In principio era New York, il graffitismo e Taki 183. Siamo nei primi anni 70 e la città venne tappezzata dalla firma di un ragazzino, Demetaki, di origine greca che viveva sulla 183rd Street, Washington Heights.
Poi venne Bansky e cambiò per sempre il modo ed il concetto di arte stradale, rendendola arte, con messaggi sociali potentissimi. Le città come palcoscenici, cornici e vettori di un’arte aperta a tutti. Fuori dalle sale ovattate dei musei, capace di gridare a tutti disagio sociale, voglia di cambiamento, emarginazione inascoltata. Prese quindi piede nei quartieri più degradati, nelle periferie del mondo, e di New York principalmente, che reclamavano attenzione. Ma da Street Art a Wall Street Art il passo fu breve. Oggi nella Grande Mela, gli street artist vengono assunti da grandi compagnie multinazionali per campagne pubblicitarie alternative ai mezzi di comunicazione tradizionali.
Ovviamente New York viaggia ad una velocità diversa dal resto del mondo. E mentre lì Bansky&co sono affermatissimi da diversi anni, nel vecchio continente, e soprattutto in Italia, la street art è ancora al primo step, sta pian piano venendo fuori dalle periferie, come simbolo di riqualificazione, per attirare pubblico e visitatori. Tra i palcoscenici più utilizzati dagli street artist in Italia spicca Napoli con le sue periferie. Da Scampia a Ponticelli. Da Secondigliano a Barra. Napoli è in pochi anni diventata eccellenza nella street art, diventando capitale d’Europa, insieme a Londra e Berlino, di questa nuova forma d’arte.
Al suo sviluppo ha senz’altro contribuito Inward, il primo osservatorio sulla creatività urbana, diretto da Luca Borriello, Roberto Race e Salvatore Velotti, che svolge attività di ricerca e sviluppo nell’ambito della creatività urbana, operando con un proprio modello di valorizzazione nei settori pubblico, privato, no profit ed internazionale, con progetti che negli anni sono divenuti piattaforme stabili, con partner pubblici o privati. Una sorta di network, di rete tra città, artisti, aziende ed istituzioni: un vero e proprio coordinamento di associazioni no profit che vuole promuovere uno sviluppo coordinato dell’arte urbana, un programma educativo di inclusione sociale in periferia ed un’alleanza internazionale di organizzazioni specializzate. Un centro nevralgico che coordina in tutto il paese oltre 250 progetti e 20 Festival e che monitora assieme a 12 università 156 comuni e 35 associazioni in 15 regioni del paese. Tra i progetti più noti vi sono il murales che raffigura San Gennaro a Forcella e la bambina di etnia rom a Ponticelli, entrambi di Jorit Agoch.
Ritornando a Bansky ed a Napoli, nella città partenopea è presente l’unica opera in Italia dello sconosciuto writer inglese: l'artista ha realizzato in Via Benedetto Croce, uno stencil che rappresentava una reinterpretazione dell'Estasi della beata Ludovica Albertoni del Bernini, raffigurata con in mano delle patatine e un panino, simbolo del consumismo. L'opera è stata cancellata nel maggio 2010 da un writer napoletano che l'ha coperta con un enorme murales. Invece resiste in Piazza dei Gerolomini, poco distante da via Benedetto Croce, la cosiddetta Madonna con la pistola, reinterpretazione di un'opera del barocco romano, Sant'Agnese sul rogo. E proprio Inward ha lanciato una petizione per salvaguardare e proteggere quest’unica opera in Italia di Bansky.
Napoli come New York quindi. Legate dal parallelo, legate dal nome simbolo di novità, legate dall’arte e dalla creatività. Napoli come New York capitali della street art mondiale. Napoli come New York si colora per un rinascimento creativo.
Source URL: http://iitaly.org/magazine/focus/life-people/article/napoli-come-new-york-capitale-della-street-art
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