Nel bel mezzo della prima serata, mentre Gianni Morandi, nel ruolo di conduttore del Festival di Sanremo, è in procinto di presentare un brano musicale, sui televisori sintonizzati su Rai1 irrompono scene di guerra e distruzione: il palcoscenico dell’Ariston si oscura e diventa fumoso, un gruppo di comparse si precipita sul palco con espressioni spaventate e confuse, c’è un via vai di gente, qualcuno si accascia a terra come morto, intanto si sentono urla strazianti e sirene spiegate; seguono immagini di bombardamenti e guerra per terra e per mare. Poi, per un istante, il silenzio e immediatamente dopo, sulle note di “Facciamo finta che sia vero”, emerge il mitico Celentano accolto dal pubblico con calorosi applausi e grida di consenso.
Senza troppi preamboli, afferrato il bicchiere d’acqua che sarà suo compagno per tutta la durata dell’intervento, il Molleggiato va subito al dunque, esordisce con una dura e quanto mai esplicita polemica diretta agli uomini di Chiesa e ai due maggiori giornali cattolici del paese: “se c’è una cosa che non sopporto e che mi innervosisce, non solo dei preti, ma anche dei frati, è che nei loro argomenti, quando fanno la predica, o anche nei dibattiti in televisione non parlano mai della cosa più importante e cioè del motivo per cui siamo nati, quel motivo nel quale è insito il cammino verso il traguardo, quel traguardo che segna non la fine di un’esistenza, ma l’inizio di una nuova vita, insomma i preti e i frati non parlano mai del Paradiso” accusa Celentano, e continua “giornali inutili come l’Avvenire e Famiglia Cristiana andrebbero chiusi definitivamente, si occupano di politica e delle beghe del mondo anziché parlare di Dio e dei suoi progetti […] il discorso di Dio occupa poco spazio nelle loro testate ipocrite”. Inevitabili e soprattutto immediate le repliche in risposta agli attacchi di Celentano, e infatti a pochi minuti dalla fine dell’esibizione, Marco Tarquinio, sul sito di Avvenire (quotidiano di cui è direttore), commenta “Se l'è presa con i preti e con i frati che non parlano del Paradiso.
E se l'è presa con Avvenire e Famiglia Cristiana che vanno chiusi. Tutto questo, perché abbiamo scritto che con quel che costa lui alla Rai per una serata si potevano non chiudere le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo (in Africa, in Asia, in Sud America) e farle funzionare per un anno intero”. All’indomani dello spettacolo anche il SIR (Servizio di Informazione Religiosa) e la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) rispondono allo showman: “Quando l'ignoranza prende il Microfono per diffondere il suo messaggio è doveroso replicare, seppur con serenità e rispetto delle persone, per amore della verità”; le sue parole sono dovute al “vuoto di conoscenza di ciò che le testate cattoliche professionalmente sono" e al "vuoto di conoscenza del servizio che esse svolgono per la crescita umana, culturale e spirituale della società tutta. Un vuoto voluto, e quindi ancor più triste, perché a tutti è possibile conoscere e comprendere il ruolo laico dei media cattolici nel nostro paese”; mentre sul sito di Famiglia Cristiana si legge “Adriano Celentano è solo un piccolo attivista dell'ipocrisia, un finto esegeta della morale cristiana che sfrutta la tv per esercitare le sue vendette private”.
Critiche aspre sono rivolte a Celentano anche dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, e da Maurizio Luppi, vice presidente del Pdl; solo il coordinatore del Pdl sembra aver apprezzato il monologo del Molleggiato, Bondi, infatti, spiega che l’apparizione “può essere letta come un imprevedibile e commovente discorso sulla fede, un discorso pieno di pietà religiosa sulla vita e sulla morte, un discorso sull'amore che è il segno distintivo del cristianesimo”.
Ma l’intervento di Celentano non si conclude. Dopo un intermezzo musicale che sembrava segnare la fine dell’esibizione del cantautore, o che sembrava almeno voler distendere i toni, il monologo riprende, se possibile, più pungente di prima. L’argomento è la politica, in particolare viene messo in discussione il valore della sovranità popolare in Italia: viene inscenato un teatrino in cui Morandi, Papaleo (co-conduttore del Festival) e Pupo (inaspettatamente levatosi dalla platea del teatro) fanno da spalla allo showman milanese. Rocco Papaleo legge da un vocabolario ideale la definizione di “sovrano”: “la Costituzione italiana sancisce che il potere sovrano appartiene al popolo che esercita un potere pieno e indipendente”.
Il riferimento è chiaramente rivolto alla raccolta di firme che Di Pietro, Segni, Parisi, avevano organizzato qualche mese fa, e che aveva il fine di indire un Referendum con cui si proponevano delle modifiche all’attuale legge elettorale. Nonostante sia stato raccolto un numero più che sufficiente di firme, la Consulta ha negato il Referendum, segno questo, spiega Celentano sarcasticamente, che “o è la Consulta che sbaglia o bisogna cambiare vocabolario”.
Segue un secondo, più lungo, intermezzo musicale, e il monologo riprende. Ora Celentano si concentra sull’annoso problema della morte come unica certezza della vita, sul problema della labilità delle cose terrene, torna dunque a prendere piede il discorso dell’importanza della vita futura ed eterna, l’importanza dell’eticità necessaria sempre ed ovunque.
Tra monologhi e canzoni si conclude il lunghissimo intervento di Adriano Celentano che lascia al pubblico la bocca amara per la serietà e il rigore dei temi trattati; e lascia pure alle testate giornalistiche pagine e pagine di polemiche. Un’esibizione, dunque, molto discussa quella del Molleggiato, e ovviamente molto seguita, infatti la prima puntata del Festival registra il 50% di share. Ma i 12 milioni e settecentomila telespettatori non impediscono ai vertici della Rai di prendere provvedimenti: le parole di Celentano, soprattutto quelle rivolte e riferite agli uomini di Chiesa, indignati e irritati, hanno determinato il commissariamento del Festival di Sanremo.
Garimberti, presidente della Rai, sottolinea che l’azienda “non può che dissociarsi” dalle posizioni del cantautore; ma il commento più duro arriva da parte di Mario Mazza, direttore di Rai1, che accusa il cantante di aver “travalicato i confini del codice etico”, e reputa “di cattivo gusto” l’aver dato del deficiente ad Aldo Grasso e l’aver auspicato la chiusura di due testate giornalistiche. Solo Gianmarco Mazzi, direttore artistico del Festival, difende a spada tratta l’esibizione di Celentano: “Era il massimo che mi potessi aspettare: apprezzo molto un artista che ha il coraggio sempre di seguire strade non battute, di innovare” commenta.