Era il 1960 quando il più grande regista della storia del cinema, François Truffaut, firmava il lungometraggio “Tirate sul pianista”, tratto dal romanzo di David Goodis, “Down there”. Quarantanove anni più tardi il titolo di questo film, ennesima prova del talento del genio d’oltralpe, si confà pienamente con la cronaca politica del nostro Bel Paese.
Francesco Petrarca nel suo Canzoniere richiama l’immagine di un’Italia lontana, quasi pura e innocente, incontaminata e pulita. “il bel paese ch'Appennin parte, e 'l mar circonda et l'Alpe”.
In queste ultime settimane si è trattato molto, su tutti i media, di riforma dei regolamenti parlamentari. Come spesso accade la notizia che più attrae e solletica la nostra curiosità, onde garantirci quel guazzabuglio emotivo fatto di imbarazzo e insieme di allegria, riguarda gli aspetti più comici e buffi della vita politica italiana. L’ennesimo “Mistero buffo” dunque, in grado di appagare il nostro e nostro solo “gusto pieno della vita”, la risata grassa di fronte all’inatteso caso tricolore. Il voto con le impronte digitali, signorsì! Unica buona soluzione per debellare quel malvezzo, tutto italiano?, dei così detti "pianisti". Chi sono dunque questi appassionati della musica, questi intrepidi del pericolo, sordi nel richiamo all’ordine, capaci di portare nel luogo sacro della democrazia italiana il peso del proprio amore nei confronti di questa nobile arte?
Pianista è il termine del giornalismo politico italiano utilizzato, in senso ironico, per indicare quei membri del Parlamento, deputati o senatori che siano, sorpresi a votare per sé e per altri utilizzando il sistema elettronico degli scranni appartenenti ai colleghi, quando questi non sono presenti. Questa pratica, messa a nudo dall'occhio vigile e impietoso delle telecamere posizionate internamente a Montecitorio e a Palazzo Madama, è vietata dal regolamento parlamentare. Sarebbe altresì vietata dal Codice Penale in quanto sostituzione di persona e falso in atto pubblico ma nel 1996 la Corte Costituzionale ha deciso che i parlamentari non siano perseguibili non solo per le opinioni espresse e i voti dati in Parlamento, ma anche per i reati comuni connessi all'esercizio del loro mandato.
“La musica è finita” cantava Mina, ed ora, come si fa? Come faranno questi graziosi lestofanti a soddisfare la propria voglia di rivoluzione? Chi si occuperà di loro? Poveri sovversivi dell’ultima ora, quanti ricordi, quali visioni nelle mie pupille. Ancora vi ho come davanti, sdraiati sui banchi di scuola, furbescamente immobili come iguane o, meglio, ragni, pronti ad allungare le zampe per coprire il compagno di banco. Il nostro era sì un Paese dai valori ancora vivi si dirà, la connivenza, pardon l’amicizia che dimostravate, quale esempio per il mondo intero? Il voto affidato al collega di partito. Cultori? Fanatici? No, generosi. Ora è il tempo di abbandonare i giochi, la ricreazione è finita, calciate il pallone al vento, spegnete anche le ultime radio, è ora di lavorare. Avanti, allungate l’indice sinistro, non abbiate paura. Stringete la mano della persona che sta al vostro fianco, ora c’è qualcuno, non siete più soli. Lo so, siete spaventati, proprio come quando eravate piccoli e la mamma vi accompagnava dal medico per il prelievo del sangue. Non sarà così tremendo, orsù, sarà per il vostro bene e per il nostro bene. E se mai vi sentirete soli, soddisfate la vostra voglia di musica con un brano di Giovanni Allevi, anche lui è un pianista, proprio come lo siete voi e come lo sarete sempre. Saprà darvi conforto, ne sono certo. Ricordate per ultimo le parole di Giorgio Gaber. “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.