Il Cairo. Il "pacchetto sicurezza" di Alfano visto dagli arabi

Michaela De Marco (August 16, 2009)
"Qui non c'è alcuna possibilità, per i giovani partire appare l'unica soluzione". "Io voglio andare negli States o in Europa. Ma solo i ricchi possono permetterselo"... Voci di giovani (e meno giovani) dal Cairo. E valutazioni contrastanti sul "pacchetto sicurezza" del Governo italiano.



"Il governo ci sta strozzando!" è una frase che si sente spesso tra le strade del Cairo. Doppio, triplo lavoro, sfruttamento del lavoro minorile e corruzione sono tutti espedienti a cui ricorre la maggior parte degli egiziani, che vivono in abitazioni degrdate e aggrappolate a ridosso dei quartieri più ricchi.

Secondo le stime del governo, il tasso di disoccupazione quest'anno è del 9%. Ma c’è chi parla di 22 o addirittura 30%. Dodici milioni di persone, dinanzi ai prezzi degli affitti, hanno deciso di andare a vivere nelle tombe. Sono circa 5 milioni i giovani egiziani che vorrebbero sposarsi ma non possono. Molti si recano a lavorare in Israele altri si avventurano per il Mar Mediterraneo inseguendo i miraggi europei.

"Qui non c'è alcuna possibilità, per i giovani partire appare l'unica soluzione, i salari sono davvero insufficienti, ammesso che ci sia un lavoro. Non hanno fiducia nel loro paese, è evidente che il governo non è in grado di affrontare questa situazione", spiega Muhammad, un giovane studente d'ingegneria. "Sposare una straniera è un'altra soluzione", suggerisce Ahmad, assistente universitario con uno stipendio mensile di ottocento lire egiziane (circa cento euro): "Così che si possa acquisire il diritto di partire".

 

Cosa ne pensi degli (illegali) "viaggi della speranza"?

 

"Quelli che li organizzano sono inqualificabili, quelli che li fanno invece sono pazzi. In questi viaggi in gommone ci sono poche possibilità di sopravvivenza. Ma soprattutto: è illegale!", dichiara uno studente di venticinque anni, ancora all’università, e mi spiega: "Dietro questi viaggi c'è un giro d'affari vergognoso che si concentra soprattutto al Cairo, dove si 'stipulano i contratti'. Ma i gommoni e le barche partono di notte dalla costa nord. Molti preferiscono partire dalla Libia, poiché la polizia, si sa, è meno attenta di quella egiziana. Molti aspettano il capodanno o le altre feste perché ci sono meno controlli".

Arabi è un imprenditore, ha sposato un'italiana ma è rimasto al Cairo, con lei gestisce un'importante azienda di reclutamento. Arabi si sofferma sulle 'figure professionali' coinvolte in questi viaggi: "Quelli che li organizzano non sempre sono individui singoli, ma si muovono all'interno di vere e proprie organizzazioni criminali". La speranza è, oltretutto, piuttosto cara: "Dalle venti alle trentamila mila lire egiziane (tre/quattromila euro). Una parte del denaro viene versata prima del viaggio e un'altra alla fine, se si è giunti a destinazione sani e salvi". Se si considera che gli stipendi generalmente si aggirano sulle quattro/ottocento lire al mese (cinquanta/cento euro), ci si rende facilmente conto dell'assurdità di questi prezzi. Ma sono comunque più sostenibili di quelli dei viaggi 'legali': "Ci sono due vie legali per arrivare in Italia: con un visto turistico o un visto per lavoro", spiega un imprenditore egiziano che lavora con aziende italiane ed è stato in Italia almeno otto volte:

"Per un visto turistico, e ancor più per un visto di lavoro il prezzo è molto alto, per questo si preferisce l'avventura nel Mediterraneo". Arrivare vivi non è semplice: "Un mio amico, che adesso lavora in una pizzeria a Milano, è arrivato in Italia con questi gommoni. Sono partiti da Alessandria, i gommoni erano tre e su ognuno c'erano trecento persone. Due dei gommoni sono ovviamente affondati e seicento persone sono morte, l'altro è arrivato sulle coste italiane, ma con solo trentasei persone. Le altre si sono dovute buttare in mare perché altrimenti il gommone affondava". Con quale criterio si decide chi deve morire e chi invece proseguirà il viaggio?: "Con un sorteggio". Tuttavia, al momento di salire, molti non pensano a chi è morto, ma a chi, alla fine, ce l'ha fatta: "Mio zio ha vissuto un anno a Milano, è tornato e si è aperto due negozi!", o ancora: "C'è un paese a sud di Cairo. È un complesso di villette. Ci vivono egiziani che si mantengono con le rimesse dei famigliari espatriati".

Il governo egiziano sta facendo sforzi enormi per arginare questo fenomeno, sia per non danneggiare le sue buone relazioni con l'Italia, sia per l'indecenza di queste morti, delle quali si sente comunque responsabile.

 

E il nuovo pacchetto sicurezza proposto dal governo italiano?

 

Il nuovo pacchetto sicurezza prevede un'ammenda da 5 a 10 mila euro, inoltre verrà istituito un processo davanti a un giudice di pace che lo espellerà per direttissima. I CPT (Centri di Permanenza Temporanea) diventeranno CIE (Centri di Identificazione e Espulsione): "Un paese deve occuparsi in primis dei suoi cittadini, deve proteggerli. Se a un immigrato non lo minacci con le cattive non cede. Queste persone scappano dalla fame, misure troppo soft non le spaventano, ne le convincono a non partire. L'Egitto ha innumerevoli possibilità, perché non trovano il modo di farle fruttare?", si chiede un imprenditore.


Un ragazzo che studia l'italiano, con la speranza di frequentare l'università di Perugia, commenta: "Lo condivido, è duro, ma deve esserlo! La crisi economica generale ha accresciuto il desiderio di scappare e, di conseguenza, questi flussi migratori. Se l'Italia dovesse aprire le porte, allora l'Egitto intero si riverserebbe nel 'bel paese', e qui rimarrebbero solo la Sfinge, le piramidi, i turisti e gli orientalisti", e spiega: "E poi, l'Italia non è in grado di sostenere la sua popolazione, non riesce a reggere anche gli immigrati, stessa cosa dicasi per gli altri paesi europei. Inoltre”, aggiunge: “queste leggi dure dissuaderanno gli ossessionati dall'intraprendere quei viaggi pericolosi e manderanno a picco gli interessi di quelli che li organizzano".

Una voce isolata. È uno studente della facoltà di legge che mai vedrà l’Europa o l’America: "Un italiano può restare in Egitto tanti anni e ha un'enorme libertà di movimento. Io, solo perchè sono egiziano e sono povero, ho difficoltà di visto e non posso andare in molti paesi. L'Egitto per noi è una prigione... Io voglio andare negli States o in Europa, sono curioso. Ma solo i ricchi possono permetterselo. Questo è ingiusto. E poi, cos’è questa storia delle ‘ronde’? I cittadini non hanno i requisiti né la preparazione per agire in questo ambito. La caccia all'uomo non si può accettare".

 

Michaela De Marco vive al Cairo ed è una giornalista di Incontro Mediterraneo Magazine (www.incontromediterraneomagazine.ilcannocchiale.it)



 

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