Open Roads 2017: tra passato e futuro, il presente del cinema italiano

Tommaso Cartia (June 09, 2017)
Open Roads: New Italian Cinema 2017, il festival che da ormai diciassette anni offre l’occasione al pubblico americano di sperimentare le ultime tendenze estetiche del cinema italiano contemporaneo è tornato a New York al Walter Reade Theatre del Lincoln Center con una ricca e variegata selezione dei film italiani più rappresentativi di questa annata. Noi di i-Italy abbiamo avuto l’occasione di intervistare i registi che hanno presentato alcuni dei titoli tra i più originali e controversi.

Organizzato da Istituto Luce - Cinecittà in collaborazione con Film Society of Lincoln Center, Open Roads è diventato nel corso degli anni una tradizione ed un appuntamento importante per i protagonisti del nostro cinema e per tutti gli appassionati di cinema italiano d’oltralpe. Un’occasione unica di scambio per registi ed attori iche hanno confronto l’opportunità di confrontarsi con il pubblico cosmopolita americano. La selezione di quest’anno presenta un ventaglio di tematiche, di generi e di stili che ci raccontano di un’Italia che sente forte il bisogno di comunicare la propria individualità artistica e nel contempo accogliere la diversità e le suggestioni di una realtà sociale sempre più globalizzata. Dando uno sguardo complessivo al programma di Open Roads, si evince quanto il cinema italiano mantenga ancora forte quel carattere unico ed inconfondibile che ha fatto scuola e che ha fatto la storia del cinema moderno.

Neorealismo contemporaneo

E così è ancora viva l’avanguardia del neorealismo, un neorealismo del 2017, nel film che ha aperto il festival, Indivisibili di Edoardo De Angelis. La pluripremiata pellicola che ha vinto 6 David di Donatello ed è ora candidata a tre Globi d’Oro 2017 incluso miglior film, ha avuto già modo di farsi notare dalla critica e dal pubblico estero alla 73ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e al Toronto International Film Festival. Il film ci presenta la verità dura ed intensa di uno spaccato di vita reale ambientato nei sobborghi napoletani, dove si anima la storia di due gemelle siamesi (il folgorante debutto di Angela e Marianna Fontana), dotate di un grande talento canoro e trasformate dalla loro famiglia in un folkloristico e lucrativo fenomeno da baraccone itinerante. Il neorealismo si tinge di immagini simboliche ed evocative che trascendono in un realismo magico che trasforma le due gemelle in un’icona di speranza per il pubblico che le richiede e le venera. L’immaginario però si scontra con la condizione umana di queste due ragazze che percorrono il loro viaggio interiore alla ricerca della loro specifica individualità, una voglia di normalità, di gioventù negata dalle forzature della famiglia che le vuole mercificare.

Proprio della dicotomia tra realismo e simbolismo abbiamo parlato con Edoardo De Angelis: “Dal punto di vista estetico nella diatriba eterna tra il realismo e la rappresentazione magica, io cerco di rappresentare una forma di verità. È una modalità che parte da un’indagine della realtà molto approfondita ma che non sempre accetta il limite della rappresentazione del realismo. A volte per raccontare una verità l’immagine richiede di essere riformata e simbolizzata, deve diventare poesia.”

In Indivisibili, simboli arcaici e rappresentazioni contemporanee coesistono nel tentativo di afferrare la natura vera di una situazione reale che non è mai solo contemporanea. “Se si insegue la contemporaneità si rischia di rappresentare un mondo in una maniera che invecchia immediatamente”, ci dice De Angelis, “nel momento in cui sto raccontando qualcosa di estremamente contemporaneo come potrebbe essere la pagina di un giornale con una data, il giorno dopo quella pagina sarà vecchia. La compresenza di elementi arcaici, moderni e anche futuristici è funzionale, se si riesce ad inglobare il tempo del passato con il presente ed il futuro in un unico fotogramma si è reso un servizio più onesto ad una forma di rappresentazione vera. Nell’equilibrio precario tra presente e futuro si annida la vita.”

In questa ricerca tra realismo ed immaginazione interviene anche il commento musicale del film ad opera di Enzo Avitabile, altro grande protagonista della storia. “Con Enzo Avitabile abbiamo abbiamo deciso di lavorare su due elementi fondamentali. Le percussioni che dovevano rappresentare l’elemento terreno, materiale e i fiati che dovevano rappresentare un aspetto più trascendentale. La sceneggiatura ha inseguito la partitura e la partitura ha seguito la sceneggiatura.”

Parlando di questa trasferta statunitense, De Angelis si dimostra entusiasta di avere l’occasione di presentare il film qui alla sua premiere newyorchese: “Un mio desiderio è sicuramente quello di vedere i miei film distribuiti negli States. Questo pubblico in particolare in questo momento storico penso possa essere molto sensibile alla questione dei fenomeni da baraccone…”

Nel solco della tradizione neorealista spicca anche Fiore, il nuovo film di Claudio Giovannesi che ha conquistato pubblico e critica e collezionato diverse candidature sia al David di Donatello che ai Nastri d’Argento. Un agrodolce racconto di formazione di una ragazza detenuta in un carcere giovanile che scopre l’amore per un altro carcerato, interpretato da un Valerio Mastandrea in stato di grazia. Qui è la periferia romana protagonista, una periferia che nella sua ineluttabile durezza scopre la sua poesia.

Il romanzesco ed il film di genere

Dal ritrovato neorealismo ad una struttura narrativa più romanzata, forse più classica nel senso letterario del termine. Le confessioni del regista siciliano Roberto Andò, parte da uno scenario realistico: una riunione del G8 organizzata in un lussuoso hotel da alcuni ministri dell’economia impegnati nell’approvazione di una manovra segreta. La vicenda assolutamente verosimile si tinge dei toni del giallo romanzesco quando un monaco (Toni Servillo), invitato speciale della riunione, raccoglie l’importante confessione di uno dei membri del G8 che potrebbe aver rivelato un segreto destabilizzante poco prima di suicidarsi. Il monaco irrompe come una figura silenziosa, una sentinella nel buio della coscienza dei ministri, una guida che li conduce a confrontarsi con i loro demoni e a fare i conti con la propria etica. I protagonisti sono messi letteralmente a “nudo”, svestiti delle loro istituzionalità per rimanere spogli di fronte alla loro dis-umanità.

“Il monaco è una figura particolare, non allineata al potere centrale della chiesa, è una figura eclettica.” Spiega Andò. “I monaci fanno un voto reale di povertà e di rinuncia ai beni materiali. Il film mette insieme due mondi opposti in una condizione realistica, perchè capita spesso in questi meeting che vengano invitate delle personalità esterne. Il monaco è un personaggio di rottura che mette questi ministri a disagio, li mette con le spalle al muro ma non in modo predicatorio. Semplicemente essendo com’è e soprattutto con il suo silenzio che diventa una chiave di lettura del film.”

Il regista siciliano forte di una formazione letteraria importante, di una scrittura “romantica” ma anche di forte denuncia, giornalistica in un certo senso, cresciuta nel confronto con modelli importanti come Leonardo Sciascia ed il regista Francesco Rosi; si avvale del registro romanzesco per indagare la realtà.

“I film nascono da un aspetto narrativo. A volte questo aspetto scompare in alcuni film che non si ricordano per la trama ma per un’estetica magari più importante. In questo film invece c’è un racconto. La storia ha una struttura particolare perchè è tutta ambientata in un solo luogo, questo hotel che diventa anche un personaggio. C’è sicuramente una forte eredità neorealista in Italia, ma accanto a questa c’è sempre stata anche una linea più romanzesca che non vuole escludere la realtà ma fa entrare dentro la realtà anche l’elemento dell’ipotetico, del possibile. Questo crea il romanzo.”

Il film che esce a Luglio negli Stati Uniti è forte di un messaggio e di una provocazione attualissima che si fa specchio di molte delle recenti trasformazioni economico-politiche che stanno attraversando il mondo ed in particolare l’America. Un importante spunto di riflessione per il pubblico americano.

Forti di un impianto e di una struttura narrativa romanzata sono anche il nuovo poetico film del maestro Marco Bellocchio Fai bei sogni e il debutto di Andrea De Sica con Children of the night/I figli della notte - un viaggio di formazione, l’educazione sentimentale di una gioventù tanto classica negli intenti quanto trasgressiva nel tono e nell’esecuzione.

La Commedia all’Italiana, documentario e cinema sperimentale

Spazio anche per la commedia all’italiana riletta con originalità ed un registro tragicomico da Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, che torna a parlare di mafia dopo il grande successo de La mafia uccide solo d’estate. In guerra per amore affronta un capitolo importante della storia italiana: la seconda guerra mondiale e lo sbarco degli alleati in Sicilia indagando la collaborazione che avvenne tra gli americani e la mafia siciliana. Il tutto alleggerito da una storia d’amore, motore dell’azione. Importanti i modelli di riferimento, da Alberto Sordi in Finchè c’è guerra c’è speranza a La vita è bella di Benigni. La verve in bilico tra irriverente ironia e sognante disincanto convincono in questa seconda prova da regista per il conduttore televisivo siciliano che si appropria sempre di più di una sua personalissima cifra stilistica. Il genere del documentario italiano è rappresentato qui ad Open Roads da Deliver us/Libera nos di Federica Di Giacomo, un controverso trattato sul fenomeno dei padri esorcisti che più che sulla sensazionalizzazione folkloristica della pratica si concentra sull’aspetto sociale della problematica e sul “business” dei preti.

Tra grottesco, ironia e cinema sperimentale colpisce anche Ears/Orecchie di Alessandro Aronadio che non a caso ha soggiogato la platea a Venezia 2016 e sta adesso continuando la sua sorprendente ascesa. Qui il cinema è al suo apice come forma espressiva, sono proprio le potenzialità espressive del mezzo che costruiscono la narrazione del tutto fotogenica. La scelta del bianco e nero e di un formato visivo che si allarga con il passare del tempo, raccontano la storia di un insegnante di filosofia stanco ed annoiato di sè che si risveglia improvvisamente con uno scopo, decifrare un messaggio che parla della morte di un suo amico Luigi, amico di cui lui in realtà non conosce affatto l’esistenza. Tra nonsenses e giochi surreali il viaggio del protagonista, interpretato con grande maestria da Daniele Parisi, è un viaggio del tutto interiore, alla scoperta del suo vero io.

In uscita prossimamente su i-italy un'intervista più approfondita a Pif che sarà anche protagonista della nostra prossima puntata, in onda questa domenica all'1pm su NYC Life Channel 25 (HD ch 525). Stay tuned!

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