“Me l’aspettavo”, queste le ultime parole di don Pino Puglisi, che sabato scorso è stato proclamato Beato e Martire della fede in una Palermo, la sua Palermo, quella di Brancaccio, commossa ed esultante.
Una macchia rossa di cappellini, una marea di gente accorsa per essere testimone di un eventostraordinario, commozione negli occhi e nel cuore, per raccontare di essere stati presenti, pronti e sorpresi nell’ascoltare la voce di una Chiesa che per la prima volta nella sua storia ha avuto il coraggio di creare un martire per mafia. Coraggio non da poco, che demarca il confine tra un sentire e un altro, tra una complicità mai condannata e una esaltante lotta per la speranza e la giustizia. Ascoltare parole nuove e inaudite e non sorprendersi, parole che prima di Don Pino sembravano non poter coniugare nella Chiesa la santità della vita fino agli altari con la lotta alla mafia, considerata pratica laica, da forze dell’ordine, normale disbrigo di faccende giudiziarie.
Ora quella Chiesa, più volte accusata di essere stata troppo morbida con le forze potenti della criminalità mafiosa, ha trovato il coraggio di gridare che si può diventare santi combattendo la mafia. Un grido che in verità già aveva anticipato un grande Papa, Giovanni Paolo II, che nel suo indimenticabile viaggio ad Agrigento nella valle dai templi tuonò: "Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l'uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. [...] Nel nome di Cristo […], mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!".
Parole nuove nell’aria a raccontare il martirio di Don Pino, icona di tutti i combattenti per la verità, testimone di tutti gli eroi dimenticati che lottano contro il compromesso con il male. Parole nuove che ora sono proprie dalla Chiesa per affermare solennemente che credere in Dio è anche lottare contro la mafia. Non è cosa da poco, non è un passaggio facile, troppo sottile il confine che nel passato è esistito in certa Chiesa tra necessaria denuncia del male e resistenza nello schierarsi completamente contro i poteri mafiosi e camorristici, che generano, organizzano, determinano il male. Una Chiesa che annunciando il perdono per quanti si convertono, anche se camorristi o mafiosi, e sperando nel loro ravvedimento, in forza anche di legami troppo stretti e ambigui tra religiosità pseudo popolare e contratto mafioso, ha confuso misericordia con complicità, compassione con collusione, paternità con sudditanza.
Don Pino Puglisi, che con la sua azione pastorale ha cambiato la vita di tanti giovani della sua parrocchia di Brancaccio, aveva fatto del sorriso il suo coraggioso annuncio di un verbo di umana rivoluzione di pace.
Venne ucciso perché non si arrese alla minaccia del potere mafioso, perché non volle barattare la sua tranquillità con la vita dei suoi ragazzi che senza il suo coraggio avrebbero intrapreso sentieri di corruzione. Venne ucciso e a chi gli tolse la vita sorrise comunque. Un sorriso che per un istante fermò la mano dell’omicida: “Me l’aspettavo”, disse don Pino. Solo un istante, poi i colpi di pistola fecero il resto. Ma intanto il sorriso restò e tormentò il cuore del delinquente fino alla sua conversione.
Si può vincere la mafia e tutte le mafie con il martirio della propria vita, si può sotterrare il male con la forza di un sorriso. Don Pino Puglisi santo, protettore di tutti coloro che combatteranno l’arroganza della delinquenza.
* Gennaro Matino è docente di Teologia pastorale. Insegna Storia del cristianesimo. Editorialista di Avvenire e Il Mattino. Parroco della SS Trinità.Economia della crisi. IL suo più recene libro: “Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread”
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