Due chiavi incrociate sullo stemma della Santa Sede e della Città del Vaticano a ricordare le chiavi del regno che Gesù di Nazareth, il Maestro di Galilea, aveva consegnato all'apostolo Pietro, come credono i cristiani cattolici, per guidare la sua Chiesa, il suo gregge.
Due chiavi, con i congegni rivolti in alto verso il cielo e le impugnature verso il basso, nelle mani del Vicario di Cristo: quella d'oro a simboleggiare il potere spirituale, quella d'argento il potere temporale. Già, perché il romano pontefice, nonostante il suo territorio sia stato da tempo ridimensionato, è comunque ancora un capo di stato che mantiene intatta la sua sovranità. Splendore di un passato glorioso che ancora veste di incanto la Roma papale e celebra il doppio potere nella maestosità dei palazzi, delle chiese, dei monumenti eretti a perenne memoria. Artisti, convenuti nel tempo da ogni parte del mondo, sono arrivati a Roma per raccontare le gesta dei pontefici e la biblica avventura dei personaggi sacri.
Preoccupati più di consegnare il loro genio ai posteri, che ispirati da religioso furore, hanno dato vita a un misto di sacro e profano che nella Roma Vaticana riempie ancora di emozione il visitatore, provocando riflessioni di senso. Qualcuno potrebbe domandarsi: quanto c'entra tutto questo con la fede? Per molti turisti la visita al Vaticano si ferma al rumore della folla che attende impaziente l'ingresso in San Pietro, o a pochi scatti nella Cappella Sistina, ma se si riesce a superare l'ovvietà si può diventare protagonisti di una spettacolare messa in scena barocca, i cui principali elementi della scenografia sono l'acqua, il vento e una coorte di angeli che dietro al loro antropomorfismo celano un universo di simboli mistici.
La via trionfale di Ponte Sant'Angelo è a destra e sinistra protetta da angeli che sembrano guidare ad altra visita. Il Bernini, scultore dei Papi, autore del colonnato di san Pietro, si prese la responsabilità di creare questa meraviglia nel XVII secolo: un passaggio simbolico verso la città Santa. Angeli che raccontano la passione di Cristo, segni di flagelli e croci nelle mani, memoria per chi deve portarsi dinanzi ai palazzi della gloria a ricordare che il potere della Chiesa è nel suo martirio. E forse sarà stato questo il sentimento più diffuso che ha attraversato piazza San Pietro, e le piazze del mondo, quando dal balcone centrale della basilica è stato pronunciato il nome del nuovo Papa, eletto dopo le dimissioni di Benedetto XVI.
Si chiamerà Francesco, mai nome pronunciato in San Pietro risuonò chiaro alle orecchie di chi aspettava il nuovo Papa. Francesco è un mondo che si svela alla sorpresa dei semplici e richiama la Chiesa alla sua originaria forza rivoluzionaria, la richiama al dovere di mettere il grembiule e di farsi serva per dare ragione della speranza che è in lei. La speranza di gridare la verità dai tetti, di carezzare di tenerezza gli afflitti, di aprire le finestre chiuse dell’egoismo alla carità che salva. Papa Francesco si è lasciato guardare dal mondo, rimanendo muto di fronte all’incredibile distesa di folla che ammutolita aspettava il suo verbo. Senza parole roboanti ha riempito di suoni inaspettati la piazza sottostante, e quelle del mondo, chiedendo, a quanti aspettavano la sua benedizione, la benedizione della gente. Gesto potente che va oltre il segno, carità di chi ha il potere del servizio, di chi sa che il suo potere gli viene da Dio, ma sa anche che sarebbe bestemmia se quel potere non fosse usato tutto per servire con amore gli uomini. Papa Francesco, venuto da lontano, quasi dai confini del mondo, da subito ha voluto sottolineare che la sua missione è quella di Vescovo, pastore con la gente e tra la gente.
Francesco è un nome che ho sognato per un Papa da quando ero ragazzo, pensavo che il solo nome del poverello d’Assisi per un pontefice avrebbe potuto dare inizio a un nuovo corso per la storia della Chiesa. Francesco d’Assisi a ragione viene considerato il santo più rappresentativo del millennio passato, tanto che perfino un giornale profondamente laico come il Times, quando ha dovuto scegliere a chi dedicare la copertina per indicare l’uomo del millennio, non ha avuto dubbi nel dedicarla a Francesco. La sua storia provoca ammirazione per una rivoluzione pacifica che trasversalmente commuove e fa riflettere, storia intimamente rappresentata dalla scelta di abbracciare sorella povertà e trasformare la sua condizione di privilegio sociale in una nuova opportunità di incontro, donando se stesso, più che le sue sostanze, agli ultimi. Ma in realtà la sua profonda conversione è intimamente linguistica, rivoluzionaria nei segni e nelle parole che poco erano frequentate nella Chiesa del tempo.
La maggior parte dei suoi contemporanei in Europa erano credenti formalmente, ma non evangelizzati. La rivoluzione francescana, rivoluzione di nuova evangelizzazione dell’Europa, è proprio la scelta di luoghi simbolici, strutturali, linguistici, interpretativi per meglio passare l’annuncio del Verbo. Da più parti si chiede alla Chiesa di superare gli scandali, di seguire una vita più consona al suo mandato, continuare ad annunciare la verità del Verbo, di essere più presente nelle piaghe dolorose del tempo e si chiede anche una straordinaria forza di adattamento della Parola alle mutate vicende umane, mentre necessita una purificazione al suo interno, lo Spirito Santo ci ha donato un papa che si chiama Francesco. Il mondo ha aspettato con ansia questo momento e a chi pensava che la Chiesa fosse ormai un fatto passato, prigioniera dei suoi problemi, a chi ha tentato in tutti i modi, dentro e fuori delle sue mura, di trasformarla in campo di indegne battaglie, oggi ha avuto la risposta felice della gente per quel nome gridato al cielo. Nome che ha carezzato la speranza dei credenti e che può dire parole di novità al mondo.
Il visitatore credente o non credente, che presto arriverà nella Città del Vaticano, sa che per comprendere la maestosità e le contraddizioni di piazza san Pietro, tra le più grandi del mondo, ha dovuto attraversare prima il ponte Sant'Angelo per poter concentrare in un solo sguardo la meraviglia di un incanto. Il senso di un avvenimento passa attraverso il suo significato globale e semplice insieme, perché essere spettatori di una sola parte significa non entrare pienamente nella comprensione del tutto e rimanere fuori dall'intero copione. Ora anche Papa Francesco fa parte della storia millenaria della Chiesa, che da sempre cammina instancabile attraverso grazia e peccato. Il visitatore della Roma dei Papi forse sarà pronto a giudicare i pontefici inadeguati, ma potrà commuoversi per la vita di quelli eroici e santi.
Gennaro Matino