Il ‘Premio Strega’, uno dei più importanti premi letterari in Italia, nasceva nel 1947 dall’iniziativa di un salotto letterario guidato dai due scrittori Maria e Goffredo Bellonci e veniva promosso dall’azienda Strega, produttrice del noto liquore a base di erbe.
Quindi ogni anno il Premio viene attribuito a quell’autore che fra una rosa di finalisti riceve il maggior numero di preferenze dalla giuria votante e viene così riconosciuto come miglior libro dell’anno. Questa giuria, soprannominata ‘Amici della Domenica’, è composta da 400 persone appartenenti al mondo della cultura italiana, fra scrittori, giornalisti, critici e studiosi.
Fra i passati vincitori di questo importante evento letterario a titolo esemplificativo potremmo citare autori come Ennio Flaiano con ‘Tempo di uccidere’ (1947), Primo Levi con ‘La chiave a stella’ (1980), Umberto Eco ‘Il nome della rosa’ (1982), Margaret Mazzantini ‘Non ti muovere’ (2003).
Edoardo Nesi, classe 1964, è uno scrittore e regista originario di Prato. Prima di ‘Storia della mia gente’, Nesi ha firmato altri sei libri: Fughe da fermo (1995), Ride con gli angeli (1996), Rebecca (1999), Figli delle stelle (2001), L’età dell’oro (2004), Per sempre (2007).
Per comprendere la realtà nella quale dobbiamo inserire il suo libro possiamo citare quanto Nesi, subito dopo la sua premiazione, ha dichiarato:«Questo è un libro di resistenza: il premio va anche a tutti coloro che hanno perso il lavoro, a chi ha dovuto chiudere la propria azienda, e alla mia città, che è meravigliosa». Il romanzo infatti si può considerare una significativa denuncia sociale, un velo squarciato su quanto sta accadendo alla piccola industria tessile pratese da un ventennio a questa parte. Nesi così ci accompagna e ci fa toccare con mano la quotidiana battaglia impari e solitaria che molti piccoli imprenditori stanno conducendo pur di salvare una tradizione e una storia industriale, «il lavoro creativo e romantico». Questa battaglia ha un nemico preciso ed è quella concorrenza sleale, perché priva di regole e di controllo, e quindi più forte, che in Italia è passata indebitamente sotto l’etichetta di ‘globalizzazione’.
La trama quindi ci fa conoscere le vicende di una famiglia di industriali tessili di Prato e questa narrazione diventa una preziosa occasione per descrivere le sfide e la trasformazioni che una storica tradizione industriale deve affrontare quotidianamente.
«Erano artigiani, straordinari e fragilissimi artigiani. Lontani pronipoti dei maestri di bottega medievali, e ciononostante rappresentavano l’ossatura di un sistema economico che incredibilmente si reggeva su di loro, e anche se era ben lungi dall’essere perfetto, funzionava, eccome se funzionava e si basava su quello che all’epoca erano le regole del libero mercato». L’autore, con una prosa diretta ed accalorata, ci fa appassionare in particolare al percorso personale e professionale del protagonista, giovane benestante erede dell’azienda tessile familiare.
Il ragazzo però, dopo essersi permesso il lusso di compiere scelte universitarie sbagliate, ma anche di viaggiare e vivere con intensità una fiamma amorosa, dovrà affrontare la realtà. Dovrà abbandonare tutti i fronzoli della sua precedente giovane vita e fare i conti con una situazione economica industriale difficile. Ovviamente il suo farsi protagonista delle vicende economiche familiari non è solo una scelta lavorativa obbligata ma anche volontà dettata dal cuore, che è poi il cuore anche dello stesso autore Nesi. Il dovere si fonde al volere ed alla passione per una tradizione industriale e creativa che noi semplici lettori possiamo toccare con mano, leggendo alcune frasi del libro:«Il rumore di una tessitura ti fa socchiudere gli occhi e sorridere,come quando si corre mentre nevica. Il rumore della tessitura non si ferma mai,ed è il canto più antico della nostra città,e ai bambini pratesi fa da ninna nanna.»
L’ambientazione scelta da Nesi è quindi proprio quella della sua città di origine, Prato. Piccolo comune toscano di 190.000 abitanti, è famoso in tutta Italia per la sua attivissima e storica produzione tessile. Già nell’Ottocento infatti Prato venne definita dallo storico Emanuele Repetti ‘la Manchester della Toscana’ e ai giorni nostri Nesi la descrive così:«si fonda sul tessile, costellata di decine e decine di aziende come la nostra» dove «non bisognava essere un genio per emergere, perché il sistema funzionava così bene che facevano soldi anche i testoni, … anche i tonti, purché dedicassero tutta la loro vita al lavoro" e dove si producevano “i tessuti più belli del mondo».
A Prato inoltre si trova una delle comunità cinesi più numerose d’Europa, dopo quella di Londra e Parigi, e l’autore nel suo libro ci parla della capacità imprenditoriale di questa comunità nel settore tessile e del difficile rapporto con i tradizionali lanifici italiani. La storia infatti delinea uno scenario caratterizzato da aziende italiane che stentano a far quadrare i bilanci e dai determinati imprenditori cinesi che sono riusciti ad inserirsi nel settore, sbaragliando la concorrenza italiana.
La storia del protagonista è però in realtà la storia di tanti piccoli imprenditori locali ed anche dello stesso autore. Infatti questo quadro acquista un forte connotazione realistica se consideriamo che lo stesso Nesi, prima di diventare un acclamato scrittore, è stato un imprenditore, proprio a Prato.
Impegnato per molti anni nell’attività tessile della famiglia, ha anche lui lottato contro la concorrenza cinese e alla fine ha dovuto vendere la sua azienda di famiglia. Così la vicenda raccontata ed anche vissuta da Nesi è una storia che ci permette di toccare da vicino uno dei tanti esiti della crisi economica ed industriale italiana e di conoscere un settore, quello tessile, fatto di tradizioni, difficoltà ma anche della volontà di resistere dei piccoli imprenditori.
Il libro allora si può considerare come un’interessantissima e rabbiosa analisi economica, politica e sociale, una testimonianza di una globalizzazione che in alcuni settori specifici si sta rilevando controproducente e negativa, perché non regolamentata e controllata. Così la bravura letteraria di Nesi consiste nel farci comprendere che la storia del protagonista è in realtà la storia di quegli italiani che hanno dovuto abbandonare l’idea fittizia e rassicurante di un benessere scontato e fare i conti con una parabola economica della globalizzazione che sta mettendo a rischio la stessa esistenza delle loro attività lavorative ed industriali. Ma attenzione: non è una condanna al libero mercato, ma è una critica all’assenza di regole o semmai una denuncia nei confronti del quotidiano oltraggio alle regole perpetrato da alcuni sfrontati o improvvisati imprenditori.
Infine bisogna aggiungere un interessante elemento, tecnico e commerciale, collegato al ‘Premio Strega’ e che potremmo introdurre con quanto pronunciato da Nesi all’atto della sua premiazione: «C’è un certo piacere a rompere il monopolio della Mondadori. Era arrivato il momento». Infatti il libro di Nesi è pubblicato da Bompiani, casa editrice appartenente al gruppo economico italiano RCS Libri. Invece negli scorsi quattro anni il Premio Strega è stato riconosciuto a libri che erano stati tutti pubblicati dalla Mondadori: ‘Come Dio comanda’ di Niccolò Ammaniti (2007); ‘La solitudine dei numeri primi’ di Paolo Giordano (2008); ‘Stabat Mater’ di Tiziano Scarpa (2009) e ‘Canale Mussolini’ di Antonio Pennacchi (2010). Ricordiamo che la Mondadori è un importantissimo e florido gruppo editoriale italiano di proprietà di Marina Berlusconi, figlia del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Lungi dal voler vedere o attribuire connotazioni politiche, possiamo comunque dire che tale dato acquista una certa rilevanza se consideriamo che un premio importante come quello ‘Strega’ contribuisce innegabilmente ad incentivare ed incrementare le vendite del libro e quindi le entrate economiche della casa editrice vincitrice.
Così ogni anno, prima e dopo della proclamazione del ‘Premio Strega’, si alza in un angolo un coro di polemiche legate al metodo di votazione e alla necessità di cambiare il regolamento della premiazione. C’è chi infatti congettura che la giuria, composta dai 400 ‘amici della Domenica’, possa venire influenzata dai grandi gruppi editoriali che così, attraverso voti pilotati, riescono ad aggiudicarsi il tanto ambito ‘Premio Strega’. Queste critiche vengono consolidate da semplici osservazioni, come ad esempio che i votanti possono essere a loro volta scrittori pubblicati da queste grandi case editrici e che il voto attribuito non è in realtà basato sul successo di vendite o di gradimento di pubblico, il quale invece si costruisce dopo la premiazione. A questo si somma la constatazione di una consolidata tradizione di vittorie dei soliti grandi gruppi editoriali ed il fatto che le piccole e locali case editrici non riescono mai a scavalcare la staccionata e promuovere i loro libri.
Ma tutto sommato possiamo dire che queste polemiche possono continuare a rimanere in un angolo, se consideriamo invece il grande merito che al ‘Premio Strega’ bisogna riconoscere: la capacità di sostenere e promuovere almeno una volta l’anno la conoscenza della Letteratura italiana, regalandoci così la possibilità di conoscere capolavori che ci potranno accompagnare durante le nostre calde giornate estive.
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