno gli ha chiesto un commento sul personaggio dell’intrigante Alba, della cui storia alla fine viene raccontato molto poco. “Mi fa piacere quando mi chiedono di Alba, perché è un personaggio che non si risolve e che non deve essere spiegato, scatena dubbi, muove le domande e questo è quello che conta.” Racconta le storie che conosce, le storie che lo circondano, fatte di diversità che si conciliano, di tavole rotonde che ruotano, come la sua macchina da presa ama ruotare attorno a tavole imbandite. Racconta gli uomini, nelle loro fragilità e passioni, li racconta senza maschere, se non quelle del silenzio, e lo fa avvalendosi sempre di ottimi attori, che ci ricordano che il cinema italiano ha tanti talenti.
Esilaranti le performance di Ennio Fantastichini, tornato dopo Saturno Contro a lavorare con Ozpetek, di Elena Sofia Ricci, nell’inedita veste della zia squinternata, e di Lunetta Savino, che alla platea newyorchese con orgoglio si dice pugliese doc “and that’s all”, non dico altro. Il film, la terra, dice tutto. Dice anche quello che sceglie di non dire. Solo una cosa a noi fa piacere aggiungere, il film ha ottenuto il premio speciale della giuria del festival con questa motivazione “per aver fatto piangere, ridere e immediatamente voler prenotare un viaggio in Italia meridionale”.
Good job Ferzan!
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