Papa Francesco. Una sola voce. Una profezia, ancora

Gennaro Matino (September 20, 2013)
Occorre evitare ogni falsa attesa e collocare l'intervento del Pontefice in un alveo ben protetto. Le sue parole nell'intervista a "Civiltà Cattolica" sono importanti, ma spesso sono interpretate da altri più in forza di legittime attese che per il loro autentico significato. "Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione” dice Papa Francesco. La vera rivoluzione certamente adombrata nelle parole di Francesco sarà il giorno in cui davvero coloro che sono invitati a pranzo dalla Chiesa, diciamo accolti, potranno sedersi a tavola, per consumare il pasto, diciamo accettati nella loro condizione. Solo allora passeremo dal tempo della profezia al tempo della condivisione.


Mi preoccupa l’eccessivo entusiasmo della stampa internazionale per le ultime parole di papa Francesco, non perché non siano parole importanti, ma perche sembrano interpretate più in forza di legittime attese che per il loro autentico significato.


Il rischio per molti potrebbe essere la delusione. Una sola voce a raccontare l’emozione di un incontro, una parola che sorprende, quasi sveste. Papa Francesco semplicemente sbalordisce investendo la comunicazione tradizionale di un nuovo vento. In un soffio di tempo, la semplicità del tratto, la dolcezza dei lineamenti, il coraggio della parola franca hanno permesso a Francesco di essere accolto come uno di famiglia che, non sai perché, si aspettava che tornasse e finalmente aprisse la porta di casa.


La gente comune ha percepito a pelle che può fidarsi. Succede raramente, ma quando succede è possibile prevedere rivoluzioni capaci di cambiare il senso delle parole e il destino degli avvenimenti. Succede quando quella strana alchimia che si crea all’improvviso tra più persone permette di dare credito a qualcuno anche senza credenziali.


Tra la gente semplice le coraggiose parole di Papa Francesco, rilasciate al gesuita Antonio Spadaro, in una intervista pubblicata su Civiltà Cattolica, sono arrivate dirette e tutti hanno avuto la sensazione che qualcosa di nuovo, di importante, stia per avvenire: “Nella vita, Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Siano esse omosessuali, divorziati…Bisogna accompagnarle con misericordia”.


Già in luglio, in volo per Rio, provocato dalle domande dei giornalisti, il Papa aveva auspicato una Chiesa ricca di misericordia, pronta a immaginare nuove strade di dialogo e di accoglienza. Misericordia, appunto, parola seducente e appassionata, ancora di più sulle labbra di un Papa che può inaugurare un nuovo stile di Chiesa e per tanti, che da essa si sono sentiti esclusi, aprire frontiere di speranza. Ma cosa dice Francesco? Non c’è uomo o donna  che non debbano essere accolti, la Chiesa e il mondo, la Chiesa e ogni uomo, debbono camminare insieme per scambiarsi “gioie e speranze”, interessarsi l’uno all’altro anche quando la speranza sembra essere compromessa, anche quando tutto sembra perduto, come in tempo di crisi. I mutati scenari sociali e culturali chiamano la comunità credente a vivere in modo rinnovato la  sua esperienza comunitaria di fede. Un cambiamento che vede la Chiesa pronta a fare il suo esame di coscienza per questa vicinanza all’uomo spesso tradita. Una Chiesa che mentre riconosce l’offerta entusiastica e coraggiosa di tanti suoi membri, non nasconde i suoi fallimenti e soprattutto i peccati dei ministri del Vangelo, che pesano sulla sua credibilità.


La crisi del nostro tempo chiede alla Chiesa questa conversione, di metodo e di presenza, a una nuova visione del mondo che riesca a guardare al futuro. Conversione come cambiamento di prospettiva, per guardare all’uomo nella sua specifica consistenza, nella sua situazione concreta di gioie e dolori per incontrarlo nella sua reale esperienza senza giudicarlo, ma con la volontà di chiamarlo amico.


Non c’è divorziato, separato, omosessuale che come uomini  non debbano poter sentire la carezza della misericordia, come ogni altro uomo. Grande rivoluzione di sensibilità, quella di Francesco, di una chiesa spesso avvertita insensibile, rivoluzione certamente di linguaggio, proposta di vicinanza all’uomo nella sua specifica condizione. Ma chi pensa di trovarci altro si sbaglia.


Le stesse parole del papa sono chiare: “Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto”. E poi aggiunge, per evitare ogni falsa attesa e collocare il suo intervento in un alveo ben protetto: “Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione”. Non parlarne però, in certi casi come questo,  può indurre in errore come  interpretare la parola accoglienza con quella di accettazione.


La vera rivoluzione certamente adombrata nelle parole di Francesco sarà il giorno in cui davvero coloro che sono invitati a pranzo dalla Chiesa, diciamo accolti, potranno sedersi a tavola, per consumare il pasto, diciamo accettati nella loro condizione. Solo allora passeremo dal tempo della profezia al tempo della condivisione.

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Per leggere il testo integrale dell'intervista di Antonio Spadaro S.I. - Civiltà Cattolica  al Pontefice, pubblicata da Avvenire su concessione di Civiltà Cattolica >>>

 * Gennaro Matino  è docente di Teologia pastorale. Insegna Storia del cristianesimo. Editorialista di Avvenire e Il Mattino. Parroco della SS Trinità. Il suo più recene libro: “Economia della crisi. Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread”

  

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