Come viene percepito e visto negli Stati Uniti il design italiano? Lo abbiamo chiesto a uno dei maestri più rappresentativi e provocatori di questo campo, Gaetano Pesce. Il maestro risponde riflettendo sul significato profondo del design come commento della realtà diventando innovazione e sperimentazione. Concetti inizialmente nuovi per il pubblico americano che ha da subito apprezzato il design italiano, in particolar modo quello “radicale” del maestro Pesce. Perche’ “La diversità è una delle grandi qualità del nostro momento e noi in quanto individui siamo responsabili di noi stessi”. Naturalmente abbiamo anche approfittato per parlare dei nuovi progetti...
Gaetano Pesce e’ un artista la cui dimensione politica e sociale lo ha portato a essere sempre avanti con i tempi e ancora oggi rappresenta una icona indiscussa di avanguardia e al tempo stesso di creatività. E’ riconosciuto in tutto il mondo per avere legato intimamente la sua italianità al modo di esprimersi e lo ha fatto senza avere peli sulla lingua, provocando il mercato dell’arte e della cultura. Design e’ anche esplorazione dei problemi esistenziali. Talvolta lo ha espresso anche senza nascondere il suo disappunto nei confronti del Bel Paese come la famosaItalia in Croce del 2010.
Perchè per Gaetano Pesce arte e design significano anche partecipazione, appartenenza alla polis. Nel suo lavoro mira ad unire l’esigenza pratica a un messaggio filosofico, politico o esistenziale. Ed è qui che il design accresce la sua portata culturale: “Quando invece di creare semplicemente un oggetto pratico, qualcosa che serve per sedersi o mangiare, riusciamo anche a far pensare,” ci dice. “è quello alla fine il ruolo dell’arte”.
Lei è uno dei maggiori esponenti del design italiano in particolare del “design radicale”. E’ una definizione che le piace? Lei è noto per essere un grande "provocatore".
Le risposte non le devo dare io, ma eventualmente il pubblico cui il mio lavoro è dedicato. Se essere radicale significa guardare in avanti e sperimentare, allora lo sono. Quanto ad essere provocatorio, non lo faccio per partito preso; la provocazione sottintende la novità, l’invenzione e la scoperta, e in certi casi mi è capitato di esserlo.
Nel 1972 lei fu tra i partecipanti alla famosa mostra presso il Museum of Modern Art intitolata Italy: The New Domestic Landscape. Fu proprio in occasione di quella mostra che venne coniato il termine “made in Italy” come simbolo di qualità e di unicità. Ci racconta di quella mostra e di cosa significò per lei, per il design italiano, e per l’immagine dell’Italia negli USA?
Quella mostra è stata estremamente importante per fissare il contributo dell’Italia come pietra miliare nella storia del design. A distanza di 44 anni, il design italiano resta il più importante, a causa dei creativi, certo, ma soprattutto degli industriali. Per me quella mostra è stato l’inizio di un modo di considerare il design come commento della realtà; secondo me, continua ad essere così e lo sarà sempre di più. In altre parole, Design come Arte. Ho sempre pensato che il Design sarebbe diventato l’arte del futuro, il che non è ancora detto ma se ne parla sempre di più. Lo pensavo alla fine degli anni ‘60 e continuo a crederci ancora oggi. La realtà del Design è quella di essere portatore di una cultura molto più vasta.
Qual è la percezione del design italiano al di fuori del nostro paese? In particolare, come viene vissuto e avvertito negli USA? Secondo lei abbiamo ancora qualcosa da “insegnare” al mondo?
Il design negli Stati Uniti non è Design, ma re-design, cioè una ripetizione di qualcosa di già visto, oppure un prodotto derivato dal marketing. Sono convinto che l’Italia, invece, resti di gran lunga il paese che più si avvicina al Design come espressione di un progetto innovativo.
Dal 1983 lei frequenta New York regolarmente, ci vive, ci lavora e qui ha realizzato molte opere che fanno ormai parte della città e della sua anima italiana — dall’architettura all’oggettistica e agli arredi. Alcune delle opere da lei realizzate sono esposte presso i grandi musei di questa città, tra cui il MoMA e il Metropolitan. Ci indica una sua opera newyorkese a cui a cui e’ più affezionato? Una che possiamo consigliare ai nostri lettori?
Ce ne sono due, una realizzata e l’altra no. La prima è il “Tramonto a New York” del 1981, un divano che parlava dell’identità di una città probabilmente in decadenza. L’altra è un progetto che ho fatto dopo il 2001, quando le Torri Gemelle vennero distrutte da degli imbecilli. La mia idea rispondeva al pessimismo dell’atto terroristico con un’immagine ottimistica, un’espressione positiva che utilizzava, il logo I love NY faceva di un progetto architettonico un’immagine popolare amata dal mondo intero.
L’architettura è un’altra sua grande passione. Tra i suoi tanti progetti, come è nata l'idea di presentare alla città di Padova il progetto per la Torre Porta Molino? Si tratta di una proposta che vuole valorizzazione il territorio attraverso l'arte. Ci racconta cosa e' successo? Come procede?
A Padova ho fatto il liceo, quindi conoscevo da tempo questa torre dove Galileo aveva elaborato le sue teorie e scoperte, e mi chiedevo da molto tempo perché Padova non celebrasse Galileo in modo da attirare visitatori e far conoscere al mondo che questo grande genio nostrano aveva passato li una importante parte della sua vita. Più recentemente ho affrontato il problema dedicandomi di più alla realizzazione di un progetto, che si chiama “Padova Onora Galileo”, di messa in valore del luogo dove ha effettuato le sue scoperte. Prossimamente presenterò alla giunta comunale il risultato di questo lavoro. Spero verrà accettato e così vi sarà una nuova attrazione tra le molte ricchezze straordinarie di Padova, prima tra tutte la Cappella degli Scrovegni.
Vorrei anche aggiungere che in passato l’Italia realizzava progetti che erano seguiti e copiati nel mondo intero per la loro forza innovativa, vedi la Cappella del Brunelleschi o il classicismo di Palladio. Mi chiedo perché questo non avvenga più nel nostro paese e si assiste invece a delle costruzioni che appartengono più alla categoria dell’edilizia che a quella dell’architettura.
Che consiglio darebbe a un giovane che vuole intraprendere una carriera come la sua?
Di essere curioso e di non essere conservatore.
Source URL: http://iitaly.org/magazine/focus-in-italiano/arte-e-cultura/article/design-come-strumento-di-critica-sociale
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