L'Europa come luogo di speranza
“Non provate un brivido pensando di essere chiamati oggi a realizzare quel sogno degli Stati Uniti d’Europa, avuto da quella generazione che nelle macerie del dopoguerra iniziò la creazione di un nuovo soggetto? Il tema dell’Europa è dire ai nostri figli, noi che siamo la generazione Erasmus, che è possibile che l’Europa oggi sia il luogo in cui è possibile la speranza”.
Queste sono le parole usate dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi il 2 luglio, in occasione della presentazione del programma della presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea.
Per sei mesi infatti, dal 1 luglio al 31 dicembre 2014 l’Italia e’ chiamata ad esercitare la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea.
Che cosa questo significhi in pratica e se sia piu’ l’onore o l’onere che deriva da tale esercizio probabilmente non e’ chiaro ai lettori di questo magazine come non lo e’ per moltissimi al di qua o al di la’ dell’Atlantico.
Quando, nel settembre 2011, sono arrivata a New York fresca di nomina a Console Generale, nel bel mezzo della crisi dell’Euro che stava travolgendo la Grecia e gettava ombre su Spagna, Portogallo e anche Italia, sentivo ripetermi dagli interlocutori americani, in particolare del mondo imprenditoriale : “ perche’ non lasciate la Grecia al suo destino e perche’ l’Italia non esce dall’Euro?”
Ho cercato di spiegare in molti modi (con moderato successo) in quelle occasioni che il processo di integrazione europea e’ un processo irreversibile, che non si puo’ uscire dall’Euro ed e’ inimmaginabile che l’Italia possa allontanarsi dall’Unione Europea; che l’UE e’ una realta’ e costituisce una parte fondamentale della vita economica, politica e sociale degli Stati membri.
In quelle occasioni venivo ascoltata con un misto di scetticismo (per l’Europa) e simpatia (per l’Italia), suscitando vera attenzione solo sulle argomentazioni piu’ strettamente finanziarie, soprattutto da interlocutori cinesi o sudamericani piuttosto che americani.
Mi rendo conto adesso, dopo tre anni di assidua frequentazione di euroscettici, americani e non, che il modo piu’ efficace per comunicare l’irreversibilita’ dell’Unione Europea e’ quello scelto dal Presidente del Consiglio. E’ necessario, cioe’ , fare appello a cio’ che le comunita’ europee prima e l‘Unione Europea poi hanno rappresentato per la pace e la stabilita’ in Europa dopo la seconda guerra mondiale e ricordare che, laddove ci sono state crisi e guerre, come nei Balcani, il ruolo della UE e’ stato, pur con le debolezze di una politica estera non ancora “comune”, sostanzialmente positivo.
E’ necessario anche fare appello ai giovani, come fa il Presidente Renzi, perche’ e’ vero che il programma Erasmus, che ha consentito a migliaia di studenti di svolgere parte degli studi in un paese dell’UE diverso da quello di origine, ha dato vita ad una generazione di giovani Europei per i quali, cio’ che per la mia generazione era un atto di coraggio e comportava una preparazione di mesi, documenti per l’espatrio, disponibilita’ finanziarie in una valuta diversa, copertura sanitaria ecc, adesso richiede soltanto la disponibilita’ ad imparare la lingua del posto.
Forse questo messaggio, sintetizzato nell’espressione “ Stati Uniti d’Europa” e’ piu’ facile da capire, in particolare per chi, da questa parte dell’Atlantico, e’ orgoglioso di essere cittadino degli Stati Uniti d’America.
Ovviamente gli Stati Uniti d’Europa non esistono ancora e l’interesse nazionale non ha ceduto completamente il passo all’interesse dell’Unione. Il processo di integrazione europea e’ appunto un “processo” al quale tutti i paesi membri e tutte le istituzioni dell’Unione devono contribuire. Le norme dell’UE e la loro applicazione negli stati membri procedono a ritmo veloce, l’acquis communautaire e’ diventato il centro della normativa nazionale in quasi tutti i settori della vita economica e sociale, e molto si sta discutendo, in questo momento di generale rinnovamento delle istituzioni dell’Unione, del ruolo di tali istituzioni: del Parlamento,della Commissione, e, ovviamente, del Consiglio dell’Unione Europea.
E qui entra in gioco la Presidenza italiana del Consiglio UE. La presidenza e’ infatti assunta a rotazione da uno degli stati membri ogni sei mesi in base ad un ordine prestabilito. L’Italia ha ereditato lo scettro dalla Grecia e lo passera’ il 31 dicembre alla Lettonia.
La presidenza ha il compito di gestire l’agenda del Consiglio, presiede la maggior parte delle sue riunioni, e rappresenta il Consiglio nelle relazioni con le altre istituzioni dell’UE. Si tratta di compiti di grande rilievo specialmente in questo momento. Le altre due istituzioni su cui si basa l’organizzazione dell’UE sono infatti il Parlamento e la Commissione ed entrambe sono state o saranno rinnovate nel corso del semestre di presidenza italiana.
Le elezioni del Parlamento europeo si sono svolte fra il 22 e il 25 mggio scorso e il nuovo Parlamento si è insediato il 1 luglio. Il 15 luglio Junker e’ stato eletto Presidente della Commissione in sostituzione di Barroso e la nuova commissione si insediera’ il 1 novembre. Infine,come gia’ detto, il 30 novembre scadra’ il mandato del Presidente Van Rompuy. Grandi cambamenti quindi e uno spazio importante per la presidenza di turno per far avanzare le priorita’ del semestre, mentre a margine si sono svolti e si stanno svolgendo riflessioni e negoziati per identificare i nomi giusti da collocare nelle posizioni di guida delle istituzioni europee anche per contrastare la corrente di euroscetticismo che ha pesantemente condizionato le recenti elezioni del Parlamento europeo.
Anche in Italia l’euroscetticismo ha avuto un impatto importante, ma e’ italiano il partito (il Partito Democratico) più votato in Europa e con la seconda piu’ numerosa presenza di parlamentari a Strasburgo, fa parte della famiglia socialdemocratica e non e’ certamente annoverabile fra gli euroscettici.
Per questo la responsabilita’ dell’Italia, presidente di turno del Consiglio UE, e’ ancora piu’ grande, in particolare per promuovere politiche coerenti e sostenibili sui due temi indicati come prioritari: crescita economica e migrazioni.
L’Europa del futuro deve essere piu’ coesa, solidale e competitiva al suo interno ed avere come obiettivo fondamentale la riduzione delle disuguaglianze. Le stesse caratterische deve avere la politica estera della UE, a cominciare dalle politiche migratorie e di asilo, con l’adozione di iniziative piu’ coerenti ed efficaci nei confronti dei paesi di origine dei flussi migratori.
Lotta alle disuguaglianze e politiche di accoglienza nei confronti di chi lascia il proprio paese in cerca di un avvenire migliore: due temi che dovrebbero suonare familiari ad orecchi americani e che ci inducono a sperare che l’UE non appaia un’inutile struttura sovranazionale che complica le relazioni fra Stati Uniti e paesi europei, ma un vero, importante partner commerciale, economico, culturale e politico con il quale collaborare per affrontare insieme le crisi regionali e globali che, ancora troppo numerose, condizionano e talvolta compromettono la civile convivenza delle comunita’ e degli stati.
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