Si muore giovani in Calabria, si muore di mafia a diciannove anni nella punta dello stivale italiano. E si muore per caso. Così è stato per Filippo, che la sera del 26 novembre è stato freddato da due colpi di lupara nel tratto di strada che collega Soriano Calabro a Pizzoni. Non ne sapeva niente Filippo della mafia, non era invischiato in affari loschi o in sanguinose faide, ma è morto lo stesso.
“Per sbaglio”, si dice in questi casi. Filippo sarebbe stato ucciso da due pallottole destinate a un'altra persona; già, perché nelle strette strade buie della provincia di Vibo Valentia, in una zona ad altissima densità mafiosa, non è difficile che qualcuno si nasconda e al momento giusto spari dei colpi di fucile. Questa volta, però, è intervenuto anche il caso, un triste caso, perchè quelle pallottole non erano destinate a Filippo.
La notte è poi trascorsa in silenzio. Sembrava come tante notti. Ma la notizia della morte del ragazzo di Contrada Covalo ha cominciato a diffondersi per il paese il giorno successivo, nello sgomento e nel dolore generale. Soriano è un piccolo centro che conta meno di tremila abitanti. E’ un posto in cui la vita quotidiana scorre tranquilla, almeno in superficie… Esiste però un fondo scuro che, per paura o per vergogna, i sorianesi tendono a voler dimenticare. Vorrebbero cancellarlo perché miete troppe vittime. L’ultima è Filippo.
“Filippo uno di noi” è la frase che recano gli striscioni dei ragazzi sorianesi. Questo è un segno importante. Le pallottole che hanno ucciso Filippo hanno colpito l’intera comunità, che nel dolore si scuote e ricorda una vittima innocente. Si stringe intorno alla sua famiglia.
L’intero paese con gli occhi pieni di lacrime ha voluto partecipare ai funerali di un ragazzo come tanti, timido e sorridente, innocente. Vicino alla bara bianca qualcuno ha portato un fiore, qualcun altro solo una preghiera per quella vita spezzata. I più ripetevano: “Filippo è figlio di tutti”.
Il dolore per una perdita tanto amara si è diffuso rapidamente non solo in chi gli era vicino e lo conosceva, ma anche in chi sente che la morte di Filippo è il segno di una società oppressa, una società che vive nella paura di un pericolo effettivo, una società che non sa e che non riesce a separarsi dalla sua stessa parte malata. E’ una società in cui si muore ammazzati “per sbaglio”… è quasi un ossimoro, ed è spaventosa.
Quella di Soriano è comunità non solo sconvolta da una morte violenta e prematura, ma dalla morte di un suo figlio, perché la morte di Filippo è stata vissuta veramente come quella di un figlio. Seguendo le sua bara gli abitanti si sono sentiti sono tutti Filippo.
Questo in Calabria, una terra deturpata dall’illegalità con una comunità troppe volte offesa e che non vuole temere qualcuno nascosto tra l’erba alta nelle sere d’autunno. iI sorianesi vogliono che non ci siano altri Filippo per questo un gruppo di privati cittadini ha organizzato una fiaccolata silenziosa lungo le vie del paese. Per ricordare e per pregare. Partecipare a questa manifestazione di rifiuto che gridi la volontà di reagire e di non lasciar più correre è un dovere morale e civile, è un segno di umanità e di coalizione contro un mostro invisibile che da troppo tempo ormai tortura una terra stanca.
Forse un giorno in Calabria non si morirà più giovani così, forse un giorno in Calabria non si morirà più di mafia. Solo quel giorno per Filippo sarà fatta giiustizia.
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