CHI ha paura di sognare è destinato a morire. Si muore oltre la morte, ultima frontiera del terrore malato di interpreti sciagurati di falsa libertà, si muore per la paura di morire, per quello stato di precarietà di pericolo imminente non necessariamente reale. A Londra i coltelli fanno strage, a Torino le parole fuori posto avrebbero potuto, a Napoli il terrore è quotidiana arte di camorra. Paura della vita, paura della morte, paura di non farcela, paura di restare soli. Un mondo di paure sovrasta la storia, prigioniero l’uomo come un bambino che cerca conforto, piega ginocchia in cerca di aiuto.
È strano che proprio nella nostra epoca dove ognuno sembrerebbe padrone della propria storia, dove a proposito e a sproposito si parla di autodeterminazione, si avverta un senso di disagio, una perdita collettiva di equilibrio. Paura del domani, paura del passato, paura se le risposte non arrivano e mentre la paura avanza la vita si fa dietro. Morire l’ultimo istante è storia che dice tempo, morire per la paura di ogni istante è abortire la vita.
È come se avessimo perso la strada, la meta, di cui percepiamo l’assenza determinante, ne soffriamo, vorremmo scorgere una luce capace di ricondurci a casa, ma non sappiamo come fare. E tutto questo genera disagio, che diventa malattia del vivere uccidendo completamente le aspirazioni, la gioia. Paura. Siamo capaci di conquistare lo spazio, ma siamo impotenti dinanzi alle mille sconvolgenti notizie di cronaca che segnalano quanta violenza, crimine, depravazione, vive nelle nostre stesse strade. Vorremmo tutti essere protagonisti attivi della trasformazione del mondo e delle nostre vite, ma qualcosa ci sussurra nel profondo di non illuderci. Meglio difenderci, nasconderci, auto imprigionarci nei fortini dell’isolamento. Le case, sbarre alle finestre, casseforti per porta. Diogene cercava l’uomo, e nudo si aggirava nella notte con la fioca luce della sua lanterna. Lo cercava per rendere giustizia alla verità, chiedendo a se stesso chi mai fosse questa creatura capace di raggiungere i vertici della ragione, quale aspirazione, quale consistenza avesse.
E tuttora la luce sembra essere insufficiente a chi oggi ancora si chiede chi sia davvero l’uomo, quale il suo ruolo in questo mondo turbato da mille inquietudini, se la paura domina il presente e massacra i sogni, quale il suo destino nella caducità dei giorni, quale possibile felicità in regime di precarietà. La barca della vita segue l’onda della storia, sta ai sognatori restare di vedetta per raccontare terra a chi l’ha persa, a chi giorno dopo giorno viene fatto fuori dalla logica del terrore che non è solo verbo dei lunghi coltelli, ma in tempo di nuove sudditanze perverse e schiavitù striscianti è verbo di oscuri padroni che decidono per tutti e decidono senza mai chiedere il permesso.
La lotta per la libertà non è una lotta persa, se resisteranno i sognatori, se la libertà resterà una parola sconvolgente che non può essere offesa dall’uso nauseante che se ne fa nei salotti perbenisti, nelle chiese decadenti, nei parlamenti parolai, ma parola di speranza per riconquistare i nostri sogni ceduti per pochi spiccioli a farabutti da quattro soldi. La paura può essere dominata ritornando alla vita, comunque, in ogni caso, ringraziandola. “Grazie vita!”, ottima frase per iniziare la giornata, per vincere la paura del giorno. L’ho scritta sul mio cellulare, mi appare sul display ogni volta che l’accendo. Non mi illudo che mi vada sempre tutto bene. I giorni li conosco, mi arrangio a decifrare il bello e il brutto che mi accade intorno. Ma vado avanti e più mi convinco che esserci è meraviglioso. Partecipare al giro vale sempre la pena. La vita è un cantiere aperto di incontri, uno sguardo di conoscenza per scrutare dentro e oltre, un ascolto di sorprese per scoprirsi ogni volta, comunque, irrimediabilmente affascinato.
La vita ti acchiappa, ti porta, ti culla, ti scuote, ti rivolta, ti respira dentro fino a che il vento ti gonfia di senso, fino al giorno in cui quello stesso vento spirerà altrove, oltre. C’è la morte, sì, fa parte del gioco, è sempre vento che passa e tu ti lascerai acchiappare dalla Vita senza resisterle, libero di lasciarla libera di essere Vita. Benedetta vita, comunque e in ogni caso, benedetta avventura, è sogno aperto sulla possibilità futura, è mettersi in gioco. È un’avventura che ringiovanisce,
che provoca, che indirizza.
Ce la farai? Il rischio è il fallimento, è previsto. Ma non tentare, far vincere la paura, tenersi per sé quello che si è ricevuto sarebbe un fallimento sicuro. Un nuovo mondo è possibile, sognarlo non è una fuga, anzi è l’arte prodigiosa di quelli che vedono prima degli altri ciò che sarà il domani e lo raccontano. I visionari, in un mare in burrasca, prima di tutti avvistano terra.
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