“IO sto con loro”. Con queste parole ho condiviso sulla mia pagina Facebook
il video di Repubblica Tv [2] che racconta di bambini nati nel nostro Paese, che crescono con i nostri figli, con il loro stesso dialetto, con i nostri costumi e la nostra cultura. Bambini che aspettano che sia loro finalmente riconosciuto il diritto sacrosanto dell’appartenenza, quello ius soli che nient’altro resta che solum ius, solo un diritto, soltanto un sacrosanto diritto che nasce dal bisogno di una nazione di aprire orizzonti nuovi di futuro benessere e di pace per se stessa e per le generazioni che l’abiteranno domani.
In tempo di calo demografico, mentre il mondo è dilaniato da pestifere ideologie disgregative, “Io sto con loro” è schierarsi e scegliere in quale parte del campo giocare la propria avventura e rendere possibile il sogno di un’umanità che sa accogliere, apprezzare, accettare la diversità come valore straordinario per costruire una società integrata, giusta, orientata alla fraternità e all’armoniosa sintesi tra localismo e universalità. Non è un atto di carità, di misericordia, quasi elemosina da passare a chi è inceppato nella sfortuna di non essere italiano, ad usurpare spazio e capitali, è solo ius, giustizia che dice a chi non ha altro Paese che il nostro che è anche il suo.
È solo intelligenza visionaria che politicamente organizza speranza investendo sul capitale umano, sulla risorsa più generosa per dire possibile una nazione più forte economicamente, più coesa, più lungimirante. Io sto con loro e non con il vecchio e il nuovo politichese che nasconde dietro la foglia di fico di altro a cui pensare, di altre emergenze da affrontare, il calcolo opportunistico o peggio il malcelato razzismo, barattando la dignità di figli, perché di nostri figli si tratta, di “fratelli d’Italia” anche loro, con qualche spicciolo di voti in più da pescare nel sottobosco del mai sopito spirito italico di fascista memoria.
Quella stessa attitudine di far passare come giusto l’inganno che i diritti siano appannaggio di sangue e non di lavoro, di fatica, di osservanza della legge, di logica dell’appartenenza che superando il sangue rende cittadini chi ama esserlo, chi desidera esserlo, chi lotta per esserlo.
L’insano verbo di chi divide, di chi cerca adepti scegliendo di “difendere” la dignità di una nazione proteggendola dall’invasione dei barbari, pur sapendo che gli unici barbari sono quelli che non sanno essere curiosi della diversità, quelli che orientano, formano, partoriscono persone ignoranti e grette come chi in risposta alla mia condivisione così postava: “Non sarebbe più giusto accogliere e aiutare, nei limiti delle risorse disponibili, garantendo diritti in cambio di doveri e in misura mai superiore a quelli dei cittadini?“. Diritti mai superiori ai nostri, meglio sottoposti, forse schiavi. Dovranno pure crescere questi bambini e se vorranno restare, dovranno stare alle nostre dipendenze, ai nostri capricci. Beppe Grillo dice che la legge sullo ius soli in parlamento è un pastrocchio invotabile, basta con il buonismo, ma non dice come dovrebbe essere, non la vota passando la palla complice a Salvini che fa per lui il lavoro sporco, non si nasconde, non c’è bisogno di uno ius soli, non abbiamo bisogno di far crescere come italiani futuri membri di un prossimo partito islamico.
È colpa della Chiesa, rincara Calderoli che meglio farebbe a preoccuparsi di disoccupati e poveri, dimenticando che però il compito dovrebbe essere il suo, quello della politica di dare risposte ai cittadini, soprattutto ai più disagiati e che la Chiesa fa la sua parte, anzi se non ci fosse stata la Chiesa a fare da supplenza nella mancanza dello stato sociale causato dalla corruzione e dal disastro politico morale provocato dal ventennio berlusconiano di cui il suo partito era complice e solidale, l’Italia non sarebbe stata risparmiata da più gravi disagi economico sociali. Lo stesso dice più “gentilmente” Di Maio, dimenticando che nel 2013 era lui a proporre lo ius soli: “parliamo di disoccupati”. Mi sentirei offeso da disoccupato se qualcuno barattasse il mio diritto con il diritto di qualcun altro. Ciò che è vero è vero in sé ed è in sé che va ragionato: ma anche i 5 Stelle ormai hanno capito come funziona la politica nel nostro Paese.
Non parlo di altri che ormai legano il ciuccio dove vuole il padrone di turno, inqualificabile la sceneggiata che quotidianamente offrono alla mancanza di idee e di visione. Io sto e resto con i prossimi italiani, con la loro giovinezza che come acqua nuova purificherà la stagnante, i nostri figli che faranno grande il nostro e il loro Paese. Io sto con loro, con tutti i giovani italiani per sangue, per nascita o per cultura, perché se fossi altrove avrei perso me stesso e tradito il mio essere davvero italiano.