Giorgio Bassani. “La mano che scrive è adesso”

Tommaso Cartia (May 22, 2016)
“Mio padre aveva un tono di voce energico e leggero. Un tono felice”, ed altrettanto energica e leggera è riecheggiata nella sala conferenze dell’ICI (Istituto Italiano di Cultura di New York), la voce di Paola Bassani, figlia dello scrittore ferrarese, Giorgio Bassani

L’occasione è la conferenza Giorgio Bassani 100, pensata per celebrare il centenario della sua nascita, in una città ed in una nazione che tanto hanno significato per il suo percorso umano e letterario. 

L’autore la frequentò assiduamente negli anni ’70 prima come ambientalista, presidente di “Italia Nostra” per valorizzare il paesaggio e la cultura italiana, poi per la pubblicazione delle traduzioni in inglese dei suoi libri. Sempre negli Stati Uniti portò la sua esemplare testimonianza di vita e letteraria in lezioni tenute presso alcune università.

E da poco è stato pubblicato Giorgio Bassani, New York lectures and interviews, Cpl Editions, un libro che raccoglie per la prima volta le conferenze e le interviste tenute dallo scrittore, volume che segue la pubblicazione di Lezioni Americane di Giorgio Bassani, a cura di V.Capozzo, Giorgio Pozzi Editore. 

Al panel oltre la figlia Paola, sono intervenuti Giorgio Van Straten, Direttore dell’Istituto Italiano di Culura, Andrea Malaguti,  professore presso l’Universita' of Massachusetts Amherst e la scrittrice, di origini iraniane, Delia Sofer.

Suggestiva l’introduzione al tema lasciata alla viva voce di Bassani che ci racconta dell’impulso creativo: “Oo scrivendo desidero guarire me stesso, le mie ferite di adolescente, ma anche quelle della contemporaneità”, e cita il filosofo Benedetto Croce nella sua asserzione: “La storia è sempre contemporanea.” 

Ecco uno dei punti nevralgici dell’opera di Bassani  e del potere ad oggi intramontabile della sua testimonianza di vita “la mano che scrive è adesso”, continua vigoroso l’eco della sua voce che si unisce alle testimonianze di chi lo ha conosciuto o di chi lo ha studiato come nel caso del professor Andrea Malaguti. 

E lo stesso vale per un’altra giovane scrittrice che lo ha incontrato nel suo cammino come lettrice in un convivio letterario d’anime affini. Si tratta di Dalia Safer che lo ha scoperto vicino alla sua vita in spazi e tempi così diversi.

Contemporanea è dunque la volontà di estendere una particolare esperienza di vita, ed in particolare il dramma degli ebrei italiani durante il periodo nazifascista, all’universale epopea del genere umano. Come ben spiega il professor Malaguti.

Bassani si considerava uno scrittore letterale, dove il tempo e lo spazio nella storia avevano una importanza fondamentale, così la sua Ferrara ,sconvolta e murata viva dalle leggi antisemitiche, diventa luogo della memoria personale ma anche della coscienza universale. 

L’infinita narrazione di Bassani contenuta ne Il romanzo di Ferrara tratteggia un momento unico della storia italiana, scossa dai tumultuosi sconvolgimenti della guerra che non perdona neanche la giovane borghesia in bilico tra disperazione ed eroica giovinezza, splendida nel suo decadimento ma anche portatrice del germe della rivoluzione. Continua Malaguti.

Il professore poi sottolinea il grande amore e la grande influenza della letteratura americana nell’opera di Bassani. Melville, Dickinson, James, sono per lo scrittore modelli narrativi che con determinazione aveva cercato di introdurre nelle biblioteche italiane, proponendone esso stesso la traduzione.

Anche la figlia Paola parla del rapporto fortissimo dell’autore con la letteratura americana e della sua volontà di viaggiare attraverso i confini italiani e capire meglio la propria storia attraverso la forza del confronto culturale. 

“Sentiva il bisogno di allontanarsi da Ferrara, di distanziarsi per comprendere meglio ciò che lì accadeva. Roma non era più sufficiente per lui”. Era necessario per lo scrittore interrogarsi su se stesso, ma anche avvicinarsi al sogno americano, che vedeva come emblema e baluardo di una società democratica ed egualitaria. “Lui amava raccontarsi, amava parlare di sé e della sua opera, e New York era probabilmente la città che amava di più al mondo. Mio padre è stato uno dei primi a portare in luce le storie degli ebrei italiani all’estero”. 

E quelle storie hanno fatto il giro del mondo fino a smuovere l’attenzione di Dalia Sofer, giovane scrittrice di origine iraniana, che leggendo il Giardino dei Finzi-Contini (l’opera forse più popolare dello scrittore da cui è stato tratto un film diretto da Vittorio De Sica e vincitore del premio Oscar come miglior film straniero), si è rivista come di fronte ad uno specchio, nella scena introduttiva del libro dove il narratore si trova in un cimitero e lì ricorda la vicenda poi raccontata nella storia di fronte all’epitaffio mortuario dei Finzi-Contini. 

Dalia racconta di quando scoprì la tomba dei suoi parenti di origine ebraica che avevano subìto proprio come Bassani il dramma della discriminazione razziale durante la rivoluzione komeneista in Iran.

Il potere della memoria è infatti il tema centrale del best-seller della scrittrice La città delle rose, dove ripercorre le tormentate vicende della sua genealogia . 

E così anche la storia di Dalia è in un certo qual modo un giardino dei Finzi-Contini, uno splendido e glorioso bozzolo che verrà distrutto dall’avvento catastrofico della guerra, energico e leggero come la voce di Paola Bassani che chiude dicendo che suo padre sentì l’esigenza di rivisitare e riscrivere la sua storia con la mano del presente. Per questo ripercorse la sua produzione prosistica e la rivitalizzò in stile e punto di vista ne Il romanzo di Ferrara. 

L’augurio è quindi che questa nuova finestra aperta sull’universo poetico di Bassani, grazie a questo nuovo libro e a questa conferenza qui a New York ,possa essere l’inizio di una sistematica traduzione e studio dei capolavori dello scrittore. Le giovani generazioni americane non possono perdersi quella mano che scriverà per sempre l’adesso.

 

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