Fermi tutti. Adesso si ricomincia da qui.
Questo sembra essere il messaggio dato dagli italiani a poche ore dalla chiusura delle urne per le elezioni europee. È vero, si trattava di Europa, eppure la posta in gioco era alta, anche e soprattutto in casa, per tutti i partiti, a cominciare dal Partito Democratico, che affrontava il giudizio degli italiani per la prima volta dall'ascesa di Matteo Renzi alla segreteria.
E adesso, a poche ore dalla chiusura delle urne, si riparte da qui. Da quaranta. Risultato “tondo”, di quelli che non si vedevano da decenni. Per l'esattezza dal 1958, anno in cui un altro toscano come Renzi, Amintore Fanfani, aveva toccato una soglia così alta. Erano altri tempi, bisognava arginare il “pericolo comunista”, l'Italia era in una posizione strategica nello scenario della guerra fredda e l'unico modo possibile per gli italiani era affidarsi alla Democrazia Cristiana. Oggi il Paese si trova a vivere una realtà diversa da allora eppure, come allora, si deve ricostruire su “macerie”. Nel 1958 ci si risollevava dopo la guerra e si andava speranzosi incontro agli anni del “boom” economico. L'Italia di oggi si trova ancora nel pieno della crisi economica più lunga degli ultimi decenni, con un sistema politico allo sbando, con una Tangentopoli mai finita che continua a bloccare la crescita del Paese.
Si riparte da qui, da un voto dato da un ceto medio frastornato e impaurito da una campagna elettorale cruenta come non mai, da giovani, anziani, disoccupati che da Nord a Sud si sono trovati in bilico tra una pallida speranza e una protesta rabbiosa. E tutti, sia chi ha vinto sia chi ha preso una sonora batosta, dovranno riflettere sul voto, ma anche sul non voto, sull'astensione che rappresenta un chiaro messaggio dato a tutta la classe politica.
Il vincitore è senza dubbio Matteo Renzi. Ancora una volta gli italiani si sono affidati ad un uomo solo. Renzi ha giocato la partita più importante della sua carriera politica, sbaragliando l'opposizione interna al suo partito che appare sempre più indebolita, surclassando i suoi avversari, a cominciare da una destra che sembra dissolta, per finire a Beppe Grillo che non ha convinto, anzi ha impaurito, gli elettori italiani.
E uscendo fuori dai confini nazionali, visto che si trattava di elezioni europee, Renzi vince anche in un'Europa che appare devastata, senza più i punti di riferimento degli ultimi due decenni. In Francia, Grecia e Gran Bretagna i due partiti “storici”, popolari e socialisti, conservatori e laburisti, non hanno raggiunto, anche se sommati, la maggioranza assoluta dei voti. In Francia vince l'estrema destra di Marine Le Pen, a Londra il primo partito è l'anti europeo UKIP, in Grecia ha vinto la sinistra di Tsipras e la destra fascista di Alba Dorata ha superato il Pasok diventando il terzo partito. Soltanto in Spagna e in Germania popolari e socialisti restano rispettivamente primo e secondo partito, anche se però escono ridimensionati, vittime di un voto che si è frantumato nel successo di tante liste autonomiste, antieuropeiste o più a sinistra.
La Germania di Angela Merkel che in questi anni ha perseguito una politica pragmatica ed egoista, oggi appare più isolata, senza i suoi tradizionali alleati (basti pensare a quel che è accaduto in Francia) e si troverà in Europa a dover combattere contro nemici frustrati e rancorosi. La vittoria chiara e decisa di Matteo Renzi probabilmente aprirà nuovi scenari non solo in patria ma anche a Strasburgo. Con un risultato così, il premier ha un'opportunità unica in patria per spingere l'acceleratore sulle riforme, andando fino in fondo in maniera incisiva, e in Europa per cercare di forzare i limiti che bloccano la nostra crescita.
Alcuni commentatori ed editorialisti però, ad appena poche ore dall'esito delle urne, vedono un Renzi pronto ad approfittare del primo voto contrario in Parlamento per far saltare il tavolo e tornare a votare per fare il bis del plebiscito anche in patria. Sarebbe l'ennesima sfida per il premier che in appena sei mesi ha stravinto le primarie, ha conquistato Palazzo Chigi con un vero e proprio blitz e ieri ha ottenuto un risultato a dir poco “storico” per il Partito Democratico.
Nel frattempo, dopo ore di riflessione Beppe Grillo rompe il silenzio post-elettorale scegliendo toni rassicuranti e tanta autoironia, smentendo l'abbandono del campo, che aveva annunciato in caso di sconfitta, anzi promettendo di fare sempre più opposizione. In un videomessaggio di commento alla batosta elettorale, Grillo non cerca di addolcire la pillola della sconfitta e usa proprio il Maalox, pillola contro l'acidità di stomaco, per sdrammatizzare, scherzando persino sull'eventualità che Casaleggio vada in analisi. L'ironia come arma per serrare le fila e rassicurare il popolo pentastellato che la loro rivoluzione sarà più lenta del previsto, ma arriverà. Nota stonata del videomessaggio è il riversare le colpe del risultato sull'elettorato e sui pensionati che, a suo dire, “non hanno voglia di cambiare, di pensare un po' ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono restare così”.
Diversi i toni da Palazzo Chigi, dove un soddisfatto Matteo Renzi chiede rispetto per chi ha votato per il Movimento Cinquestelle e Forza Italia, dà atto di fair play dicendo che la vittoria “non è di un uomo, ma di un gruppo dirigente” e spinge l'acceleratore sulle riforme. Un'occasione irripetibile per Matteo Renzi, un'opportunità per un Paese che non ne può più e vuole ripartire da qui.