L’altra settimana un nostro lettore, commentando la mia riflessione sull’anemia dei cristiani in politica, mi ha violentemente contestato scrivendo che sono un nostalgico del Pd e che in realtà nascondevo altra sostanza dietro i miei ragionamenti, forse, a suo dire, la mia simpatia per i matrimoni gay, l’indifferenza per l’aborto, la poca attenzione alla famiglia tradizionale. Ovviamente chiunque è libero di dire e pensare di proprio, anche se almeno sarebbe cosa buona se prima di criticare si facesse davvero una ricerca seria, si leggessero gli articoli per intero, ma visto che qualcuno ogni tanto dentro e fuori la Chiesa sembra volersi fare mio confessore, dico con estrema chiarezza che la mia preoccupazione da cristiano, in questo momento storico, resta la libertà e la democrazia nel mondo e soprattutto nel mio Paese.
Non mi piace questo Pd, non mi piacciono nessuno dei tre segretari che erano in corsa, non mi convince Zingaretti, ma le primarie di domenica scorsa, la folla ai gazebo, di sicuro lasciano sperare che la democrazia possa ancora parlare al popolo oltre le parolacce di una pseudo politica che scassa senza costruire, che abbaia per mordere al comando del padrone, che vende menzogna come se fosse un elisir di lunga vita. Nella mia vita di parroco non ho mai consigliato a un fedele quale dovesse essere la sua scelta elettorale, convinto come sono che compito della Chiesa non sia indirizzare a questa o altra parte politica, ma dovere evangelico di un credente, ancora di più di un consacrato, è ricordare che per Vangelo e per Magistero non esiste altra forma di stato e di politica più vicina al pensiero del Maestro che quella democratica. La democrazia non è uno tra i tanti regimi politici affermatisi nel travaglio della storia, ma l’unico regime politico degno dell’uomo: solo nella libertà è possibile coniugare diritti e doveri del singolo e della comunità, solo nella libertà la fede credente trova ampiezza di significati. La fede cristiana non obbliga per dogma i propri fedeli ad essere democratici, cristianesimo e fede cristiana non potrebbero mai essere vassalli di nessun sistema politico neppure della democrazia, ma la democrazia deriva dal cristianesimo come manifestazione temporale dell’ispirazione evangelica.
E nella democrazia la prima forma di lotta e di partecipazione resta l’affermazione dei diritti umani, struttura di riferimento e paradigma assoluto per chiunque voglia riconoscersi nel suo linguaggio, nelle sue regole, nella sua filosofia. Uguale paradigma del cristianesimo che, lanciando la sfida dell’amore universale, mette l’uomo al centro del suo annuncio e chiama fratello ogni uomo, tutto l’uomo. La politica per il cristiano è impegno assoluto nel cercare la libertà come aria da respirare, come percorso e meta del suo viaggio. La Chiesa non sempre nella storia è stata capace di consigliare questa strada, per calcolo monarchico e per suo paternalismo assolutistico ha scelto di legarsi sovente a regimi autoritari che gli permettessero l’impero senza la fatica dell’evangelizzazione, senza la carità del dialogo con la diversità. Ma dopo la seconda guerra mondiale, dopo gli stermini e il dolore delle dittature di cui è stata in parte se non complice spesso silente, il Concilio Vaticano II ha rivendicato per i credenti in Cristo la visione evangelica della partecipazione politica che non può che essere democratica. Piaccia o meno, ma per la mia formazione, per la mia storia personale, per la mia ricerca di uomo e di pastore resto convinto che ogni uomo di buona volontà, credente o meno che sia, non possa restare indifferente dinanzi alla rappresentazione di una falsa democrazia, posseduta dal demone della menzogna, passata col metodo della propaganda, pronta ad usare ogni mezzo per persuadere o ingannare, che giorno dopo giorno si indebolisce rendendo insignificante la libertà.
I Putin, i Trump, gli Erdogan, gli Orban e quelli di casa nostra hanno trovato brodo di cultura in una cultura della partecipazione massacrata dalla precedente politica dell’interesse corrotto, da chi aveva il dovere di preparare i cittadini alla partecipazione democratica alla vita dello Stato soprattutto mentre una crisi economica senza precedenti devastava speranze e costringeva per fame all’esilio dalla libertà.
Ora i populisti e i sovranisti governano e stanno preparando il mondo alla loro idea di mondo senza che il mondo se ne renda conto. Perdere la democrazia, cederla per qualche spicciolo di elemosina promessa, non vale la pena, anche perché quello che è dato oggi sarà largamente preteso indietro con gli interessi. Per questo motivo, chiunque di destra o di sinistra, di sopra o di sotto, lotterà perché la democrazia e la libertà ritornino ad essere il centro del dibattito politico, per quello che conta, avrà la mia benedizione.
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