Articles by: Vincenzo Ruocco

  • La Repubblica Italiana onora il chirurgo internazionale, Fabrizio Michelassi

    Lunedì 20 aprile 2009 presso il Consolato Generale d’Italia a New York si è tenuta la cerimonia speciale in onore di Fabrizio Michelassi, Professore e Presidente del Dipartimento di Chirurgia e Capo chirurgo dell’Ospedale Weill Cornell Medical Center Presbyterian della città di New York.

    Dalle mani del console Francesco Maria Talò l’investitura in qualità di Ufficiale dell’Ordine della Repubblica.

    La settimana che ha celebrato i 100 anni di Rita Levi Montalcini, insignita nel 1986 del premio Nobel per le scoperte e l'individuazione di fattori di crescita cellulare, ha così segnato un’altra occasione per sottolineare l’importante ruolo che l’Italia ricopre in molti campi, nell’architettura come nell’astronomia, nell’arte come nella scienza.

    Il dott. Michelassi, ottenuto il grado di Commendatore, emozionato ma con lo sguardo sereno e vivo, ha voluto porre in rilievo come “questo traguardo debba essere condiviso con tutti coloro i quali mi hanno aiutato, stimolato, condotto attraverso la materia del sogno durante questi anni”.
    “Medicine is not a one man’s job”. Rivolge quindi un pensiero al suo gruppo di lavoro, ai giovani ricercatori che hanno la capacità di sognare e “per questa ragione sono dei grandi ricercatori”. Quella sua stessa passione che muove oggi tutti coloro impegnati nel suo giovane team.

    Fabrizio Michelassi è conosciuto a livello internazionale come chirurgo gastrointestinale.
    I suoi studi hanno contribuito a raggiungere nuovi traguardi nel trattamento del tumore pancreatico e della malattia di Crohn.
    Laureatosi con lode nel 1975 all’Università di Pisa, sua città natale, presso la Scuola di medicina, ha completato il proprio percorso di crescita professionale alla New York University in qualità di stagista e, successivamente, come ricercatore al Massachusetts General Hospital, presso l’Università di Harvard.

    Negli anni del suo impegno professionale è stato invitato come visiting professor presso 27 grandi istituzioni, universitarie e non, nazionali ed internazionali.

    Nel 1984 è entrato a far parte del Dipartimento di Chirurgia dell’Università di Chicago divenendo Capo del Reparto Generale di Chirurgia nel 1994, ricoprendo il ruolo di professore universitario nel 1995, Vice Presidente del Reparto di Chirurgia nel 2000 e del Thomas D. Jones nel 2001.
    Nel 2004 è tornato a New York, dove attualmente lavora presso il Presbyterian Hospital Weill Cornell Medical Center.

    La sua ricerca sul morbo di Chron l’ha portato ad essere ripetutamente riconosciuto da Castle Connolly, magazine specialistico di New York e Chicago, come il “Miglior dottore in America”. È stato nominato come uno dei “Super dottori” di New York nel 2008 e nel 2009, un onore concesso solamente al 5% di tutti i medici di New York.

    Nel corso della cerimonia era presente il docente universitario di Michelassi, il prof. Franco Mosca, direttore dell’Istituto di Chirurgia Oncologica e Trapianti dell’Università di Pisa.


    Allo studente Michelassi è andato il tenero elogio pronunciato dal professore per la capacità e la bravura dimostrata negli anni.

    L’invito del Consolato Generale d’Italia, esteso al professore, ha permesso di presentare il libro, curato dallo stesso Mosca, intitolato “Trapianti”.

    Nelle dichiarazioni afferma di “non considerarlo un libro scientifico ma un libro d’arte. Questo merito va dato ad Enzo Cei per l’ottima qualità delle foto scattate durante l’affiancamento per quattro lunghi anni”, raccontando, anzi scrivendo con la luce, la foto-grafia, il delicato compito che tocca a tutti coloro impegnati a salvare vite umane.

    Cei ha vissuto a stretto contatto quotidiano con medici e infermieri, seguendo prelievi ovunque vi fosse un donatore, nelle rianimazioni, nelle sale operatorie e di terapia intensiva, nelle corsie, nei corridoi e negli ambulatori, fin nelle stesse case dei pazienti, a respirare quella certa attesa e quei nodi emotivi. E anche dopo l’intervento nei loro ritorni ad una vita restituita dalla libertà di poter scegliere.

    Franco Mosca, ideatore della Fondazione Arpa per la promozione della ricerca medica e della cultura della donazione, sottolinea come “nell’opinione pubblica non si riconosca ancora l’importanza della scelta di donare”.

    Con l’investitura di Michelassi e la presentazione del libro del prof. Mosca si è conclusa  la cerimonia, con l’augurio di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica su temi tanto delicati e il ringraziamento sentito, i vivaci applausi ne sono stati prova inconfutabile, della comunità italiana e di tutti coloro che hanno a cuore la ricerca e la scienza medica.

  • Giorgio Bassani, "La parola dipinta"

    L’Istituto Italiano di Cultura attraverso la carismatica figura del suo direttore Renato Miracco, il Centro Primo Levi nella figura della direttrice Natalia Indrimi e del giornalista Andrea Fiano e Casa Italiana Zerilli Marimò, direttore Stefano Albertini, hanno scelto di unire le proprie forze nel rendere omaggio ad uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano attraverso la mostra intitolata “La parola dipinta”, visibile fino al 7 maggio 2009, quale tributo a Giorgio Bassani.

     
    Il console italiano Francesco Maria Talò ha aperto l’evento, venerdì 17 aprile 2009, con una sentita partecipazione emotiva riconoscendo il considerevole ruolo ricoperto da Bassani nella connessione tra le due culture, quella italiana e quella americana.

     
    Paola Bassani, presente nel giorno dell’inaugurazione della mostra, ha ricordato la figura del padre, le tante figure anzi che il padre ha ricoperto. Romanziere, poeta, saggista, ma anche redattore, direttore editoriale, soggettista e sceneggiatore per il cinema. Un uomo in grado di farsi carico della sensibilità e dell’originalità artistica, vera caratteristica dei grandi.
     
    Il dott. Maurizio Fallace, Direttore generale per i beni librari, gli istituti culturali e il diritto d'autore, la cui istituzione ha come obiettivo la promozione del libro e della lettura, ha consegnato una medaglia a Paola Bassani da parte dell’amministrazione dei Beni culturali.
    Medaglia donata anche a Renato Miracco, “padrone di casa”, per capacità e competenza professionale.
     
    Il ricordo dell’esperienza americana attraverso le parole di Paola che, in prima battuta, sceglie di porgere i doverosi ringraziamenti “a due donne uniche, senza le quali nulla di ciò sarebbe stato possibile, Anna Maria Andreoli e Franca De Leo”.
     
    Il sorriso orgoglioso e solare racconta la gioia nel condividere quella parte di vita trascorsa da Giorgio Bassani in territorio americano.
    “Io sono felice di aver riportato mio padre a New York. Lui venne qui nel 1972 e rilasciò tre conferenze in questa stessa sala in cui oggi noi tutti ci ritroviamo per omaggiarlo.
    Arrivò tardi in America perché era molto difficile attraversare l’Oceano dopo la guerra.
    La prima volta portò la mostra ‘Italia da salvare’ a San Francisco nel 1967. Ritornò nel 1972 proprio qui a New York, prendendo gusto all’America, cominciando a venire molto spesso e a viverci perché qui ha insegnato per lunghi periodi, a Indiana University of Bloomington, a Berkeley University, dando corsi di Letteratura Italiana Contemporanea.
    Penso che lui in America sia stato molto felice, gli piacevano gli scrittori americani, alcuni dei quali amava alla follia. Andò in pellegrinaggio nella casa di Emily Dickinson, Herman Melville fu una delle sue grandi letture.
    L’America rappresentava la libertà per chi era uscito dalla Resistenza, per chi aveva rischiato tante volte la morte contro la dittatura, l’America era la vera democrazia.
    Negli Stati Uniti ha vissuto l’ultima stagione creativa e qui tra il 1970 e il 1978 ha trasformato la sua letteratura. Questo Paese l’ha di fatto aiutato a staccarsi da Ferrara, facendogli scrivere delle lunghe poesie che erano quasi dei racconti americani, sicuramente le più belle che abbia mai scritto”.
     
    La pittura come primo grande amore

     
    In occasione della sua celebrazione, l’Italian Cultural Institute di New York ha presentato, in un evento senza precedenti negli USA, la raccolta dei dipinti che più hanno influenzato lo scrittore Giorgio Bassani, nato a Bologna il 4 marzo del 1916 ma di fatto ferrarese d’adozione, città quest’ultima destinata a divenire il cuore pulsante del suo intero mondo poetico.
    Nelle opere esposte presso l’Istituto, 686 Park Avenue - Manhattan, molti sono i nomi degli artisti dell’arte figurativa moderna: Giorgio  Morandi, Filippo De Pisis, Guglielmo Ciardi, Mario Oddone Cavaglieri, Francis Bacon.
     
    Fu infatti lo stesso Bassani ad asserire come Benedetto Croce e Roberto Longhi, quest’ultimo in qualità di professore di storia dell’arte, fossero stati i suoi maestri.
    “Entrambi mi hanno insegnato che ogni atto dello spirito è unico e irripetibile.
    Ma anche Giorgio Morandi, nella sua riduzione al minimo della realtà, mi ha insegnato che l’artista deve essere vero, a costo di essere quasi niente.
    A Bologna seguivo le lezioni di Longhi, frequentavo Arcangeli, Rinaldi, Raimondi. Facevo parte della scuola letteraria bolognese”.

     
    Possiamo perciò parlare, riferendoci a Bassani, di scrittura pittorica.
    Fu lo stesso Longhi nella lettera in risposta a quella speditagli da Bassani, lettera letta da Renato Miracco di fronte alla sala gremita dell’Istituto Italiano di Cultura, a sostenere come in lui ritrovasse lo spirito dell’artista puro e che, solamente attraverso passione e perseveranza, avrebbe potuto di certo ricoprire un ruolo importante nel mondo dell’arte figurativa.
     
    Negli anni del dopoguerra, nell’Italia sconfitta e sofferente ma anche tenacemente proiettata nella riconquista della propria identità, Giorgio Bassani diede voce alle figure della comunità italiana, figlie stravolte dal periodo fascista prima, procreatrici della borghesia sconfitta dai suoi medesimi dogmi poi.
     
    La coscienza delle proprie scelte

     
    Attivista politico clandestino, Bassani si schierò sempre dalla parte dei più deboli e degli emarginati, pagando sulla propria pelle scelte ritenute da molti inopportune.
    La necessità di impegnarsi nell’insegnamento di italiano e storia agli studenti ebrei espulsi dalle scuole pubbliche, la pena pagata attraverso la detenzione, causa il suo antifascismo, nel 1943 nella prigione di Piangipane (Ferrara).
     
    I racconti e i romanzi di Bassani hanno ottenuto premi letterari tra i più importanti: lo Strega nel 1956 con la pubblicazione delle “Cinque storie ferraresi” , il Viareggio nel 1962 con “Il giardino dei Finzi Contini” e il Campiello nel 1968 con “L’airone”.
     
    I rapporti con l'editoria ed il cinema

     
    Grande è il ruolo che ebbe in qualità di editor e critico letterario. Nel 1948 Marguerite Caetani fonda e cura la pubblicazione della rivista letteraria “Botteghe Oscure” invitando proprio Bassani a redigerla.
     
    Negli anni tra il 1948 e il 1960 si impegnò a portare e a far conoscere in Italia scrittori quali T. S. Eliot, Dylan Thomas, René Char, Maurice Blanchot, Georges Bataille e Truman Capote.
    Attraverso quelle stesse pagine pubblicò Mario Soldati, Italo Calvino, Elsa Morante, Bernardo Bertolucci e Pier Paolo Pasolini. Proprio grazie a Pasolini, nel film “La ricotta”, Giorgio Bassani si ritrovò doppiatore, dando voce ad Orson Welles. Tra i presenti alla cerimonia anche Ninetto Davoli, indimenticabile maschera del cinema pasoliniano.
    Infine, in qualità di consulente e direttore editoriale della Feltrinelli, riuscì a dare alle stampe “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, capolavoro letterario del Novecento in grado di avvalorare la letteratura italiana tutta anche oltre i confini nazionali.
     
    Si propose inoltre come sceneggiatore per Luchino Visconti, al quale affiderà la regia di “Senso”, per Mario Soldati e Luigi Zampa.
    I soggetti cinematografici divennero anch’essi film riconosciuti a livello internazionale, filmati dai nomi più grandi della storia cinematografica italiana.
    Vittorio De Sica si impegnerà nella trasposizione cinematografica de ”Il giardino dei Finzi Contini”, Giuliano Montaldo firmerà la regia de “Gli occhiali d’oro”, e Michelangelo Antonioni de “I vinti”.
     
    “La parola dipinta”, in mostra fino al 7 maggio 2009 presso Istituto Italiano di Cultura di New York.
    -686 Park Avenue
    New York, NY 10065
    telefono: +1 212 879 4242
    fax: +1 212 861 4018
    email: [email protected]

  • Parlamento italiano. La musica è finita


    Era il 1960 quando il più grande regista della storia del cinema, François Truffaut, firmava il lungometraggio “Tirate sul pianista”, tratto dal romanzo di David Goodis, “Down there”. Quarantanove anni più tardi il titolo di questo film, ennesima prova del talento del genio d’oltralpe, si confà pienamente con la cronaca politica del nostro Bel Paese.

    Francesco Petrarca nel suo Canzoniere richiama l’immagine di un’Italia lontana, quasi pura e innocente, incontaminata e pulita. “il bel paese ch'Appennin parte, e 'l mar circonda et l'Alpe”.
    In queste ultime settimane si è trattato molto, su tutti i media, di riforma dei regolamenti parlamentari. Come spesso accade la notizia che più attrae e solletica la nostra curiosità, onde garantirci quel guazzabuglio emotivo fatto di imbarazzo e insieme di allegria, riguarda gli aspetti più comici e buffi della vita politica italiana. L’ennesimo “Mistero buffo” dunque, in grado di appagare il nostro e nostro solo “gusto pieno della vita”, la risata grassa di fronte all’inatteso caso tricolore. Il voto con le impronte digitali, signorsì! Unica buona soluzione per debellare quel malvezzo, tutto italiano?, dei così detti "pianisti". Chi sono dunque questi appassionati della musica, questi intrepidi del pericolo, sordi nel richiamo all’ordine, capaci di portare nel luogo sacro della democrazia italiana il peso del proprio amore nei confronti di questa nobile arte?
    Pianista è il termine del giornalismo politico italiano utilizzato, in senso ironico, per indicare quei membri del Parlamento, deputati o senatori che siano, sorpresi a votare per sé e per altri utilizzando il sistema elettronico degli scranni appartenenti ai colleghi, quando questi non sono presenti. Questa pratica, messa a nudo dall'occhio vigile e impietoso delle telecamere posizionate internamente a Montecitorio e a Palazzo Madama, è vietata dal regolamento parlamentare. Sarebbe altresì vietata dal Codice Penale in quanto sostituzione di persona e falso in atto pubblico ma nel 1996 la Corte Costituzionale ha deciso che i parlamentari non siano perseguibili non solo per le opinioni espresse e i voti dati in Parlamento, ma anche per i reati comuni connessi all'esercizio del loro mandato.
    “La musica è finita” cantava Mina, ed ora, come si fa? Come faranno questi graziosi lestofanti a soddisfare la propria voglia di rivoluzione? Chi si occuperà di loro? Poveri sovversivi dell’ultima ora, quanti ricordi, quali visioni nelle mie pupille. Ancora vi ho come davanti, sdraiati sui banchi di scuola, furbescamente immobili come iguane o, meglio, ragni, pronti ad allungare le zampe per coprire il compagno di banco. Il nostro era sì un Paese dai valori ancora vivi si dirà, la connivenza, pardon l’amicizia che dimostravate, quale esempio per il mondo intero? Il voto affidato al collega di partito. Cultori? Fanatici? No, generosi. Ora è il tempo di abbandonare i giochi, la ricreazione è finita, calciate il pallone al vento, spegnete anche le ultime radio, è ora di lavorare. Avanti, allungate l’indice sinistro, non abbiate paura. Stringete la mano della persona che sta al vostro fianco, ora c’è qualcuno, non siete più soli. Lo so, siete spaventati, proprio come quando eravate piccoli e la mamma vi accompagnava dal medico per il prelievo del sangue. Non sarà così tremendo, orsù, sarà per il vostro bene e per il nostro bene. E se mai vi sentirete soli, soddisfate la vostra voglia di musica con un brano di Giovanni Allevi, anche lui è un pianista, proprio come lo siete voi e come lo sarete sempre. Saprà darvi conforto, ne sono certo. Ricordate per ultimo le parole di Giorgio Gaber. “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.


     



     

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