ITALIAN JAZZ - Saxophone Closssus

Enzo Capua (October 12, 2014)
Sonny Rollins, uno dei più importanti ed influenti musicisti jazz, ama profondamente l'Italia...


Poco tempo fa sono andato a trovare un amico musicista a casa. Detto così può non essere niente di speciale: tutti noi andiamo a trovare degli amici. Se poi non sono stati bene in salute e sono in via di ripresa, allora la nostra visita diventa per loro – e per noi – un piacere in più che arricchisce l’emozione del rivedersi, di parlarsi. Però questo mio amico ha qualcosa in più: è una persona davvero speciale, diciamo pure che è uno dei grandi musicisti della storia del jazz.


Un gigante che si staglia in rilievo come se fosse anche lui scolpito nella roccia del Monte Rushmore, lì dove ci sono quattro Presidenti degli Stati Uniti. Potremmo dire che il nostro gigante non sfigurerebbe accanto a Washington, Lincoln, Roosevelt e Jefferson se ci fosse un Rushmore della musica americana. Infatti, pur avendo oggi ben ottantatré anni, il mio caro amico si porta dietro ancora il soprannome che gli diedero sessanta anni fa, e che è legato allo strumento che lui suona con grazia e perizia inarrivabili: Saxophone Closssus.

Anche chi conosce un pochino il jazz sa che quel mio amico si chiama Sonny Rollins. Oggi il nostro Colosso abita fuori New York, dalle parti di Woodstock, in una bella villetta immersa nel verde. Sonny ha perso l’amata moglie, che gli faceva anche da manager, una diecina di anni fa. Lucille, si chiamava: uno dei due amori della sua vita. L’altro, ovviamente, è più etereo ma altrettanto forte, se non di più: la Musica. E nel suo caso è davvero appropriato scrivere quest’arte con la M maiuscola. Sonny è parte integrante della storia d’America. Ha avuto tutti i riconoscimenti possibili nella sua lunga e gloriosa carriera: persino la National Medal of Arts dal Presidente Obama nel 2010. E’ quindi una vera e propria “Living Legend”, anche perché il suo apporto alla storia del jazz è così enorme da essere incalcolabile. Fra 200 anni si parlerà ancora di lui e si ascolteranno i suoi dischi. E’ ovvio, dunque, che per me essere amico di Sonny è un punto d’onore, e poterlo andare a trovare nel suo semi-ritiro in campagna, passando delle ore a parlare di musica e vita, è semplicemente una gioia da conservare perennemente.

Sonny ha avuto alti e bassi fortissimi nel corso dell’esistenza: ha rischiato di morire per droga, ha vissuto in solitudine monacale suonando da solo il suo sassofono sotto il ponte di Brooklyn per degli anni senza veder nessuno, ha però visto soddisfatte tutte le richieste che un’artista può ottenere dalla vita. Una cosa comunque colpisce chiunque lo conosca: la grande umiltà che si somma sorprendentemente con un forte orgoglio e amore di sé. Quindi senza alcuna ipocrisia. Una lezione di vita da non perdere.

Sonny ama molto l’Italia e da noi chi ama il jazz non può che adorarlo. Fra i tanti bravi sassofonisti che abbiamo in Italia nessuno potrà mai dire che non ha sentito dentro la grande lezione artistica di Rollins. Molti lo hanno imitato, pochi sono riusciti a arrivare al suo livello tecnico, nessuno ad eguagliarlo. Però lo scorso anno, quando è stato invitato a suonare ancora una volta a Perugia, durante Umbria Jazz, Sonny aveva deciso di chiamare due nostri grandi trombettisti ad affiancarlo sul palco del festival: Enrico Rava e Paolo Fresu. Un onore che mai nessun musicista europeo ha avuto. Peccato che poi si è dovuto cancellare quel concerto per le condizioni di salute di Sonny. Ma lui sta recuperando le forze: a 84 anni, quanti ne avrà il prossimo anno, vuol tornare a suonare dal vivo. “I need to play, to blow my horn again on stage” mi ha detto. Amare ciò che si fa e amarsi senza nascondere le proprie debolezze. Questa sì che è una lezione di vita!


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