Articles by: Umberto Piscopo

  • Trump
    President Trump signing the Executive Order on the Immigration Ban
    Opinioni

    Trump, l'Africa e le migrazioni. Conversazione con la professoressa Cristina Ercolessi

    Professoressa Ercolessi, vi sono opinioni contrastanti a proposito di come gli Stati Uniti si porranno dei confronti dei regimi autoritari. Lei crede che il disinteresse di Trump per la retorica della democrazia e i diritti umani potrà rafforzare la posizione di quei regimi autoritari, sia in Africa che altrove?

    La mia impressione è che sì, potrebbe in effetti tendere a rafforzare regimi autoritari. Nel senso che, per come Trump si sta ponendo ora, ad esempio, con la Russia, questo elemento dell’autoritarismo non sembra essere così rilevante nella sua valutazione. Anzi, Trump sembra quasi prediligere regimi o dirigenti forti. Al massimo, l’elemento dell’autoritarismo, così come quello della corruzione, potrebbe essere agitato da Trump come un elemento pretestuoso, funzionalmente ad altri obiettivi.

    Come si inserisce il terrorismo in questo contesto, e nel Continente Africano?

    La war on terror, assieme alla sicurezza, sarà probabilmente una delle priorità della politica di Trump verso l’Africa. E dei regimi autoritari potrebbero essere funzionali al raggiungimento di obiettivi in questi settori d’azione.

    Gli Stati Uniti sono impegnati da diversi anni nel contrastare il terrorismo di matrice islamica anche in Africa, finora con scarsi risultati. Cosa cambierà con Trump?

    Se ci saranno eventi che coinvolgano direttamente personale o interessi americani, la reazione potrebbe essere di tipo militare. Quindi, da questo punto di vista potrà esserci continuità sulla politica che riguarda l’Africa Command, creato da Bush e mantenuto da Obama, che però ha insistito di più su intelligence e assistenza militare che non su interventi diretti.

    Come si connette tutto questo con l’immigrazione e la diaspora africana negli Stati Uniti, fortemente interessati dal Muslim ban?

    Un elemento molto importante è in effetti legato alle politiche migratorie, soprattutto per coloro che provengono da zone sensibili e compromesse col terrorismo. Quindi, ad esempio, i siriani, ma anche i sudanesi, i somali e i libici, inclusi nel discusso ordine esecutivo revisionato pochi giorni fa. Esiste quindi una dimensione interna –  quale la presenza di rifugiati e migranti negli Stati Uniti e le sensibilità dell’opinione pubblica– che si lega a una dimensione esterna: le politiche nei confronti dell’Africa.

    L’immigrazione è un tema centrale in tutte le destre populiste. In Italia, è sotto i riflettori la questione degli sbarchi dei migranti, in gran parte provenienti dall’Africa sub-sahariana. Ma esiste una soluzione diversa dalla chiusura dei confini?

    L’idea che chiudere i confini sia la risposta – e questo vale sia per il Messico che per noi – è per me non solo totalmente sbagliata sul piano dei valori e dei principi di una politica mediterranea, ma anche totalmente inefficace ed irrealistica. I muri non fermano i flussi, li rendono solo più pericolosi e“illegali”. Chiusa una rotta in genere se ne apre un’altra. L’Africa sta conoscendo una forte crescita demografica e la sua popolazione è molto giovane; quindi la spinta a migrare (in cerca di maggiori opportunità) continuerà per parecchio tempo ancora. Sarebbe necessario provare a regolare, non bloccare i flussi migratori,  e applicare delle politiche di accompagnamento. Un esempio di politica possibile è costituito dai corridoi umanitari. Si eviterebbero almeno le circa cinquemila morti all’anno che avvengono nel Mediterraneo.

    Qual è invece la sua opinione riguardo agli interventi nei paesi di origine e transito delle migrazioni?

    Non credo nelle politiche che cercano di fermare i flussi migratori direttamente nei paesi di origine e transito. L’idea di spostare la frontiera europea sempre più a Sud, nel Sahara, aumentando la cooperazione militare con questi paesi in modo che rafforzino i controlli dei loro confini, è secondo me discutibile quanto pericolosa. Inoltre, finora non ha funzionato. Questo tipo di interventi lascia ai regimi o alle milizie locali la possibilità di usare i flussi come uno strumento politico. Possono bloccarli quando lo ritengono opportuno e sbloccarli quando hanno interesse a mettere in difficoltà i loro partner europei.

    Cosa andrebbe fatto quindi, secondo lei, sul tema delle migrazioni?

    Andrebbe innanzitutto accettata l’idea che non si tratta di una emergenza, ma di un fenomeno strutturale di lunga durata,  e che quindi l’Europa deve approntarsi ad affrontare una sfida epocale, in cui cambierà tutto, anche la stessa società europea. Cosa che naturalmente potrà creare tensioni, e le sta già creando. L’ascesa della destra populista ne è un riflesso.

    In secondo luogo vi sono i piani di cooperazione economica per lo sviluppo dei paesi di partenza. Possono essere utili, ma bisogna anche essere consapevoli del fatto che ottengono risultati nel lungo periodo (mentre i governanti, sotto la pressione di una opinione pubblica populista, tendono a rispondere nel breve periodo) e che prevedono grandi investimenti. Inoltre questi processi di dinamizzazione dell’economia dovrebbero incorporare due elementi. Uno è l’occupazione: serve una crescita diversa da quella che sta avendo luogo adesso, in cui non viene creato lavoro per l’enorme numero di giovani africani. Il secondo elemento a cui questi processi economici dovrebbero rispondere sono le diseguaglianze. Perché in caso contrario la crescita rischia di nuovo di fermarsi e di creare ulteriori scompensi, col risultato di aumentare i fenomeni di migrazione.

    Un terzo asse d’azione è quello del co-sviluppo, in cui le rimesse economiche delle diaspore presenti in Europa sono utilizzate per favorire forme di sviluppo nel paese di origine. Questo è un altro punto che si considera poco quando si parla di bloccare le migrazioni. Ci sono paesi in Africa,  in cui le rimesse dei migranti dall’estero hanno un peso considerevole nel  Pil. 

  • Donald Trump speaking at a campaign rally
    Op-Eds

    Trump's Victory As Seen by the Italian Media: A "Nightmare Come True" or "The Revenge of the People"?

    The first, immediate reaction came online from Beppe Grillo, the former comedian who constructed his successful populist-leaning Movimento 5 Stelle via the web. In a video he posted on his widely followed blog, Grillo appeared very excited by the GOP candidate’s victory: he state that his own political movement has much in common with Trump's. The Movimento 5 Stelle built its support on an anti-political-class agenda and a total rupture with the media establishment. After comparing Trump’s rise with the success of his own movement, Grillo interpreted Trump’s unexpected victory as the living proof that, as Grillo himself has always asserted, the politicians, the intellectuals, and the journalists are completely disconnected from reality and from the public’s needs.

    While Grillo’s comments spread from one media outlet to another, other newspapers reacted online in several different ways. The Fatto Quotidiano, the newspaper that most closely aligns itself with Movimento 5 Stelle, commented that Obama was right when he said, “The sun will shine tomorrow.” At the same time, the paper added, "several sunsets" are on their way too, referring to the decline of the "Fourth Power," including the media, marketing and polling industries.

    L’Unità, the newspaper which represents the majority of Italy's Partito Democratico (Democratic Party, or PD), the party of the Prime Minister Matteo Renzi, called the US President Elect a “nightmare come true,” and commented: “Eight years ago the key feeling was hope, and it involved all the world. Now the keyword is worry.” Mr. Renzi, however, who openly supported Hillary Clinton during the campaign, now obviously greets the 45th US president, and repeats his commitment "to the strong and solid friendship” that bonds the two countries. He was joined by the Minister of Foreign Affairs Paolo Gentiloni, who stated that the outcome of this election “doesn’t change the friendly, collaborative relationship [of Italy] with the US”. However, he added, “It also doesn’t change our opposition to the purposeful exclusion of other cultures.”

    The Italian edition of the Huffington Post explained Hillary Clinton’s defeat as the defeat of an entire political class, the “post-materialistic left". According to the paper the outcome of the election suggests that the rights of the minorities, of the LGBTQ community, and of women could be appreciated by a large majority, but only “on a full stomach.”

    Luciano Fontana, editor-in-chief of the authoritative Corriere della Sera, traditionally the voice of the Northern Italian upper-middle class, emphasized the impact of the American elections on Europe. Trump's triumph represents an “alarm bell” for Europe, the same bell that actually started ringing quite some time ago with the rise of Marine Le Pen in France, and continued to ring, unheard, with Brexit. All of this suggests, at the very least, that we should be much more careful with our predictions from now on, Fontana added.

    Also on Corriere Della Sera, Beppe Severgnini (an Italian journalist who wrote a series of articles for The New York Times regarding the presidential campaign) describes the US after the election as a “wounded country looking for a truce.” “Donald Trump bet on Clinton’s antipathy," Severgnini adds, "But a President, besides being cordial, should also be qualified. From this point of view the distance between the two candidates was – and continues to be – huge.” He concludes by saying that it is the "armed, white America" that made its decision. Accepting it is difficult, but it must be done.

    The center-left paper La Repubblica, the most read of the country, describes Trump as the “president-contractor who destroyed the politicians and persuaded the American people.”  Federico Rampini, the paper's New York correspondent, added that we are facing a disaster, not only in regards to the polling system, but also in regards to the most eminent American media outlets. CNN, The New York Times, The Washington Post, and even online newcomers like Politico.com completely failed, in Rampini's opinion, in communicating Trump’s lies, his fraud, and his tax evasion. This failure also extends to the "big intellectuals" who warned to the dangers of electing Trump. Rampini added that this was a victory for the Lords of the Web, who spread their voices loud through the social media and “selected the sources that best aligned with their views.”

    Regarding the right-wing of Italian media, reactions were increasingly positive, and a triumphant tone was adopted. Il Giornale, which belongs to the family of former Italian Premier Silvio Berlusconi, focused its attention on “what kind of America Obama left behind.” The article affirms that the United States is better off in 2016 as compared to 2008, but it happened “unbeknownst to Obama.” The paper describes Trump as the man who “beat everyone, punishing the political, financial, and media establishments for their arrogance.

    Vittorio Feltri, the editor-in-chief of the Libero, never hid his extreme right-wing sympathies and has always supported Trump. Feltri predicts that something similar to the Trump phenomenon will happen in Europe, starting with Le Pen in France and continuing on through Poland, Hungary, and Holland. He also hopes that a new player, similar to Trump, will enter the game in Italy. Feltri fears, however, that the new US president “won’t be available to finance the defense of Italy.” 

    Il Sole 24 Ore, the official paper of the Italian Industrialists Union, described the victory of Trump as the result of a “protest against the unfulfilled promises of change and, more generally, against the political establishment, both republican and democrat.” People have voted “against,” the paper continues, “and Trump, despised and mocked by the establishment, has become the anti-establishment hero that will fight in name of the people.”

    That is in fact what Matteo Salvini said on-air at a local radio station. The leader of Lega Nord, an ex-separatist party which now represents the most extreme nationalist and xenophobic tendencies of the Italian right, was enthusiastic and defined Donald Trump’s victory as a “severe strike to globalization” and as a “revenge of the people.”