Paradise. Tagliati fuori dal mondo

Monica Straniero (October 04, 2020)
E' la storia di un uomo sotto il programma protezione testimoni viene trasferito nel posto più lontano dalla Sicilia: tra le montagne del Friuli, a Sauris, un villaggio di gente ospitale, ma che lui fa fatica a capire. Il film, opera prima di fiction di Davide Del Degan, arriva nelle sale il 30 settembre, dopo essere stato rimandato per mesi a causa della pandemia.

Da una tranquilla vita in Sicilia come venditore di granite a una in cui si ritrova  solo, perso, spaesato.  Tutti inizia un giorno in cui Calogero, questo il nome del protagonista del primo lungometraggio di Davide Del Degan, assiste ad un omicidio di mafia e decide di fare qualcosa che non tutti avrebbero il coraggio di fare: testimoniare. Ed è così che Calogero viene impacchettato e spedito, sotto il programma protezione testimoni, nel posto più lontano dalla Sicilia: tra le montagne del Friuli, a Sauris, un villaggio di gente ospitale, ma che lui fa fatica a capire.

Sono eroi silenziosi, senza nome, o almeno senza il loro vero nome, perché hanno dovuto lasciarsi tutto alle spalle. Sono i testimoni di giustizia, persone comuni, che per denunciare la malavita sono costrette a scappare e vivere sotto copertura. Come Calogero, (Vincenzo Nemolato) il protagonista di “Paradise”, nelle sale con Fandango dal 30 settembre.
Calogero vive con la paura di essere riconosciuto e di diventare paranoico quando vede un uomo misterioso ( Giovanni Calcagno ) - siciliano come lui - si presenta al villaggio. E' il killer contro cui il nostro protagonista ha testimonato e che è diventato a sua volta un collaboratore di giustizia. Ma contrariamente a Calogero, l'assassino non ha alcun interesse alla vendetta. Tra i due uomini nasce una strana e un amicizia un po' ambigua. 

Del Degan racconta di aver voluto realizzare un film sulle seconde possibilità e le occasioni di riscatto. Dietro ad un dispositivo in cui si mischiano  momenti drammatici e situazioni grottesche, prima fra tutti le lezioni di Schuhplattler, la danza tradizionale tipica bavarese e tirolese ballata da solo uomini, si nasconde un sentimento di livore, Una voce sapientemente misurata che non rinuncia a ringhiare il suo il suo disprezzo contro un sistema che, pur facendo di tutto per proteggere chi si ribella alla mafia, non ha gli strumenti per farlo fino in fondo.

Il film gioca con l’ironia per creare tenori finzionali diversi e diversi gradi di croyance spettatoriale e dare così la possibilità al pubblico di immergersi in un paesaggio suggestivo, tagliato fuori dal mondo. Davide Del Degan si rivela incline a un realismo amaro e dolente (il cinema italiano migliore è sempre stato realista, o neorealista che dir si voglia) con gustose impennate surreali e disorientanti. Il tutto vira verso un unico obiettivo, ammettere come vera la situazione posta in essere dal film e attraverso i suoi personaggi  far riflettere sui valori morali che la storia contiene.

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